Grecia: né rivoluzione, né reazione, soltanto un altro prodotto della crisi
Questo articolo non vuole dimostrare alcuna tesi preconfezionata né forzare avvenimenti tutto sommato chiari. Si tratta, più umilmente, di un invito alla prudenza nella lettura di fenomeni sociali e politici che con l’approfondirsi della crisi – ci piaccia o meno – continueranno a riprodursi in forme inedite e non sempre piacevoli al nostro sguardo.
Le manifestazioni svoltesi ad Atene nel weekend scorso hanno riportato l’attenzione, per un istante fugace, sulle disavventure del II° governo Tsipras, ormai decisamente dimenticato dal media mainstream dopo la capitolazione consumatasi a luglio e l’accettazione delle misure di austerity come unica condotta possibile “per stare in Europa”. Così, mentre le elite economiche e politiche europee si complimentavano col figliol prodigo per il rientro all’ovile e i sinistri di casa nostra facevano i salti mortali per giustificarne ogni mossa, un’intera nuova serie di misure economiche si scaricava, letteralmente, sulle spalle dell’intera popolazione greca. Ultima tra le misure in corso di approvazione, il governo di Alexīs Tsipras sta imponendo una riforma delle pensioni che ridurrà a cascata l’erogazione del contributo, ovviamente con la consueta differenza proporzionale per cui, se per i politici passerà dai 2700 ai 2300 euro, l’assegno minimo (per chi ha versato almeno 15 anni di contributi) sarà di 380 euro.
Contro questa riforma nell’ultimo mese e mezzo si sono mossi pensionati, sigle sindacali del settore dei trasporti (marittimi e ferrovieri), per arrivare infine a una più marcata presenza di settori della classe media del “lavoro autonomo” e delle “professioni liberali” (avvocati, medici, ingegneri, farmacisti e altri professionisti). Da qualche settimana si è cominciato a parlare di “protesta delle cravatte”, quando pezzi di questa composizione della forza-lavoro greca si sono riuniti davanti al parlamento agitando le loro cravatte e legandole agli alberi di piazza Syntagma. Lo scorso weekend, alla protesta delle cravatte del venerdì ha fatto seguito sabato l’irruzione in Atene di una marcia contadina (con tanto di trattori) che davanti al ministero si è scontrata per qualche minuto con le forze dell’ordine.
Come spesso accade, la volontà di prender partito ha avuto la meglio sulla comprensione delle dinamiche e degli avvenimenti. Una certa mouvance tipica delle soggettività auto-formatesi sul web, senza tradizioni storiche né esperienze politiche, diciamo “grillino-forconara-complottarda”, ha iniziato a inondare i social network e il web 2.0 – fitto com’è di blog e siti che spaziano dalle scie chimiche al filo-putinismo, ai deliri sugli Illuminati – di invettive contro la censura mediatica del sistema, ignari del fatto che proprio la sovraesposizione mediatica dei momenti di scontro (secondo un ben rodato funzionamento) li ha messi al corrente degli accadimenti di Atene. A questi si è immediatamente contrapposta, con riflesso pavloviano, una lettura da sinistra che bollava quanto stava accadendo nei pressi del Ministero come opera di fascistume organizzato.
Le cose, forse, sono un po’ più complicate, stratificate e meno lineari di quanto appaiono in superficie. Tutte queste proteste, infatti, nascono da un sentimento diffuso di frustrazione e insoddisfazione per le nuove misura di austerità imposte. Che non ci sia convergenza di posizioni e interessi tra diversi segmenti di classe è oltremodo evidente… com’è altrettanto certo che quanto più la crisi si approfondirà, tanto più verranno attaccai i residui “privilegi” dei ceti medi, investiti a loro volta da duri processi di proletarizzazione.
A tal proposito abbiamo realizzato alcune chiacchierate/interviste con alcuni compagni greci. La prima che vi proponiamo è frutto di uno scambio in chat con un giovane compagno attivo nelle assemblee di quartiere….
