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Blocchi dei facchini IKEA licenziati arrivano a Pisa

La lotta nasce infatti dal blocco interno in solidarietà con un operaio “declassato” senza giustificazione dalla mansione di carrellista a quella di facchino. Al blocco sono seguite 33 sospensioni e 21 di queste si sono trasformate in licenziamenti. Contro queste iniziative padronali dal 6 maggio diversi picchetti si sono susseguiti davanti ai cancelli del magazzino per pretendere il reintegro dei lavoratori. Già nelle lotte tra 2012 e 2013 la conflittualità dei blocchi costrinse le cooperative al reintegro dei facchini licenziati per la loro attività sindacale.

Oggi la campagna di boicottaggio si è estesa a Pisa, andando a scalfire l’ultimo nato della catena svedese in Italia. Il blocco delle merci con i picchetti ai cancelli e il corteo interno allo store con il blocco delle casse ha procurato un notevole danno al profilo pubblico all’azienda, insediatasi a Pisa da poco più di due mesi promettendo assunzioni e ritorno d’immagine per la città. Ma la realtà è ben diversa, a partire da quanto è stato occultato nello scandalo sul denaro sporco riciclato nell’appalto da 400mila euro per l’ampliamento della rotatoria di accesso al centro commerciale.

Intanto la lotta dei facchini prosegue, costruendo nuove relazioni sui territori e andando a contrapporsi, con l’irriducibilità dei blocchi, agli effetti della concentrazione di capitali nella fase di crisi nelle grandi cooperative corrotte: compressione salariale, aumento ritmi e carichi di lavoro, rapporti di lavoro al di fuori della legalità. Intanto nella lotta matura una nuova soggettività antagonista e radicale in cerca di interlocutori nelle lotte sociali sui territori.

Una promessa scandita nei cori dei facchini ha infine concluso la mattinata di lotta a IKEA “Torneremo, torneremo, torneremo!”

 

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