Alla vigilia del sesto congresso del più popolare movimento del continente americano, quello dei Sem Terra del Brasile, il suo dirigente più prestigioso, João Pedro Stédile, annuncia in un’intervista a Comune-info l’impegno per realizzare un grande referendum in autunno. Il Mst chiede la creazione di una nuova Assemblea Costituente e lavora a costruire una lotta comune tra i movimenti rurali, quelli delle realtà urbane e gli altri movimenti sociali brasiliani.
La grande contraddizione del dominio planetario del capitale finanziario è che, quando comincerà la fase di ascesa, la curva della lotta di classe sarà mondiale. E la terra tremerà. Nel dicembre scorso, al Teatro Valle Occupato di Roma, João Pedro Stédile aveva concluso con queste parole il suo lungo e appassionato intervento. Con il rigore morale, la straordinaria capacità di critica e azione autonoma, non è certo la speranza che fa difetto al movimento più popolare dell’intero continente americano e al suo più prestigioso dirigente. Eppure, come hanno dimostrato perfino le gigantesche manifestazioni del giugno scorso, questi per il Movimento dei Sem Terra del Brasile non sono affatto tempi facili né sereni. Anche un solo, significativo dato riesce a dare un’idea della situazione: l’85 per cento delle migliori terre del paese vengono utilizzate per la coltivazione di soia, mais transgenico e canna da zucchero. Per comprendere meglio la portata della sfida che investe il Mst nei prossimi mesi, alla vigilia del sesto congresso nazionale del Movimento, abbiamo rivolto a Stédile alcune domande. João Pedro ha risposto a Comune-info con la cordialità e la simpatia di sempre.
Com’è la situazione del Movimento Sem Terra in questo momento?
Attualmente il Movimento Sem Terra sta attraversando una fase piuttosto difficile. Il processo di riforma agraria è completamente bloccato. Il 2013 è stato un anno molto negativo, da questo punto di vista. Il governo di Dilma ha fatto poco e niente: sono state insediate appena 4.700 famiglie in tutto il paese. Oggi, in Brasile, dobbiamo affrontare non più solamente i classici latifondisti che concentrano la proprietà della terra ma un modello agricolo dominato dal capitale finanziario e dalle imprese transnazionali. Queste imprese stanno portando avanti una vera e propria offensiva nelle aree rurali e spostano i loro affari verso il Brasile per proteggere i capitali colpiti dalla crisi finanziaria. Lo fanno comprando terre, fabbriche di etanolo, centrali idroelettriche, riserve d’acqua, risorse minerarie, etc. Tutto questo ha causato un vertiginoso aumento del prezzo della terra e delle materie prime e ha generato il massimo lucro per i grandi proprietari terrieri brasiliani. Dobbiamo subire, inoltre, continui attacchi da parte dei mezzi di comunicazione controllati dalla borghesia, che promuovono campagne permanenti a favore del modello di agro-business e contro la riforma agraria.
Negli ultimi tempi i movimenti popolari contadini, e il Movimento dei Sem Terra in particolare, si sono confrontati molto con le realtà urbane. Come procede la strategia di avviare piattaforme di lotta condivise tra le campagne e le città?
È il nostro obiettivo principale. Anche se partiamo dal punto di vista della riforma agraria, sappiamo che i contadini poveri delle campagne, da soli, non riusciranno a cambiare la situazione attuale. Per questo stiamo costruendo vari spazi di unità: in primo luogo tra tutti i movimenti sociali delle campagne, dai popoli indigeni ai piccoli proprietari, e poi, in secondo luogo, tra tutti i movimenti sociali del Paese. La questione prioritaria da affrontare con tutti i movimenti sociali in Brasile è la realizzazione di un lavoro di base collettivo con la popolazione per riuscire a discutere la necessità di una riforma politica nazionale che potrà avvenire solo con la creazione di una nuova assemblea costituente. Dedicheremo a questo tutte le nostre energie nel 2014, per realizzare a settembre un referendum popolare che speriamo possa coinvolgere milioni di brasiliani.
Il Movimento dei Sem Terra prova ad aprire una relazione con i movimenti urbani, e in particolare con il Movimento Passe Livre (Movimento per i trasporti pubblici gratuiti ), che è riuscito ad aggregare molti giovani delle grandi città? E se sì, in che modo?
Il Movimento Passe Livre è un piccolo gruppo di origine anarchica che unisce giovani idealisti e ha avuto la grande capacità e l’intelligenza di organizzare le prime proteste contro l’aumento delle tariffe dei trasporti pubblici. Dalle prime manifestazioni di giugno, nelle quali si sono verificate forti repressioni da parte della polizia, questo movimento si è trasformato in un grande movimento di massa, prevalentemente costituito da giovani. È riuscito a far scendere in piazza milioni di persone senza avere un vero e proprio coordinamento organizzato. Noi del Movimento Sem Terra abbiamo cercato di partecipare a queste mobilitazioni con tutte le nostre possibilità, nonostante la nostra base sociale sia lontana dalle grandi città. Abbiamo cercato di unire le nostre forze a quelle di tutti i movimenti popolari e sindacali riuscendo, per un certo periodo, a paralizzare il paese attraverso, per esempio, blocchi di grandi strade in tutto il Brasile. Adesso speriamo che nel 2014 si creino le condizioni per unire nuovamente tutte le forze e costruire un programma comune che lotti per cambiamenti strutturali e non solo contro l’aumento delle tariffe, che continuano a essere troppo alte, o contro i mondiali di calcio. Per espandere le rivendicazioni dei giovani, è necessario che i settori della classe lavoratrice organizzata brasiliana entrino in queste battaglie.
