Donna bruciata viva a Lucca. Alcune riflessioni sulle narrazioni del femminicidio
Il femminicidio è ormai una rubrica della voce cronaca dei giornali. Le notizie si accumulano, giorno dopo giorno. Oggi è la storia di Vania, 46 anni, operatore sociosanitario, dipendente di una cooperativa in appalto per l’Azienda ospedaliera di Pisa . Ieri l’uomo con cui si è frequentata per qualche mese un anno fa, un ex collega all’ospedale di Lucca, l’ha cosparsa di liquido infiammabile e l’ha bruciata viva. È morta stamattina all’ospedale di Pisa. Già due anni fa un’operatrice dell’ospedale di Pisa era stata gravemente ferita dall’ex marito, colpita alla gola col taglierino, rimasta viva per miracolo dopo una lunga operazione. Poco dopo un’altra “Notizia”: un uomo di 57 anni ha ucciso con 22 coltellate nel sonno, nel casertano, la propria “compagna”.
Sui media partono le ricostruzioni della “storia d’amore”, del cosa non ha funzionato, dello stalking e delle minacce. I confronti con gli altri omicidi. Cosa si poteva fare, si poteva denunciare? Qualcuno lo sapeva? …Le lacrime di coccodrillo.
È ormai una procedura codificata la narrazione dei femminicidi. Provoca sgomento, e cerca di assopire la rabbia nelle più disperate analisi, giudizi e valutazioni di sorta. Quest’uomo, come gli altri che hanno ucciso, o che ci hanno provato e non ci sono riusciti, è indicato dai media come un mostro, in preda a chissà che delirio di gelosia. Viene costantemente omesso dalle analisi e dalle cronache mediatiche il contesto e la storia collettiva in cui queste violenze si producono. Ciò che lo rende “mostro” non è nient’altro quel sentirsi infastidito dall’aver perso il possesso della donna con cui si frequentava, legittimato in questo da una cultura patriarcale, sessista presente in ogni luogo. La narrazione mainstream non riporta altro che le brodaglie istituzionali, il marketing delle scarpine rosse che ministre e governo utilizzano per guadagnare consenso. Si parla di “punizioni esemplari”, nel mentre i corpi femminili vengono scambiati come merce nella società dei talk show, nel mentre Salvini rappresenta il proprio avversario politico con una bambola gonfiabile da “punire” nello spettacolo della politica. Nel mentre quelle donne che scelgono di denunciare ai carabinieri le violenze che subiscono in famiglia si trovano umiliate, ignorate, se non denigrate e tacciate di isteria e paranoia dagli stessi “tutore dell’ordine”.
E’ l’attuale modello educativo, sociale e politico che va sconvolto e rifiutato. L’eccezionalità dei femminicidi viene normalizzata in una manifestazione annuale, in una discussione da talk show. Ma non c’è alcuna eccezionalità. Complice la chiusura dei centri antiviolenza, il rifiuto dell’educazione ai sentimenti nelle giovani generazioni. Complice il considerare delle violenze domestiche una normalità fastidiosa da sopportare, sinché non porta alla morte. Complice la costante discriminazione nei posti di lavoro e nella società. Lo sdegno deve tradursi in rabbia, da organizzare nei nostri spazi, nelle nostre città e nei nostri quartieri, affinché queste morti non si ripetano più.
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