Parigi: sgomberata la prima Terza Casbah d’Europa
Si trattava di tunisini che dopo aver sfidato il viaggio in mare aperto, essere sfuggiti alle deportazioni di Lampedusa, o magari a qualche caccia all’uomo a Manduria, erano riusciti, chissà con quante peripezie, non ultima la recente chiusura di un giorno delle frontiere italo francesi, a raggiungere Parigi.
Nella capitale francese avevano avuto il tempo per organizzarsi e praticare il diritto all’organizzazione occupando l’immobile di proprietà pubblica sull’Avenue Simon Bolivar. Non accettavano polizia, e quindi repressione da regime, e non accettavano la carità tanto in voga, da quando è iniziata la rivoluzione araba, nei sermoni di politicanti o peggio ancora nella pratica e nel discorso di certa cooperazione.
No, volevano uno spazio per organizzarsi tra loro e insieme agli attivisti che hanno cantato con loro le canzoni della rivoluzione tunisina e hanno lottato in questi 5 giorni per la dignità e il diritto alla casa e alla libertà di movimento. Il Front de Libération Populaire de la Tunisie, il Knowledge Liberation Front e gli intermittenti hanno visto i nodi parigini delle proprie reti attivissimi nella solidarietà, che è reciprocità e lotta comune, all’occupazione rinominata La Terza Cabsbah (in riferimento alle iniziative di massa che riuscirono pochi mesi fa a buttare giu il governo di transizione di Ghannouchi, il primo governo succeduto alla fuga di Ben Ali).
E la lotta è andata avanti fino alla fine: resistendo alle manganellate e allo spray urticante della celere, cercando in tutti i modi di impedire l’ingresso della polizia nello stabile occupato dai migranti. Poi una volta che la Santa Barbara della repressione da strada della polizia francese era riuscita ad avere la meglio sui manifestanti è iniziata la deportazione. Più di un centinaio i migranti caricati su degli autobus pronti per portarli nei commissariati dove si deciderà quando, come e se rispedirli in Tunisia.
Anche durante la deportazione sono continuate le contestazioni e le iniziative di sabotaggio all’operazione repressiva e i manifestanti sono stati caricati una seconda volta e almeno una ventina arrestati. In questi minuti sono in corso diversi presidi nei pressi dei commissariati ed è stata già annunciata un’assemblea che avrà all’ordine del giorno il rilancio della lotta.
Non è la prima volta che la polizia di Sarkozy attacca le prime esperienze di organizzazione e riappropriazione dei migranti tunisini che recentemente sono riusciti a superare le frontiere della Fortezza Europa, ma la violenza dell’iniziativa repressiva di oggi è segno che La Terza Casbah di Parigi andava punita e colpita prima che divenisse un modello replicabile, sia nei contenuti che nella prassi organizzativa.
Troppo pericoloso per la Republique permettere che precari, studenti universitari, militanti dei movimenti trovassero una convergenza di lotta grazie alle giuste e legittime rivendicazioni di libertà e dignità dei migranti tunisini. Troppo pericoloso per la Republique che si consolidasse un esperienza di lotta incompatibile e critica anche nei confronti di quelle politiche (tanto in voga in certa sinistra anche nostrana) che fanno della millantata soluzione del problema la chiave di volta per precipitare i migranti nel proprio paese d’origine.
Infatti durante l’occupazione diverse organizzazioni di sinistra in concerto con le istituzioni pubbliche della zona avevano proposto agli occupanti di essere divisi in piccolissimi gruppi, ospitati per un paio di notti in albergo e poi espulsi. La truppa dei caritatevoli composta da associazioni, avvocati e operatori sociali aveva quindi proposto una deportazione soft, e non stupisce quindi il secco e tenace no degli occupanti che in risposta invitavano tramite comunicati ed appelli alla partecipazione del presidio permanente.
Una prima Terza Casbah in Europa finisce così tra lo spray urticante, le manganellate e gli arresti della polizia, ma domani? E’ una domanda che troverà la risposta nelle città e nei n quartieri quando I Tunisini di Lampedusa si incontrano con chi sa che non c’è solidarietà senza rivolta…. e allora per i Rais Europei quella domanda è già una minaccia.
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