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Expo, avete partecipato ad un corteo? Licenziate 600 persone!

Questa notizia, che circola da alcuni giorni sulle principali testate giornalistiche, è stata ulteriormente confermata nell’incontro che si è svolto ieri tra sindacati, prefetto, Expo S.p.A e associazioni di imprenditori lombardi.

Sono ufficialmente 60.000 le persone controllate in vista dell’inaugurazione di Expo dalla polizia dal 2013 ad oggi e circa 6000 gli aspiranti lavoratori che tramite la società di gestione di Expo hanno inoltrato una richiesta di accredito all’esposizione “universale”. Tra questi, ben 600 non hanno ricevuto la tessera di “accesso diretto” a seguito del diniego dato dalla questura milanese, incorrendo quindi in licenziamenti, non assunzioni (nonostante il percorso formativo) e non rinnovi di contratto.

Il motivo di questo “filtro”, a quanto dichiarato dai vertici della polizia all’incontro svoltosi in Prefettura, è da ricercare nel fatto che Expo, obiettivo considerato “sensibile” dall’intelligence nostrana, è stato altresì dichiarato “sito strategico ad interesse nazionale”, il che significa averlo elevato a luogo di interesse militare dello Stato e quindi gestibile secondo precise leggi e disposizioni.

Se questa definizione può tutelare Expo S.P.A in sede legale per la non assunzione di coloro che hanno precedenti penali o carichi pendenti, non spiega però come mai centinaia di aspiranti lavoratori con la fedina penale pulita e senza procedimenti in corso si siano visti negare la possibilità di accedere ad Expo.

La ragione, a detta dei sindacati e delle persone che sono state licenziate, è da ricercare nelle verifiche che la polizia ha effettuato sulla Sdi, il “sistema di indagine”, ossia la banca dati della Polizia di Stato e si deduce come semplici segnalazioni di partecipazioni a cortei o l’attivismo in associazioni e realtà politiche per i diritti sociali siano stati elementi considerati “a rischio” e le persone segnalate non meritevoli di accedere alla Kermesse internazionale che “nutre il pianeta”.

Nessuna certificazione quindi, semplicemente una presunta “pericolosità sociale” dedotta dall’appartenenza politica che la polizia italiana ha minuziosamente registrato nella sua “banca dati di indagine”.

Una violazione senza precedenti del diritto individuale, ma anche una cartina tornasole del clima “autoritario” che il governo nostrano tenta di imporre al paese e attorno ai grandi eventi di facciata come l’Expo di Milano.

Alla gravità di questo fatto si aggiunge la strumentale decisione di definire Expo “sito strategico nazionale”, un po’ come fatto anni addietro per il cantiere Tav alla Maddalena di Chiomonte, con l’obiettivo di disincentivare azioni di protesta all’interno di essa e giustificare altresì un presidio militare permanente e maggiori poteri sanzionatori agli organi giudiziari.

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