Atene: “per noi un giorno di sciopero generale vale una settimana”
Me ne parla Carolina, militante antirazzista che insegna lingua greca agli stranieri in uno spazio occupato nei dintorni di Piazza Exarchia: “sono arrivati ad Atene tre anni fa e la situazione è cambiata in fretta! Prima al corso di lingua greca venivano decine e decine di migranti al punto che non sapevamo più come fare per organizzare le lezioni. Oggi per classe non ci sono più di 5 studenti”. Eppure basta girare un po’ nelle strade del centro o della periferia e i gruppi di migranti che si confondono tra il via vai della folla, la quantità delle lingue parlate ad ogni angolo non si contano. “Certo ed è proprio qui il problema. Una volta molti migranti venivano in Grecia per viverci adesso invece è solo una frontiera in più da scavalcare ma non è così facile! Anzi è molto più difficile di prima visto che sia l’Unione Europea che Frontex stanno imponendo alla Grecia ricatti di natura economica per inasprire i controlli e le espulsioni! Il paradosso è che i ragazzi che vedi in giro se non saranno fermati dalla polizia resteranno per strada in una continua attesa dell’occasione per andare via e non pensano a imparare la lingua greca o a cercare un lavoro che non c’è qui ad Atene! Questa situazione ha reso il nostro lavoro di militanti antirazzisti davvero difficile, non è più automatico entrare in contatto con i migranti!”. E vista la situazione ce ne sarebbe davvero bisogno sia per far uscire dall’ombra le migliaia di stranieri senza il permesso di soggiorno a cui la Troika ha destinato solo campi di detenzione ed espulsione ma anche per una sorta di soccorso immediato insieme agli avvocati del movimento. “E’ così! Ma autorganizzare insieme ai migranti senza permesso di soggiorno delle lotte è ormai una vera impresa. Ci sono stati dei singoli episodi di manifestazioni che abbiamo sostenuto come uno sciopero della fame pubblico di un ragazzo marocchino che chiedeva la possibilità di tornare nel suo paese ma le istituzioni non sono disponibili a sganciare un solo euro per pagargli il biglietto dell’aereo per Casablanca. Durante l’iniziativa abbiamo anche notato una certa ostilità della gente che nel prendere i volantini dedicati allo sciopero della fame commentava in malo modo la situazione”. Avete notato comportamenti intolleranti? “Tantissimi, ed è una situazione che ci inquieta non poco, per esempio a pochi passi da qui a piazza Padaleimonas i fascisti hanno avuto buon gioco ad aizzare i greci contro gli immigrati e ci sono stati atti di violenza molto gravi. Sabato c’è stato un corteo del movimento antirazzista contro la presenza fascista in quella zona, e per il futuro non vediamo altra soluzione che occupare uno spazio a Padaleimonas con cui tentare di allentare dapprima le tensioni tra i greci ed immigrati e poi sperimentare qualcosa di simile al centro sociale dove ci troviamo ora”.
In questo spazio sociale occupato, oltre alla scuola migranti, si susseguono tantissime iniziative: c’è un bar sociale dove poter scambiare in tranquillità due chiacchiere, all’ora di pranzo c’è “El Chef”, una mensa popolare simboleggiata da un Che Guevara con il cappello da cuoco, e poi c’è il progetto già in corso di riqualificare qualche metro quadrato che divide un palazzo dall’altro proprio difronte allo spazio, l’idea è di farci un giardino per il quartiere, vi lavorano in tanti sia migranti che greci della zona. Marina pensa a queste iniziative da portare a Padaleimonas per contrastare quotidianamente quei comportamenti sociali intolleranti o razzisti che con la crisi hanno avuto un serio aumento. E’ d’accordo anche Nasser, operaio nell’industria delle tipografie in Grecia da 10 anni, che la situazione in poco tempo è cambiata “sia per i greci che per gli immigrati. Prima per noi il vero problema era la lingua greca, veramente difficile da apprendere, ma ora il problema è lo stesso per tutti: il reddito! Sia per noi immigrati che per i greci la situazione si è fatta durissima! Al punto che per noi a volte l’unica soluzione diventa andarsene tornando nel proprio paese d’origine o tentando di abitare altrove, magari in nord Europa. Ma non è facile per me che da 10 anni vivo qui e ho famiglia ricominciare tutto dall’inizio in qualche altra città europea!”. Anche N. che ha raggiunto Atene passando per l’Afganistan non riesce a trovare un lavoro che gli permetta di sopravvivere “nel mio paese facevo il giornalista, qui ho provato a fare di tutto ma ultimamente ho avuto grossi problemi per guadagnare qualche euro. Voglio andare via da qui e provare altrove. La Grecia per noi non è più ospitale come una volta!”.
Queste parole sembrano divenire un coro, quasi pronunciate all’unisono quando rivolgo insieme a Marina le stesse domande agli altri migranti che incontro nel centro sociale. Tutti mi parlano della volontà di andar via e tentare la fortuna altrove anche se sembra che la percezione della crisi economica che sta attraversando tutto il vecchio continente sia ben chiara. Eppure hanno davvero ragione, qui la crisi colpisce il lavoro migrante a mò di introduzione prima di travolgere il resto della società. Chiedo a Nasser se ha mai partecipato a manifestazioni o a scioperi insieme ai suoi colleghi quando lavorara da operaio nelle tipografie. Mi risponde prima con un gesto delle mani che tradotto significa “non sai quante!”, e poi mi dice: ”io partecipo sempre agli scioperi, agli scioperi generali che non ci espongono in maniera isolata come lavoratori migranti a tutti i pericoli del caso. Un giorno di sciopero generale per noi vale comunque come uno sciopero di una settimana intera! E’ un gesto di lotta molto forte visti i rischi che corriamo e mi preoccupo di trovare il modo per spiegarlo anche ai greci quanto rischiamo in quelle occasioni.” Che tradotto sarebbe un modo per rendere pubblica quella che è una lotta comune tra gli operai, cosa che i sindacati ufficiali non sembrano voler prendere in considerazione come mi conferma Marina.
Intanto le lezioni di lingua greca per questa sera sono finite e gli ultimi studenti lasciano il centro sociale. Anche io dopo aver salutato i miei nuovi amici me ne torno in centro. Dopo pochi passi la solita scena si ripete, questa vota c’è un solo ragazzo di cui non riesco ad intuire il paese d’origine che viene fermato da alcuni poliziotti che lo portano via con modi spicci. C’è poca gente in giro e magari presi dalla routine alienante nessuno ci ha fatto troppo caso. Forse ci fa caso la Troika che ammira da lontano come funzionano bene i suoi imperativi sui corpi dei migranti ad Atene come a Roma, o nelle altre frontiere della Fortezze Europa… ormai c’è da augurarci solo che abbia davvero ragione Nasser quando dice che un giorno di sciopero generale per un migrante vale per lui come uno sciopero generale di una settimana e che presto se ne accorgano non solo i greci ma anche e soprattutto la Troika senza più braccia o cervelli da spremere per i propri profitti.
Fulvio Massa da Atene
su twitter @fulviomassa
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