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Pratiche di salute mentale. Dispositivi totalizzanti e risorse di sopravvivenza nelle Strutture Intermedie Residenziali

Ne discutiamo con Nicola Valentino, collaboratore e coeditore di “Sensibili alle Foglie”, che ha frequentato alcune di queste nuove “Strutture Intermedie” per svolgervi una ricerca dei dispositivi e delle pratiche messe in atto dagli operatori.

 

Possiamo analizzare dal punto di vista microsociologico le pratiche dei servizi di salute mentale per scoprire come funzionano alcuni dei nuovi dispositivi territoriali del dopo-manicomio, quali le ora diffusissime “Case Famiglia”: anche dove vi lavorano operatori di buona volontà, queste strutture hanno oramai definitivamente perso la speranza di ‘riabilitare’ e la maggior parte non lo tentano più affatto. Riconoscono questa deriva negativa anche alcuni operatori che desirerebbero proseguire nella pratica basagliana di “non più costrizioni, non più manicomi”, ma si trovano impotenti e demoralizzati dalla situazione. Le SIR sono strutture statali ma anche a gestione privata, messe in piedi durante e dopo lo smantellamento dei manicomi, inizialmente approntate per quei pazienti provenienti dal manicomio e ora snodi fondamentali del sistema di “intrattenimento” territoriale.

L’analisi rileva il ripresentarsi ampio e netto in queste nuove strutture degli stessi meccanismi di incasellamento, riduzione e privazione di autonomia, privazione di diritti, fino anche a completa sopraffazione e disumanizzazione, propri dei vecchi manicomi. Situazione dovuta al controllo e alla routine giornaliera degli operatori sui ‘pazienti’. Nonostante che per legge – la 180 – i ‘pazienti’ hanno ora diritti, però la struttura agisce come se non ne avessero. Per il controllo del denaro, per il controllo dell’indipendenza, per il controllo dei farmaci, i pazienti restano costretti alla dipendenza e alla passività. Come in altre istituzioni totali, le sigarette, l’alcool, il caffé, sono l’unico fare autodeterminato, a cui quindi ci si appiglia. Un operatore testimonia che in una situazione di aumento di libertà il fumatore accanito non prese più le sigarette una dietro l’altra.

Il “paziente che dà fastidio” è una classificazione di fatto operata in queste SIR, molto più importante di fatto di quelle psichiatriche ufficiali, e si risolve quasi di regola con un aumento dei farmaci . Ad es. se ‘dà fastidio’ per irrequietezza o non seguendo gli altri nel programma comune, non c’è molto tempo di ascoltarlo, trovare le cause, discorrerci come richiederebbero i metodi basagliani: l’operatore è già stressato di per sé e l’organizzazione ricorre ad un aumento dei farmaci.
In alcuni casi sporadici la resistenza dei pazienti riesce ad ottenere ragione, anche perché ci sono degli operatori che si sono messi dalla parte dei pazienti contro le decisioni della direzione. Il metodo di raffronto sociologico fra analoghe situazioni totalizzanti permette all’autore di avanzare anche ipotesi su alcuni aspetti che la descrizione psicologica e psichiatrica non è in grado di vedere.
Per esempio che la cosiddetta ‘spersonalizzazione’ cioè perdita dell’identità, sia in realtà una “risposta di sopravvivenza”, che si manifesta anche in certe situazioni non psichiatriche. Anche l’insonnia o l’abuso di alcool possono essere considerate risposte. Cioè una forma di reazione sociale ad una situazione negativa, anziché sintomi di malattie senza senso.

Giovedì 17 Marzo, ore 17 @SpazioZ-32, Bologna

 

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