Contro fascismo, sessismo, razzismo e guerra. Ora e sempre resistenza! Siamo sempre qua.
La facciata del centro sociale Askatasuna assume una nuova veste. In un presente senza storia rimettiamo al centro la Storia di ieri per guardare in avanti, in una prospettiva in cui c’è bisogno di tutta la capacità, le forze, le intelligenze di ognuno e ognuna per produrre trasformazioni .
Che questo luogo sia presidio antifascista e punto di riferimento per il quartiere è una storia iniziata 27 anni fa e oggi vogliamo continuare a scriverla, con chi insieme a noi, crede che collettivamente i sogni si possano conquistare.
Invitiamo alla giornata in quartiere per il 25 aprile. Si partirà per il corteo commemorativo delle targhe in Vanchiglia alle ore 10.30 per poi ridarsi appuntamento alle ore 18 per una serata in compagnia, con buon cibo e un concerto dei Lou Dalfin e Madaski from Africa Unite.
Di seguito raccontiamo le storie dei volti raffigurati nelle foto.
Le foto riguardano momenti della lotta partigiana contro il nazifascismo in Europa (Spagna, Francia, Italia).
Riguardo all’Italia i richiami sono relativi ad episodi avvenuti in Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna. Sia relativi all’iconografia classica della guerra per bande che relativi ad attività partigiane in ambito urbano (G.A.P.).
Partendo da sinistra abbiamo:
Partigiani a Milano ad aprile 1945
Il 23 i ferrovieri milanesi dichiarano lo sciopero generale paralizzando i movimenti dell’avversario.
Il 24 aprile arriva la notizia dell’insurrezione di Genova e nel quartiere Niguarda inizia la sollevazione con i primi scontri a fuoco, una mozione intimava le autorità tedesche a cessare i soprusi contro i detenuti del carcere San Vittore. In mattinata viene annunciato l’ordine dell’insurrezione generale, prevista per il giorno seguente alle ore 13. La prima partigiana rimasta uccisa alla vigilia dell’insurrezione è Gina Galeotti Bianchi, mantovana comunista attiva nei Gruppi partigiani di difesa della donna con il nome “Lia”, era incinta di sei mesi ed era accorsa in bicicletta per aiutare alcuni compagni feriti in zona Niguarda quando una raffica di mitra di un’autocolonna tedesca in fuga l’ha stroncata. Poi finalmente è 25 aprile, il CLNAI riunito in zona Stazione Centrale nel collegio dei salesiani organizza il nuovo assetto politico-militare in divenire. I primi militari che affiancano la Resistenza della Guardia di Finanza di via Melchiorre Gioia, a loro l’incarico di occupare la Prefettura, dove si trovava Mussolini.
Tra i primi obiettivi, vengono occupate le sedi del Corriere della Sera, della Gazzetta dello Sport e del Popolo d’Italia, dove verranno stampate le edizioni insurrezionali di: Il Nuovo Corriere, l’Unità, Avanti! La prima fabbrica occupata è la Ercole Marelli di Sesto San Giovanni subito seguita dalla Pirelli di Sesto e Milano, si preparano alla reazione nazifascista che non si fa attendere.
Alla Pirelli in viale Zara gli operai e i partigiani si scontrano con miliziani francesi collaborazionisti in fuga, che resistono violentemente. La Pirelli di viale Sarca invece si libera rapidamente. Alla Innocenti viene issata una bandiera rossa, mentre i tedeschi sono asserragliati nello stabilimento. Alla Motomeccanica e al deposito A.T.M. di viale Molise i sappisti si scontrano con i nazifascisti, alla C.G.E. vengono fucilati due scioperanti per intimorire gli altri, l’Innocenti di Lambrate viene rioccupata dai tedeschi fino al 27 aprile, alla O.M. si verificano quattro ore di combattimenti.
Entro il primo pomeriggio in tutta la città ci sono posti di blocco partigiani.
Foto di gruppo della VII Divisione Monferrato in via Po a Torino dopo la liberazione.
Era un gruppo partigiano delle colline del Monferrato che partecipò alla liberazione di Torino.
La “Monferrato” era una formazione partigiana non partitica; ciò che univa i giovani che ne facevano parte era il desiderio di contribuire alla liberazione dei propri paesi e dell’Italia dall’occupazione nazi-fascista. Come mostrano alcuni documenti dell’archivio della Divisione la sua zona di azione corrispondeva grosso modo al triangolo Chivasso-Asti-Casale. Le colline boscose sulla destra del Po’ offrivano un terreno favorevole per nascondersi e poi partire da lì per rapide incursioni sulle importanti vie di comunicazione stradali e ferroviarie della zona. Fu cura dei suoi comandi stabilire precisi accordi con altre formazioni per evitare incidenti e coordinare la propria azione.
Il 24 Aprile il Comando della “Monferrato” ordina a tutti i reparti della divisione (ormai articolata in 4 brigate e dotata di armamenti piuttosto consistenti) di concentrarsi a Cocconato con tutti i mezzi di trasporto e con viveri per tre giorni. L’attacco si svolge su diversi fronti. Una parte della divisione si dirige verso San Mauro per entrare poi da lì a Torino. Un’altra colonna va verso Chivasso per intercettare le truppe nemiche in fuga.
