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Arrestati tre lavoratori Gesip per blocchi stradali e occupazioni di uffici

Tre arresti tra i dipendenti Gesip, società partecipata del Comune di Palermo, ormai nota anche lontano dal capoluogo siciliano per le proteste e le mobilitazioni che da anni ne accompagnano l’esistenza. Oggi arriva un delicato colpo di mano da parte di procura e magistratura proprio a poche settimane dall’ennesima scadenza di cassa integrazione per i lavoratori pronti a tornare in piazza.

 

Ed è proprio la piazza il contesto messo sotto accusa dalle forze dell’ordine: i tre arresti di oggi sono infatti legati al ruolo in piazza dei tre arrestati e della piazza nella vicenda complessiva di Gesip.

Blocchi stradali con conseguente interruzione del traffico, violente occupazioni di uffici comunali e della sede stessa della Gesip, blocco del transito dei treni. Tutte azioni messe in atto per ottenere il rinnovo dei contratti dei dipendenti della partecipata. “ : queste le accuse rivolte ai tre; Così interruzione di pubblico servizio, danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale sono i reati (circoscritti tra 2011 e 2013) che hanno portato due persone ai domiciliari e una direttamente tradotta in carcere.

Fin qui la cronaca che segue la fine della conferenza stampa voluta dalla Questura di Palermo per giustificare simili provvedimenti.

Ma iniziative del genere impongono immediate e tempestive prese di posizione che, nei limiti del possibile, esulino anche un po’ dai giudizi sulla vicenda singola e contestualizzino simili atti entro dinamiche più generali.

Iniziamo dai fatti contestati ai tre fermati: tutti reati a cui, passando simili teorie repressive, andrebbe in contro chiunque partecipa ad una lotta, protesta o mobilitazione di piazza. Studenti, disoccupati, senza casa, lavoratori pubblici e privati si sono infatti alternati scandendo la vita palermitana proprio attraverso blocchi stradali, occupazioni di uffici pubblici con anche momenti di forte conflittualità.

Inoltre non possiamo non notare similitudini con quanto avvenuto ormai otto mesi fa a Napoli quando un gruppo di precari autorganizzati venne arrestato e accusato di aver tentato di “estorcere” posti di lavoro che da decenni venivano ipocritamente promessi da politici di tutti gli schieramenti. Nell’odierno caso si parla infatti di un tentativo di “turbare le relazioni industriali per ottenere il rinnovo dei contratti”. Le veline della questura, in sostanza, definiscono reato di grande pericolosità sociale quello che è lo strumento per eccellenza per rivendicare e ottenere diritti e garanzie collettive, cioè la determinazione delle piazze, delle lotte, cioè la legittima contrapposizione politica (sindacale, per esempio). E come a Napoli, del resto, anche nel caso Gesip siamo di fronte a un enorme carrozzone elettorale messo in piedi negli anni dai politici dei più diversi schieramenti che oggi, divenendo insostenibili (e anche ingovernabili) vanno cancellati senza troppi problemi di ordine pubblico.

Come sempre in questi casi, arriva dunque la magistratura in soccorso della politica. In aiuto di chi, non avendo più la forza contrattuale di un tempo e ben poco da promettere, spera di liberarsi di un problema riportando questioni in tutto e per tutto “politiche” a vicenda di banale criminalità (che poi nel nostro territorio è sempre ben accompagnata dal bollino di “mafiosità”). In questo gioco ci guadagnano entrambe: la classe politica delega alla “forza pubblica” la gestione di vicende ormai divenute di eccessivo peso; procura e magistratura si ritrovano ad essere legittimati a procedere con teorie criminalizzanti ogni forma di dissenso sociale.

Chi potrebbe perderci, oggi, sono sì i lavoratori Gesip a cui si tenta di negare ogni diritto, ma anche tutti coloro i quali si muovono autonomamente ed in maniera conflittuale per ottenerne di nuovi o difendere quelli che si hanno.

Ancora un attacco repressivo volto a negare ogni spazio al dissenso popolare che evidentemente cadrà anche stavolta nel vuoto: reprimere non vuol dire risolvere le contraddizioni; la magistratura non può togliere voce e rabbia alle piazze!

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