I grandi eventi si stanno avvicinando, in Brasile c’è un grande dibattito su quale sia la valenza dei Mondiali del 2014 e delle Olimpiadi del 2016. Qual è la posizione dei movimenti sociali e, in particolare, quella del Movimento Sem Terra in relazione a questi grandi eventi?
A livello generale la popolazione appoggia la realizzazione dei Mondiali nonostante si siano spesi più di 9 miliardi di reais (4 miliardi di dollari) solo per le infrastrutture. Tuttavia, bisogna tener presente che queste cifre rappresentano una cifra pari a quella degli interessi che in appena due settimane il governo paga alle banche. Il problema sta proprio nel capitale finanziario e nella politica di eccedenza di bilancio primario praticata dal governo, una politica legata agli alti tassi di interesse, che impoverisce la popolazione a vantaggio del capitale finanziario. In questo senso, noi speriamo che le mobilitazioni del 2014 abbiano la capacità di proporre un ampio programma alternativo, indipendentemente dalla realizzazione dei Mondiali e dei grandi eventi.
All’inizio di dicembre a Bali si è realizzato un incontro dell’Organizzazione mondiale del commercio nel quale sono stati firmati diversi accordi internazionali tra Stati. Qual è la posizione del Movimento Sem Terra in relazione a queste ulteriori liberalizzazioni del commercio internazionale?
Il Movimento Sem Terra e i movimenti della Via Campesina internazionale sono fermamente contro la regolazione dell’Omc nel settore agro-alimentare. La nostra posizione è chiara: il cibo è un diritto fondamentale che non può essere soggiogato alla logica del profitto, della speculazione e della manipolazione degli stock alimentari, come invece sta avvenendo oggi attraverso l’azione delle grandi imprese multinazionali. L’Omc è una struttura di connessione istituzionale attraverso la quale le imprese possono creare le loro regole, indipendentemente dalle Nazioni Unite e dai governi. Stando alle regole dell’Onu, queste contrattazioni dovrebbero essere fatte nell’ambito della Fao e dell’Unctad, all’interno delle quali ogni paese ha diritto a un voto. In sostanza, l’Omc è solo una marionetta al servizio degli interessi delle grandi imprese. Per questo motivo dobbiamo avere la capacità di combattere sia contro queste ultime sia contro gli stessi negoziati dell’Omc.
In Europa si sta sviluppando un’agricoltura urbana e peri-urbana, appaiono sempre più movimenti legati al recupero di spazi agricoli pubblici che coinvolgono persone senza una vocazione agricola tradizionale. Come interpreta questa situazione?
Questo processo è fondamentale. Dobbiamo essere in grado di utilizzare bene tutti gli spazi nei quali è possibile coltivare. La storia dell’umanità è la storia di ogni popolo che produce i propri alimenti. Il capitalismo industriale, ora finanziario, ci vuole trasformare in un grande porcile e ogni giorno vuole consegnarci la stessa razione, uguale, prodotta con la soia. Abbiamo invece bisogno di valorizzare i territori e gli spazi pubblici, di recuperare conoscenze e opportunità di lavoro e, allo stesso tempo, dobbiamo produrre i nostri alimenti rispettando le abitudini di ogni parte del mondo. Per questo accogliamo con piacere le esperienze di utilizzo/occupazione di questi spazi. Chissà che i contadini di tutta l’Europa non possano riuscire ad ampliare la loro influenza attraverso la produzione di alimenti salutari, senza veleni, senza sementi transgeniche, senza il controllo delle grandi imprese multinazionali. Chissà che non possano organizzare il commercio attraverso piccole cooperative, industrializzando i prodotti su piccola scala e trasportando i beni su brevi distanze. In questo senso, Cuba ci ha dato un esempio bello. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, c’è stato un blocco nel rifornimento di molti prodotti alimentari, è cresciuto così uno spettacolare movimento di orti urbani agro-ecologici che è riuscito a mettere a coltura più di 300 mila ettari senza veleni in spazi urbani. Oggi credo che a Cuba si trovi la migliore dieta ortofrutticola latinoamericana.
Come vede il legame tra le rivendicazioni dei lavoratori brasiliani, delle campagne e delle città, con quelle di altri paesi, come ad esempio l’Italia?
L’aggregazione e la correlazione di forze per le classi lavoratrici è in forte crisi in Europa, in Asia, in America Latina, in tutto il mondo. Lo si deve al fatto che il movimento capitalistico oggi è lo stesso ovunque, dominato dal capitale finanziario, dalle grandi banche e dalle grandi imprese transnazionali. Fortunatamente, questo modello è già entrato in crisi ma i lavoratori, colpiti dalla disoccupazione e da altre difficoltà, ancora non sono riusciti a attivare grandi lotte di massa contro il modello dominante. In America Latina, ora abbiamo meno problemi di disoccupazione ma ci sono molte altre questioni da affrontare per migliorare le condizioni di vita. La popolazione ha scelto di eleggere diversi governi progressisti, i quali tuttavia stanno mostrando i loro limiti. Nei prossimi anni ci sarà una ripresa delle grandi mobilitazioni di massa in tutto il mondo: metteranno in discussione questa concentrazione del potere economico e l’inettitudine di governi che sono ostaggi del capitale e non rappresentano più la volontà dei popoli.
18 gennaio 2014
Comune Info
Marco Gulisano, “La lotta per la terra va incontro alle città” pubblicato il 18-01-2014 in Comune Info, su [http://comune-info.net/2014/01/la-lotta-per-la-terra-va-incontro-alle-citta/] ultimo accesso 20-01-2014 |