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«Vogliamo uno spazio largo contro l’idea di governo delle città che ha la destra»

Ripubblichiamo questa intervista fatta ai compagni e alle compagne di Quarticciolo Ribelle in vista dell’assemblea cittadina che si terrà sabato 18 gennaio.

Articolo di Riccardo Carraro originariamente apparso su Dinamopress

Con un decreto legge natalizio il governo vuole imporre la gestione poliziesca in sei periferie del Paese, tra cui il Quarticciolo, sulla scia del modello Caivano. Abbiamo intervistato Quarticciolo Ribelle che promette battaglia contro l’ennesima politica securitaria, chiamando una assemblea pubblica per sabato 18 gennaio.

Il modello Caivano, introdotto dal governo Meloni, propone un intervento nelle periferie italiane attraverso misure che includono sgomberi, militarizzazione e l’intensificazione della presenza della polizia, nell’ambito di un piano che si presenta come un tentativo di affrontare l’“emergenza sociale”, ma non contempla nessun tipo di intervento strutturale. Questo approccio, già applicato in altre zone, si concentra su soluzioni superficiali e punitive, ignorando le reali esigenze sociali ed economiche della popolazione. Il quartiere romano del Quarticciolo è uno dei territori nei quali il governo vuole replicare questo modello. A partire da questi temi abbiamo intervistato le attiviste e gli attivisti di Quarticciolo Ribelle.

Nel vostro comunicato dite di rifiutare il modello Caivano. Ci puoi spiegare in cosa consiste quel modello?

Consiste in una gestione dei problemi delle periferie urbane con un approccio securitario e poliziesco, tramite l’utilizzo di legislazioni d’emergenza e commissariamento. Un intervento spot, utile alla campagna elettorale perenne delle destre di governo e allo spreco di risorse pubbliche. Si contrasta il «disagio giovanile», come si legge nel decreto Caivano, rendendo più semplici e frequenti gli arresti dei ragazzi minorenni: istituendo un Daspo urbano per i ragazzi, arrestando i genitori dei ragazzi che non frequentano la scuola, dando misure cautelari e carcere ai minorenni sopra i 14 anni. 

Dall’approvazione del primo DL Caivano, a settembre del 2023, c’è stato un aumento considerevole della presenza dei minori negli IPM così come riporta il rapporto di Antigone. A Caivano si è ristrutturato uno spazio dedicato alle attività sportive, ma anche questo lo si dà in gestione alle forze dell’ordine. Sono state sfrattate 36 famiglie a seguito del decreto, lasciandole in mezzo a una strada senza soluzioni alternative. Sarebbe stato il caso di avviare percorsi nelle scuole di educazione sessuale e affettiva e percorsi contro la violenza di genere potenziando i Cav. 

In questi decreti, inoltre, si parla tanto di «contrasto alla povertà educativa», tuttavia a Quarticciolo, dove è stato esteso il decreto, l’unica scuola del territorio è stata colpita dal ridimensionamento scolastico dallo stesso governo che approva questo DL. Inoltre, non si dà protagonismo agli abitanti, ma si sceglie di calare dall’alto gli interventi. Dalla questione abitativa, al taglio dei servizi e del welfare, alla disoccupazione, nelle periferie manca un intervento strutturale della politica, a fronte di almeno 20 anni di abbandono di questi territori da parte delle istituzioni.

Siamo felici di avere notizia che finalmente si investe sulle periferie, ma crediamo che questo modello Caivano vada nella direzione opposta di quello che territori come Quarticciolo e Caivano avrebbero bisogno.

Perché il quartiere rischia di essere oggetto di una operazione poliziesco-securitaria simile a quella avvenuta contro il quartiere della periferia napoletana?

A fine dicembre il governo ha esteso il DL Caivano a sei fra quartieri e piccoli comuni da nord a sud. A Roma è stato individuato il Quarticciolo. Vivere in borgata non è mai stato una passeggiata. Sono territori nati ai margini della città, dove da sempre si è dovuto lottare per ottenere i servizi e i diritti essenziali. Dall’emergenza Covid a oggi la situazione è gradualmente peggiorata anche a causa dell’epidemia di crack. Lo spaccio e il consumo, insieme alla chiusura delle attività commerciali, l’assenza di servizi sanitari ed educativi e l’abbandono sistematico del quartiere con cantieri aperti e mai conclusi e immobili Ater che cadono a pezzi stanno rendendo la situazione sempre più critica. Gli unici presidi esistenti sono quelli costruiti dal basso dagli abitanti, dalla parrocchia e dalla biblioteca e il teatro. 

Questa situazione di disagio viene affrontata con operazioni di polizia “ad alto impatto”, che appena escono di scena lasciano la situazione come era prima, o anche peggio andando a sfrattare famiglie in difficoltà e a chiudere attività del quartiere per la minima irregolarità.