Nel nostro paese, le componenti movimentiste e più in generale la sinistra tutta ha letto quanto accaduto ad Atene in questi giorni come un epifenomeno destrorso. I contadini scesi in piazza sono fascisti?
Di sicuro non si può dire che siano tutti fascisti. Alcuni contadini, che sono di Alba Dorata, provano con forme di azione simbolica a fare il loro giochino politico, utilizzando la dicitura “contadini greci”. Fanno cose tipo bruciare la bandiera di Syriza e mettere quella greca in un ufficio di Syriza. È successo da qualche parte nel nord… non ricordo più esattamente dove. In ogni caso, non sono in grado di controllare la lotta.
C’è qualcosa di interessante in questa composizione?
In grosso la composizione della protesta contadina è la seguente: 1) ex sostenitori del PASOK che per molti decenni hanno beneficiato di sgravi fiscali dai differenti governi. Hanno supportato SYRIZA nelle elezioni ma ora si sentono tarditi; 2) comunisti del KKE che all’interno delle proteste sono in grado di organizzare cortei. Attualmente controllano il blocco stradale “Nikaia” a Larissa, nel centro della Grecia. Rifiutano ogni dialogo col governo; 3) sindacati di destra dei contadini che portano avanti rivendicazioni specifiche, perlopiù tagli alle tasse. Questi fanno pressione sul governo di Syriza asssieme al secondo partito di Grecia, NEA DEMOKRATIA. Assieme a loro si possono trovare molti militanti di estrema destra e qualche membro di ALBA DORATA tra gli stessi contadini… ma non hanno potere effettivo. I contadini non si può dire che siano neonazi o fascisti di ALBA DORATA… sono patroti… con la bandiera greca in mano durante le manifestazioni. Il dato politico, se vuoi, è questo.
Ma il fondo della questione è la riforma delle pensioni che il governo di Syriza sta cercando di far approvare in parlamento. Questa riforma non colpisce solo la classe media (contadini, avvocati, medici…) ma principalmente la classe operaia; riduce le pensioni e incrementa i vincoli di revisione, è la peggiore mai proposta da un governo greco, molto più dura di quelle approvate da Pasok e Nea Demokratia. La cosa triste è che in questo momento la classe operaia non manifesta tanto frequentemente quanto i contadini o, in parte, gli avvocati… Il governo Syriza si avvantaggia di quest’impasse e parla di “movimento delle cravatte” (avvocati, ecc) che “devono pagare la crisi loro invece dei poveri” e di un movimento contadino che sarebbe composto di “violenti estremisti di destra, senza rivendicazioni”. Syriza sta giocando molto bene, cinicamente, il giochetto che ha creato. La legge di riforma sulle pensioni che il suo governo vuol fare approvare ridurrà le pensioni minime sotto i 400 euro, mentre Katrougalos1 non perde occasione di dire che “il nostro obiettivo non è ridurre le pensioni”. Questi sinistri sono fottutamente pericolosi!
Se continuiamo a discutere del se i contadini sono patrioti o fascisti… o che le manifestazioni contro la riforma delle pensioni sono solo della classe media, facciamo il gioco del Governo (di Syriza). È falso dire che i contadini sono tutti fascisti. Sì, certo, molti di loro sono razzisti e hanno lavoratori migranti alle loro dipendenze… ma la questione è un po’ più complicata. Certo, la maggior parte dei contadini greci è un bel po’ razzista e sessista e in fondo vuole solo i soldi dell’Unione Europea…
…più o meno come ovunque in Europa
Resta il fatto che il KKE ha un forte potere nel movimento dei contadini. Non conosco approfonditamente la situazione nelle province ma so che i contadini si muovono molto da corporazione, nel senso negativo del termine. Perlopiù sono interessati a cambiare alcune cose della legge sul sistema delle pensioni.
