Sia chiaro, persino le promesse che ripetutamente non vengono mantenute hanno un sapore amaro: si è pronti a contrattare la lunghezza delle catene delle classi subalterne; di spezzarle definitivamente non se deve minimamente parlare, neanche come prospettiva a lungo termine.
E così anche nella provinciale Cremona inizia il tam tam elettorale.
Martedì mattina l’ex magistrato Ingroia ha presentato il suo nuovo progetto politico Azione Civile e nonostante abbia dichiarato di non voler presentare il neo-movimento alle elezioni le sue dichiarazioni hanno il carattere di voler recuperare consenso proprio in quella prospettiva.
La ragione per cui abbiamo voluto scrivere questo articolo è l’ asserzione per cui l’intenzione di Azione Civile sia quello di “mettere insieme chi è sceso in piazza a Roma per la difesa della Costituzione e chi ha fatto altrettanto per la difesa dei diritti e dei beni comuni”.
Precisiamo che questo non vuole essere un attacco specifico contro Ingroia e il suo nascituro progetto politico (il quale costituisce una piccola particella di quell’universo riformista ormai atomizzato che si poneva a sinistra del PD), ma prendendo spunto dalle sue parole vorremo chiarire alcune questioni di ordine assai più generale che riteniamo importanti.
Innanzitutto pensiamo che la manifestazione del 12 ottobre a Roma in difesa della Costituzione “via maestra” e le due giornate di conflitto praticato e reale del 18 e del 19 Ottobre non siano comparabili in maniera così banalizzante. Sicuramente anche nella prima giornata sono confluite soggettività e settori di classe colpiti dalla crisi e dalle politiche di austerità che hanno voluto esprimere un’avversione verso l’attuale sistema sociale, ma senza riconoscere, a nostro avviso, i limiti strutturali di quella mobilitazione. La costituzione, frutto del compromesso sociale del secondo dopo guerra per impedire che le tensioni sociali e la Lotta di Liberazione divenissero rottura rivoluzionaria, non ha più nulla da offrire alle classi subalterne in cerca del proprio riscatto, il tempo delle possibilità riformiste è venuto a crollare sottolineando come solo la lotta di classe possa invertire i rapporti di forza esistenti tra sfruttati e sfruttatori.
Ecco la spiegazione delle differenze sostanziali dei numeri delle diverse giornate; le soggettività che hanno attraversato i conflitti in questi ultimi anni (dai movimenti per la casa e gli occupanti, passando per i facchini delle logistiche, ai profughi e richiedenti asilo, fino ai NO TAV, NO MUOS e le lotte in difesa dei beni comuni) hanno identificato le giornate del 18 e del 19 Ottobre come possibile inizio per dare il via ad un processo che possa seriamente migliorare le loro condizioni materiali e intellettuali di vita.
Sollevazione generale! Assedio! Parole che delineano con forza l’incompatibilità con un esistente alienante che deve essere abbattuto.
Parlare di ricomposizione di classe sarebbe eccessivo, una forzatura ideologica, ma come è stato ribadito nelle assemblee a Roma di questo fine settimana sicuramente ne possiamo vedere un embrione.
L’altra questione che ci premeva sviscerare è il tentativo di strutture e organizzazioni che non hanno contribuito alla creazione della Sollevazione generale di mettere il cappello su una giornata che non solo non gli appartiene, che non hanno costruito e vissuto, ma che non hanno nemmeno compreso: le potenzialità delle soggettività che hanno attraversato il centro della capitale devono ancora esprimersi completamente e la forma-organizzazione che loro in autonomia si daranno non è ancora intuibile o faziosamente identificabile. Se il movimento non deve fare forzature e salti in avanti in questa direzione, ma aspettare che il corso degli eventi possa dare un’indicazione su quale forma-organizzazione sia all’altezza dello scontro di classe che dovremo affrontare, non siamo però nemmeno disposti a lasciare che gli zombie della politica istituzionale si facciano strumentalmente e opportunisticamente portatori di istanze che non gli appartengono e che paradossalmente non potrebbero nemmeno rappresentare perché non hanno compreso la natura di questa nuova composizione sociale.
Tutto ciò non per settarismo, ma perché la storia ci insegna che l’opportunismo è sempre pronto a calare i propri tentacoli per depotenziare le rivendicazioni, potenzialmente rivoluzionarie, delle classi subalterne.
La sollevazione generale ha spazzato via, nei fatti, il ceto politico di movimento e non; siamo inoltre sicuri che saprà anche resistere agli ultimi colpi di coda che cercheranno di limitarne le potenzialità future. In autonomia sapremo proseguire e rafforzare il percorso iniziato.
da www.csadordoni.org