Foto ricordo con il carro armato della Monferrato catturato ai nemici!
Giovane combattente spagnolo delle armate repubblicane
Foto di Robert Capa 1937
Emilia Romagna gruppo di partigiane a Montefiorino
Foto in posa con un compagno in formazione
Giovanni Accomasso
Siamo nella primavera del ‘44, Giovanni ha 18 anni e inizia a sentire lo spirito e il movimento antifascista da alcuni abitanti del quartiere. Ha un animo ribelle e non ha nessuna intenzione di unirsi al movimento RSI, la Repubblica Sociale italiana, guidata da Mussolini.
A quell’età lavorava in un panificio e ricorda il suo primo incontro diretto con un fascista. Erano le 2 del pomeriggio e Giovanni esce dal lavoro dopo aver finito un turno di notte di 12 ore. Incontra un corteo fascista, viene fermato e invitato ad unirsi a loro. Ma Giacu è stanco, ha appena finito di lavorare e si rifiuta, sostenendo di dover andare a dormire. Il corteo avanza, c’è confusione la fortuna lo aiuta e viene lasciato andare. Ma la paura di essere costretto a fare qualcosa che non condivide esiste. Ricorda i bombardamenti su Torino, la gente che scappava nei prati e le prime bestemmie lanciate contro Mussolini. La situazione italiana peggiora, il movimento fascista è ormai radicato, vivere a Torino è sempre più difficile e per questo, anche grazie alle sue conoscenze, decide di lasciare Torino e dirigersi verso le montagne, unendosi alla resistenza.
Prosperina Vallet
Nata nel 1911 ad Aymavilles, non lontano da Aosta. Lo scatto la ritrae tra il 2 e il 6 novembre 1944, mentre stava cercando di raggiungere la Francia insieme ad altri partigiani. All’epoca aveva 33 anni.
Le memorie delle due figlie ancora in vita raccontano la storia della bella partigiana.
Una donna forte e serena, ricordano. Il suo nome di battaglia era “Lisetta” e con il marito Rino Mion militava nella formazione autonoma
La formazione partigiana era formata da circa 300 uomini ed era operante nella Coumba di Vertosan, sostenuti dalla popolazione di Vens e Cerlogne.
Dante di Nanni
Figlio di genitori di origine pugliese, fin da giovanissimo comincia a lavorare nelle fabbriche cittadine, proseguendo gli studi alla scuola serale; allo scoppio della seconda guerra mondiale si arruola nell’aeronautica, che abbandona subito dopo l’armistizio del 1943. Rifugiatosi nelle montagne piemontesi, si unisce inizialmente ad un gruppo partigiano guidato da Ignazio Vian, per poi convergere nei GAP di Giovanni Pesce. E’ il 17 maggio del ’44 quando Di Nanni, assieme ai compagni Giuseppe Bravin, Giovanni Pesce e Francesco Valentino, effettua un attacco ad una stazione radio che disturbava le comunicazioni di Radio Londra. Prima dell’azione, il gruppo di Gappisti disarma i militari preposti alla difesa della stazione e decide di graziarli in cambio della promessa di non dare l’allarme; ma i nove soldati tradiscono l’accordo e, ad azione terminata, i quattro partigiani vengono sorpresi ed attaccati da un gruppo di nazifascisti. Ne segue uno scontro a fuoco in cui Bravin e Valentino vengono feriti e catturati; portati alle carceri Le Nuove, saranno torturati a lungo ed infine impiccati il 22 Luglio: Bravin aveva 22 anni, Valentino 19. Anche Pesce e Di Nanni vengono colpiti durante lo scontro, ma il primo riesce a portare in salvo il compagno più giovane, gravemente ferito da 7 proiettili. Di Nanni viene trasportato nella base di San Bernardino 14, a Torino, dove un medico ne consiglia l’immediato ricovero in ospedale; Giovanni Pesce, allora, si allontana dall’abitazione per cercare aiuto e organizzare il trasporto del compagno, ma al suo ritorno trova la casa circondata da fascisti e tedeschi, avvertiti della presenza dei
Gappisti dalla soffiata di una spia. Nonostante le gravi condizioni in cui versava, Di Nanni rifiuta di consegnarsi al nemico e resiste a lungo all’attacco nazifascista, barricandosi nell’appartamento del terzo piano e riuscendo ad eliminare diversi soldati tedeschi e fascisti con le munizioni rimastegli.
Partigiane per le strade di Milano in Via Brera durante la liberazione
Simone Segouin durante la Liberazione di Parigi.
Membri della Resistenza francese fotografati nel bel mezzo di una battaglia contro le truppe tedesche durante la liberazione di Parigi.
Si vedono un uomo con un’uniforme militare di fortuna a sinistra e un giovane a destra. Al centro una donna in pantaloncini, con una camicetta e un cappello militare. La fotografia di questa giovane combattente sarebbe diventata il simbolo dell’impegno delle donne nella Resistenza. Il suo nome era Simone Segouin, conosciuta anche col suo nome di battaglia Nicole Minet. Quando la foto fu scattata aveva 18 anni. Due giorni prima la ragazza aveva ucciso due soldati tedeschi nei combattimenti di Parigi e aveva anche collaborato alla cattura di 25 prigionieri di guerra tedeschi durante la presa di Chartre.
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