Renzi, Ruby, Onida: istituzioni e saggi sprofondano nell’avanspettacolo
Ma, si sa, i prodotti dell’avanspettacolo politico in Italia quando si impongono sono indiscutibili. Ed ecco che questo signore della provincia fiorentina, ancora convinto che per fare politica in Italia basti agitarsi come fa lui in tribuna durante le partite al “Franchi”, forte di sondaggi comunicati pubblicamente per la parte a lui favorevole e dell’endorsement di “Amici” tuona chiedendo elezioni o grandi intese con il Pdl. Stiamo parlando di una persona che alla direzione del suo partito, dove si decide la linea da seguire, va e viene a piacimento. Oppure non va perchè “vuol fare ilsindaco a Firenze”. Tanto c’è la legittimazione della De Filippi con il seguito di spettatori indecisi se prendere prima lo zio di Firenze, un divano letto con una telefonata sul numero verde o uscire di casa per andare a vedere qualche prodotto scontato da Euronics. Quando si dice un seguito di massa profondo, politico, all’altezza della complessità del reale altro che politica dopata di avanspettacolo.
Altro aspetto puramente politico, proposto dalle paludi dell’avanspettacolo italiano (nemmeno un Adorno in piena crisi teorica ed esistenziale avrebbe potuto pensare che Canzonissima, alla lunga, avrebbe generato così tanti mostri), è la riproposizione di Ruby come soggetto che entra nella partita delle riforme istituzionali. Che Ruby fosse un soggetto che politicamente, dal punto di vista del peso che ha sui sondaggi e quello dei rapporti tra politica e magistratura, può essere devastante l’hanno capito tutti anche il Pd. Infatti nessuno, nel centrosinistra, si è mai azzardato ad incalzare il centrodestra sulla vicenda. Perchè se Thaksin Sinawatra, il Berlusconi del sud-est asiatico, ha dovuto lasciare ufficialmente la politica in Thailandia sotto il peso degli scandali, all’originale italiano gli oppositori non devono ricordare alcun fattore di ineleggibilità pena il turbamento delle consolidate regole del peraltro instabile mondo politico istituzionale. Ecco quindi che Ruby si presenta davanti al tribunale di Milano, con un seguito mediale degno di quello del Mourinho del triplete, per raccontare “la sua verità”. Un pò ad uso del prossimo speciale di “Chi”, un pò ad avvertimento della procura di Milano, un pò come tema di conflitto e di scambio, visto il peso politico del Rubygate, nel difficile negoziato su (sic) presidenza della repubblica e futuro della legislatura. Nel silenzio sovrano del centrosinistra. Si immagini, al contrario, se una presunta amante di Bersani, minorenne all’epoca dei fatti, si fosse presentata a fare uno spettacolo del genere di fronte ad un tribunale della repubblica. Lo si immagini e si deducano due verità: a) il potere dell’avanspettacolo in politica è in mano sostanzialmente ancora al centrodestra b) il centrosinistra ha ancora bisogno di Berlusconi da non attaccarlo su un piano di illegittimità a fare poltica ormai conclamato. Insomma, il Sinawatra italiano ha la fortuna di non incontrare la civiltà politica thailandese oggigiorno indubbiamente superiore.
Arriviamo così al terzo esempio di come la politica istituzionale italiana si sia avvitata nei processi di legittimazione e delegittimazione da avanspettacolo. Il chiarissimo professor emerito Valerio Onida, uno studioso la cui fama una volta tanto non
è solo formale, è uno dei dieci saggi nominati dal Quirinale per facilitare la risoluzione della crisi istituzionale. Ovvero per commissariare le trattative tra i partiti sul programma. Ma Onida è, in quel ruolo, è stato presto impallinato. Non solo dal normale fuoco di fila di un dibattito politico che non vuol perdere l’esclusiva di questo genere di trattative Ma è da un tipo di avanspettacolo, quello dello scherzo in diretta, che da diversi lustri ha un grande seguito di audience. Similmente alla centralista della reception dell’ospedale di Londra, che si è suicidata non reggendo l’impatto psicologico di una finta telefonata della regina Elisabetta per informazioni sulla salute di Kate Middleton. Valerio Onida si è infatti suicidato politicamente,affondando così una già traballante commissione dei saggi, durante una finta telefonata di Margherita Hack. Il suicidio politico di Valerio Onida, che non si dimetterà, è quello di una classe dirigente del paese che continua a reiterare i soliti linguaggi e comportamenti anche quando la società e il mondo mediale sono talmente cambiati da portarla direttamente su un piano di ridicolo. Ma una classe dirigente convinta che prima o poi tutto si rimetterà a posto, il governo potrà operare in senso del mitico rigore europeo con il popolo quieto e mansueto è destinata a incontrare incidenti ben peggiori di quello di Onida. Anche perchè le leggi di produzione del ridicolo, nella società politica dell’avanspettacolo, sono così affilate da produrre gli stessi effetti politici di una sommossa devastante. Senza contare che, non a caso, i produttori diretti di ridicolo, i comici, sono merce talmente pregiata nella comunicazione politica da mettersi a fare direttamente il soggetto politico con non scarsi risultati.
Una cosa sembra certa. Quando un paese è avvitato in queste dinamiche entropiche della comunicazione non lo governa certo la la sola dittatura dei mercati finanziari. Basta leggere in filigrana, in questo senso, il disgregarsi dell’esperienza Monti. Per chi necessita di analizzare i fenomeni politicamente, si intende. Per il resto ci sono gli interrogativi sulle prossime eventuali primarie, le considerazioni su quanto è brava la De Filippi a fare casting e quelle sul trucco che invecchia di Ruby rubacuori. Ma anche qui attenzione: chiedersi se il trucco di Ruby sia stato suggerito da Signorini, direttore di “Chi” e restyler dell’immagine popolare profonda della politica della seconda repubblica, può essere un giudizio sull’analisi del politico più impegnativo di quanto si pensi. Un colpo al cuore per chi si è formato sulla polemica tra Schmitt e Kelsen ma l’analisi politica è come l’oggetto di cui si occupa: spietato, senza regole, apparentemente arido, costellato da fatti e persone banali ed insignificanti che, messi assieme, finiscono però per comporre un disegno grandioso o tragico secondo l’epoca. L’avanspettacolo, come il ridicolo, è infatti segno di forze profonde che si agitano nella società e che l’analista deve saper emergere. E chi fa il superiore rispetto a questi fenomeni finirà inevitabilmente avvolto dal banale, senza luce o guida per orientarsi in questa notte di tenebre secolari.
per Senza Soste, Nique la police
5 aprile 2012
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