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Cameriere in rivolta a Cala Gonone, Sardegna

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 Cala Gonone, mare cristallino, uno dei centri del turismo della Sardegna. La pandemia ha fatto diminuire gli incassi del turismo isolano, per colmare le perdite l’opzione conclamata è rifarsi sulle lavoratrici: più lavoro, meno salario. 

Sono queste le condizioni del ricatto rifiutato da sessanta cameriere del resort Villaggio Palmasera di Cala Gonone. “Si sa che il lavoro alle camere non è una passeggiata, è un lavoro di fatica fisica, ma noi entravamo col sorriso e ne uscivamo stanche, ma sempre col sorriso”: dopo aver lavorato vent’anni con professionalità vedersi sbattere in faccia questa umiliazione è troppo: rifiutano il contratto. 

Vengono assunte altre donne, il mercato cannibalistico del lavoro turistico non tollera tempi morti. Le donne hanno allora deciso di rompere il silenzio e raccontare tutto tramite i social media

“A ottobre dell’anno scorso veniamo a sapere che il “nostro” villaggio avrebbe cambiato gestione e pur con tanti dubbi abbiamo provato ad essere ottimiste, mille domande e poche certezze…. Riconferma del gruppo dei piani e poco dopo l’arrivo del covid… Mesi di attesa e speranze, fino ai primi di giugno. La bella notizia è che il villaggio riapre, la brutta notizia è che le condizioni contrattuali sono cambiate. Più ore meno paga, orario full time per tutte, senza possibilità di controbattere… Prendere o lasciare!! Molte di noi davanti a questo muro, dove è chiaro che il lavoratore è considerato alla stregua di una macchina, hanno subito rifiutato. A Queste Condizioni No!! C’è stato però un gruppo capitanato dalla nostra governante che con le più tenaci e più temerarie di noi, hanno voluto provare forti della loro professionalità. Dopo circa 12 giorni di lavoro svolto on la giusta dedizione e cura di sempre, hanno deciso di dare tutte insieme le dimissioni perché le condizioni contrattuali non venivano rispettate”. 

La lotta e la denuncia delle donne dorgalesi è sostenuta da tutta la comunità. Di seguito riportiamo in lingua e in traduzione la poesia Liberas, di Vincenzo Pira, dedicata alla lotta di queste donne.

 

Lìberas de Vincenzo Pira

Sa maleitta mala!

Ite cheris dae nois?

A nos imbrenucare

po suzicare unu mere?

O si nono a linghere isterzos anzenos

ispettande una carche a culu

po podere narrere ca amus vintu?

Nossinnore.

Non cherimus tropeas.

Cherimus dromire liberas

cantare grobes in ue brullas e inzurzas

non pedint permissu a nessunu.

Travallare, iscriere e cantare

chene promintas de premios

tattandenos solu de libertade

e de ganas de ‘olare.

Libere

Maledetta sorte!

Che cosa volete da noi?

Che ci inginocchiamo

per ingraziarci un padrone?

O altrimenti che lecchiamo le ciotole altrui

aspettando un calcio in culo

per poter dire che abbiamo vinto?

Nossignore.

Non vogliamo catene.

Vogliamo dormire libere

cantare canzoni nelle quali scherzi e ingiurie

non chiedono permesso a nessuno.

Lavorare, scrivere e cantare

senza promesse di premi

trattando solo di libertà

e voglia di volare.

 

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