Quotidianamente il nostro quartiere è il palcoscenico prescelto dal Brumotti e dal Don Coluccia di turno che non fanno che banalizzare i problemi della borgata a loro uso e consumo. A livello mediatico contribuiscono ad amplificare la narrazione secondo la quale l’unico intervento possibile è con il pugno duro e con le forze dell’ordine, producendo uno stigma sempre più profondo ai danni di chi vive a Quarticciolo. Proprio Don Coluccia ha iniziato una campagna mediatica contro l’ex-Questura, stabile che 25 anni fa è stato sottratto all’abbandono da 40 famiglie che hanno trovato casa al suo interno e che oggi ospita il Doposcuola di quartiere. Oggi sgomberare l’ex-Questura e chiudere il Doposcuola vorrebbe dire andare ad attaccare uno degli spazi del quartiere che ha permesso di organizzare attività di contrasto concreto e quotidiano ai problemi che vivono gli abitanti e, allo stesso tempo, un presidio di resistenza all’abbandono del quartiere e di contrasto alla vendita di crack.

Foto Daniele Napolitano

Come sta comportandosi il Campidoglio e come immaginate reagirà alle azioni del governo?

Le dichiarazioni che stiamo leggendo in questi giorni, che fanno in parte eco al comunicato che come Quarticciolo Ribelle abbiamo pubblicato, sono abbastanza positive. Dopo un iniziale silenzio da parte dell’amministrazione capitolina, sembrerebbe che il Comune non voglia restare in silenzio mentre viene commissariato dall’amministrazione di un quartiere della città. Certo non c’è stata una reazione immediata e non ne capiamo la ragione, mentre tutti i Sindaci degli altri comuni si sono espressi immediatamente. Infatti, le dichiarazioni non bastano, vogliamo garanzie. Abbiamo chiesto un incontro al sindaco Gualtieri e all’assessore Zevi rispetto allo stabile dell’ex-Questura. L’assessore Onorato aveva annunciato un anno fa l’impegno per la riapertura della piscina comunale di via Trani, ma per ora non si vedono passi in avanti sul progetto. Infine, c’è il campo di calcio comunale, per il quale si è aperto un tavolo con il municipio per l’assegnazione e la gestione da parte del Borgata Gordiani, squadra di calcio popolare del territorio. Su questi progetti crediamo che il Comune debba fare passi in avanti al più presto. Le lotte del Comitato di quartiere hanno imposto, prima del DL Emergenze, la costruzione di un tavolo interistituzionale in cui si chiedeva a tutte le istituzioni competenti su Quarticciolo – Municipio, Comune, Regione e ATER – insieme alle realtà sociali del quartiere di collaborare in sinergia per l’applicazione del piano di quartiere elaborato dal basso dagli abitanti. Questo è il momento per dare seguito a queste intenzioni, perché su Quarticciolo devono decidere gli abitanti della borgata, e non un commissario scavalcando anche le amministrazioni locali.

Nel vostro appello fate riferimento a mire specifiche che Fratelli d’Italia avrebbe nei confronti del Quarticciolo. Ci potete spiegare cosa si sta muovendo in tal senso?

Fratelli d’Italia sta portando avanti, già da tempo, la campagna elettorale per le prossime elezioni comunali. Il tema della sicurezza e delle periferie è una delle questioni che ha individuato come centrali per cercare di conquistare il Campidoglio. Crediamo però che la vita degli abitanti dei quartieri popolari, già trattati come cittadini di serie B, non è una merce di scambio per le mire di potere della destra di governo.  

Inoltre, il decreto Caivano bis ha stanziato ben 180 milioni di euro. La gestione passa per aziende partecipate come Invitalia, Protezione civile e Sport e salute e per l’utilizzo massiccio delle forze dell’ordine. Quando parliamo di una mangiatoia per FdI facciamo riferimento alla possibilità che i fondi pubblici possano essere gestiti in maniera clientelare, come spesso succede in questi quartieri, spartendo le risorse tra la filiera politica di FdI sul territorio. Abbiamo visto in passato con eventi tragici come terremoti, alluvioni e altre emergenze dovute a calamità naturali come dispositivi e leggi di emergenza, da un lato, vengono utilizzati senza andare alla radice del problema ma agendo quando il danno è stato già procurato. Dall’altro sono un vero e proprio spreco di soldi pubblici. Pensiamo ai cantieri dell’Aquila e alle altre zone terremotate. Oppure alle recenti alluvioni. Inoltre, la legislazione di emergenza interviene per sospendere gli ordinari iter legislativi che – abbiamo visto in paesi come la Francia – vengono utilizzati per imporre misure senza consenso.  

Questa è la politica delle destre: agire rispondendo a fatti di cronaca, applicare politiche punitive, distribuire soldi pubblici. Non ci sembra questa grande differenza con governi passati. Berlusconi in questo senso ha fatto scuola.