Come emerge da quest’intervista la composizione di queste proteste è forse un po’ più complessa (senza nulla togliere alle istanze certo non rivoluzionarie dei contadini). Una posizione rivoluzionaria (perlomeno radicale) dovrebbe però porsi nell’ottica non di criticare a priori fenomeni di questo tipo (pur nella loro ambiguità). Il rischio è quello di apparire come difensori di un governo di sinistra che come sempre si assume il compito sgradito di far applicare misure anti-popolari (il capitale ha una sua intelligenza machiavellica che a tant* compagn* manca). Atteggiamento, questo, che non farà altro che gettare questi soggetti tra le braccia dei neofascisti appollaiati come avvoltoi nei nerritori devastati dalla crisi. Sicuramente una parte consistente dei contadini greci saranno imprenditori cinici, sfruttatori di immigrati, razzisti e intererssati alla loro piccola proprietà messa a rischio. Resta il fatto che stanno oggi protestando contro una riforma delle pensioni che colpisce tutti indistintamente, pesando ovviamente di più mano a mano che si scende la piramide sociale. Quest piccola differenza andrebbe sempre tenuta presente.
Un’altra intervista che consigliamo, è quella effettuata qualche giorno fa da un nostro redattore dai microfoni di radio blackout a un compagno greco, saltuario corrispondente per la radio da Atene
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A mo’ di conclusione, senza alcuna pretesa di esaustività o completezza, ripeschiamo dall’oblio della rete, un estratto da un piccolo documento vecchio ormai di quasi 5 anni, che all’epoca ci era piaciuto per come sapeva restituire, con pochi tratti impressionisti, atmosfera, protagonisti e poste in gioco del “movimento delle piazze” del 2011 (gli Indignados greci). Il pezzo (scaricabile per intero qui APPUNTI PRELIMINARI PER UN RESOCONTO SUL “MOVIMENTO DELLE ASSEMBLEE POPOLARI) faceva la fotografia di quel mix sociale – perlopiù digiuno di esperienze politico-sindacali – che ha scandito quel movimento non solo in Grecia ma anche, con le dovute differenze, in Spagna. Piaccia o meno, è con questa folla che ci dovremo confrontare negli anni futuri, perlomeno qui in Europa.
«La composizione sociale della folla eterogenea che scendeva in piazza ogni giorno spaziava da lavoratori, disoccupati, pensionati e studenti a piccoli impresari o ex-piccoli dirigenti, duramente colpiti dalla crisi. Nei presidi di piazza Syntagma si è formata una separazione già dai primi giorni tra quelli che stavano “su” (vicino al Parlamento) e quelli che stavano “giù” (proprio in piazza). Tra i primi, dei nazionalisti e gruppi di estrema destra sono stati attivi dall’inizio, influenzando i più conservatori e/o i meno politicizzati che partecipavano alle manifestazioni (che erano o proletari o ex-piccoli imprenditori proletarizzati). E’ abbastanza frequente, per la maggior parte di loro, ritrovarsi fuori dal Parlamento a sventolare bandiere greche, fare il gesto della mano a palmo aperto contro i parlamentari, gridare slogan populisti o nazionalisti come “Traditori!” o “Ladri!) o anche cantare l’inno nazionale. Comunque, il fatto che queste persone siano politicamente più conservatrici non significa necessariamente che siano più controllabili quando i conflitti con la polizia si esasperano, o che possano essere contati tra le fila dei gruppi organizzati di estrema destra».
Cinque anni dopo – con un governo di sinistra che sta applicando misure di austerity più dure di qualunque suo precedente – i nodi sono ancora tutti lì. Per quelle piazze bisognerà ancora passare, di quegli scomodi vicini toccherà forse fare dei compagni di strada…
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1 Georgios Katrougalos è stato eurodeputato dal 2014 al 2015, quando è stato nominato Viceministro degli Interni nel Governo Tsipras. Ha successivamente ricoperto, sempre nel governo di Alexīs Tsipras, nei mesi di luglio e agosto 2015 l’incarico di Ministro del lavoro. Attualmente ricopre ruoli di primo piano nel partito.
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