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La solidarietà non è reato! Contro le accuse di associazione a delinquere che stanno colpendo la rete Campagne in lotta

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Mentre le lotte antirazziste oltreoceano rompono finalmente la bolla massmediatica, le lotte dei braccianti africani nei ghetti e nei distretti agroalimentari italiani sono sistematicamente isolate, represse e infine oscurate dai media mainstream. 

Dopo qualche settimana dallo sciopero del 6 dicembre, quando centinaia di braccianti africani bloccarono il porto di Gioia Tauro, obbligando i ministri a mettersi al riparo e proporre una sanatoria, è partita una martellante azione repressiva. Chi vive nei ghetti ha subito schedature di massa, ogni volta con un pretesto diverso, con decine di volanti che hanno circondato le loro abitazioni. Chi ha portato solidarietà ai lavoratori delle campagne ha ricevuto fogli di via di tre anni da diversi comuni, denunce, avvisi orali e multe che vanno dai 1000 ai 4000 euro, oltre a continue forme di intimidazione nella vita quotidiana. Dulcis in fundo, le compagne e i compagni vengono condannati senza processo, additati come pregiudicati e accusati di essere un’associazione a delinquere, confermando un modus operandi dedito alla costruzione di teoremi diffamatori e criminalizzanti che ormai è sempre più diffuso.

Di seguito riportiamo il comunicato della rete Campagne in lotta, pubblicato sulla pagina Facebook Comitato Lavoratori delle Campagne.

Adesso la solidarietà si chiama associazione a delinquere e istigazione: Ecco le motivazioni per i fogli di via alle compagne in Calabria.

Negli ultimi giorni due richieste di fogli di via sono state confermate a due solidali per aver partecipato il 6 dicembre scorso al blocco del Porto di Gioia Tauro. In quell’occasione, chi vive nei ghetti e lavora nelle campagne era sceso in strada, in maniera autorganizzata e consapevole: non solo per chiedere (per l’ennesima volta) documenti, case e contratti, ma anche per dimostrare di poter prendere parola in maniera libera e autonoma, a differenza di quanto restituisce l’immaginario mainstream. Per questo appare grave, falsa e feroce la ricostruzione dei fatti promossa dalle forze dell’ordine, con cui si motiva la pericolosità sociale e quindi la fondatezza del foglio di via notificato a diversi solidali. In primo luogo, si riporta che i manifestanti avrebbero aggredito un dipendente del porto “che tentava di guadagnare l’uscita…danneggiando con calci e pugni la sua autovettura”. Oltre a dichiarare il falso, poichè nessuno si è scagliato contro l’automobile, la ricostruzione omette il fatto che per “guadagnare l’uscita” detta autovettura abbia investito deliberatamente diversi manifestanti che in maniera assolutamente pacifica portavano avanti il blocco, ferendone uno in maniera molto grave. Vale la pena ricordare che il manifestante, dopo una visita sommaria, nonostante le gravi ferite riportare, sia stato tradotto al commissariato e denunciato.

Alle menzogne si aggiungono razzismo e paternalismo: nella ricostruzione, infatti, non solo si nega il protagonismo attivo e consapevole dei migranti alla giornata di lotta, ma vengono additati come pericolosi istigatori e unici promotori della mobilitazione i e le solidali che accorsero quel giorno a sostenere la lotta, sottolineando il fatto che fossero italiani. Evidentemente i cani da guardia del potere non riescono o non vogliono comprendere che un africano, un ‘nero’, non ha bisogno di un italiano per prendere parola e farsi sentire, non ha bisogno di un’associazione o di un sindacato a fargli da interprete.

Dulcis in fundo, le compagne e i compagni vengono condannati senza processo, additati come pregiudicati e accusati di essere un’associazione a delinquere, confermando un modus operandi dedito alla costruzione di teoremi diffamatori e criminalizzanti che ormai è sempre più diffuso. Con buona pace di forze dell’ordine, istituzioni, associazioni, sindacati e altri sciacalli, chi vive e lavora nelle campagne non rimane né muto né passivo, e continua a dimostrare di non essere disposto a farsi strumentalizzare né zittire. Allo stesso modo non ci lasceremo piegare da denunce e fogli di via e non accetteremo queste vergognose menzogne. Se pensate di fermarci vi sbagliate.

Ricordiamo che è stata lanciata una campagna contro la repressione, e di sostegno per le spese legali.

L’immigrazione non è un crimine, la solidarietà non è un reato.

Per i dettagli sulla campagna potete consultare il sito di Campagne in Lotta https://campagneinlotta.org/limmigrazione-non-e-un-crimine…/

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pubblicato il in Intersezionalitàdi redazioneTag correlati:

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