Si devono applicare, invece, delle politiche strutturali che vadano ad agire sulla dispersione scolastica, sul contrasto al lavoro povero, sull’ampliamento di servizi sanitari territoriali (il Consultorio presente nel quartiere non ha sufficiente organico per consentirne l’apertura quotidiana) sul sostegno al reddito delle famiglie e dei singoli e delle singole ma si interviene per punire soprattutto chi con la criminalità non c’entra niente: stigmatizzando le condotte e sanzionando quei comportamenti che consentono alle persone di sopravvivere come le occupazioni abitative. Nel mirino di Fdi ci sono soprattutto i giovani e i giovani di seconda generazione. È a loro che pensiamo preoccupati quando realizziamo che tra i possibili “stakeholder” di Fdi ci siano anche le forze dell’ordine che nei nostri quartieri sono capaci di mettere in campo comportamenti come quelli che hanno portato all’omicidio di Ramy, solo per citare l’ultimo. Brucia ancora la ferita lasciata da Stefano Cucchi, Ugo Russo, Davide Bifolco e tutti quelli caduti per mano della polizia.

Quali sono le vostre proposte oggi per il futuro di un quartiere fortemente marginalizzato dalle istituzioni?

Il nostro piano dal basso ha come obiettivo una trasformazione radicale del quartiere e prevede diversi interventi e stanziamento di risorse. Il piano include la riapertura della piscina comunale, il completamento della sanatoria Ater ancora in stallo dal 2020, il completamento dell’asilo nido in via Locorotondo, la realizzazione del parchetto Modesto di Veglia, il recupero dell’ex-Questura e la regolarizzazione di chi vi abita, la rigenerazione del campo di calcio di via Prenestina, le manutenzioni straordinarie delle case popolari, il completamento delle palazzine di via Ugento, l’abbattimento delle barriere architettoniche, la riapertura della Fabbrica del Teatro, il sostegno alle attività commerciali aperte e l’individuazione di un meccanismo che porti all’apertura delle troppe serrande abbandonate. 

È una progettualità che ha impegnato l’Università, che in questi anni si è fatta carico di tradurre le necessità del territorio in concrete proposte di policy, interventi dettagliati attraverso l’individuazione degli strumenti normativi e delle coperture finanziarie necessarie. È una progettualità che è stata assunta e rilanciata dall’amministrazione municipale che ha chiesto l’istituzione di una cabina di regia ad hoc con un atto ufficiale dello scorso novembre. È un piano che investe diversi ambiti della vita degli abitanti delle periferie come Quarticciolo per troppo tempo trattati come abitanti di serie B. Riguarda il miglioramento delle condizioni materiali e immateriali della borgata attraverso la riqualificazione degli spazi pubblici, degli appartamenti Erp, degli edifici abbandonati, dell’ampliamento dei servizi. Il piano è stato costruito attraverso la realizzazione di progetti autonomi negli ambiti della salute, dello sport, della casa, dell’educazione. La palestra, il doposcuola e l’ambulatorio popolare, la micro-stamperia, il birrificio, la comunità energetica, il comitato di quartiere ci hanno consentito, a partire dai bisogni espressi, di costruire un’istanza collettiva consapevole. 

Per questo motivo opponiamo al modello Caivano, che ha un’impronta esclusivamente punitiva aumentando così la stigmatizzazione delle periferie, il nostro piano, il nostro modello. Non sarà la punizione e il carcere a contenere la violenza, la dispersione scolastica, la marginalizzazione ma la valorizzazione e il riscatto di chi vi abita.

Le periferie non possono più essere territori da contenere ma devono essere al centro della politica del paese. Per questo è importante non solo contrastare i provvedimenti a noi nemici ma anche immaginarci un piano da imporre all’agenda politica.

Il 18 gennaio avete convocato una assemblea cittadina. Che tipo di mobilitazione e di convergenza immaginate potrà seguirne?

La stretta securitaria e l’utilizzo dei disegni di legge per governare questo paese da parte del governo Meloni è sotto gli occhi di tuttə. DL Caivano, Cutro, 1660 e ora Emergenze o Caivano bis. Aumentano le spese belliche, si taglia sul welfare, e l’Italia, oltre a impegnarsi nella guerra fuori dai propri confini, porta avanti un paradigma di guerra interna. Si cerca di dare forza a un approccio poliziesco all’emergenza abitativa, mentre le città diventano sempre più preda della rendita e della turistificazione. Gli affitti salgono per il Giubileo, mentre si instaurano zone rosse nel centro della città per migranti e persone con precedenti.

Pensiamo che fermare il commissariamento di Quarticciolo con l’applicazione del modello Caivano sia possibile. Proprio perché questo intervento si prova da applicare in un territorio dove da 10 anni si costruiscono esperienze di partecipazione e lotta dal basso, che hanno costruito un piano per cambiare radicalmente la borgata. Perché in questo territorio il mantra che tentano di far passare che «chi si oppone al governo è con la criminalità organizzata» si scontra con la realtà della partecipazione ai percorsi dal basso. Perché si sente il bisogno di uno spazio largo ma con parole d’ordine chiare contro l’idea che la destra sta portando avanti di governo delle città.  La nostra battaglia non è, quindi, del Quarticciolo la dove ci vogliono confinare ma può essere la battaglia di tutti e tutte coloro che non si riconoscono nel modello Caivano. Può essere la battaglia di tutte le periferie e dell’intera città. Speriamo intanto in una partecipazione larga nei numeri e nella composizione per l’assemblea del 18, quello che ne potrà seguire speriamo di costruirlo tutti e tutte insieme.

Foto di Daniele Napolitano

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