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Bonaccini, dacci il reddito e tieniti lo sfruttamento!

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Dovrebbe sorprendere ben poco l’affermazione para-leghista del presidente dell’Emilia Romagna Bonaccini “Chi prende il reddito di cittadinanza può cominciare ad andare a lavorare nei campi”, “Così restituisce un po’ quello che prende” rilasciata giovedi scorso durante una videoconferenza della Business School dell’UniBo.

Almeno per chi conosce lo stalinismo del PCI-PDS-DS-PD nella regione “rossa” per eccellenza, e di come questo abbia sempre più difeso e rappesentato negli anni le ragioni del (datore di) “lavoro” anziché dei lavoratori e delle lavoratrici.

Non va dimenticato che Bonaccini sale al potere in pieno renzismo; allora ben poco legittimato dalla diserzione in massa dalle urne, legata ai contrasti tra governo e sindacati e al processo Terremerse in cui il suo predecessore Errani era coinvolto (che fa sorridere pensando a chi ha parlato di “trionfo della partecipazione” alle urne a gennaio); e con un’amministrazione infarcita da paladini del libero mercato come la vicepresidente Gualmini – che ha applicato al diritto all’abitare emiliano-romagnolo lo stesso modello impiegato nella sanità lombarda da Fontana e Gallera.

In quei mesi l’attuale sindaco di Milano Beppe Sala era commissario dell’Expo – megaevento che ha legittimato (anzi, glorificato) lo sfruttamento del lavoro volontario e gratuito “perché fa curriculum”. E con la benedizione del ministro Poletti (uno che in tema di lavoro nei campi sembrava pensarla proprio come Bonaccini) le coop spurie erano la frontiera: nel senso delle condizioni da far west a cui costringevano i facchini emiliani prima che questi ultimi alzassero la testa, nonostante il distanziamento sociale e razziale operato contro di loro da media e poteri.

In retrospettiva, è anche in risposta a tale squallore che l’idea del reddito di cittadinanza (fino ad allora confinata nei dibattiti accademici e dei centri sociali) sia potuta emergere, ed una forza politica come il M5S appropriarsene – con tutti i noti limiti che ha prodotto la sua traduzione in realtà attraverso gli accordi parlamentari. Una bestemmia che i padroni ed i loro servitori nelle Camere e nei consigli regionali non hanno mai perdonato.

Anziché strumento di tutela rispetto ai salari dei lavori (ancora oggi) sottopagati, pericolosi ed usuranti (che quindi dovrebbero essere meglio retribuiti, altro che ringraziamenti e mancette!), l’attuale RdC – come le misure che lo hanno preceduto – è narrato pubblicamente da media e politici come sussidio immeritato. E dietro le quinte come sostituto del salario vero e proprio, che non prevede condizionalità per i datori di lavoro (chiari passaggi di regolarizzazione, rispetto delle esigenze dei lavoratori più svantaggiati, retribuzione proporzionale al costo della vita…) ma solo per chi lo percepisce. Per rendersene conto basta vedere come queste condizionalità siano brandite dai quadri dei servizi sociali contro i soggetti da loro presi in carico. Parlateci di Milano!

Ora però, con le ricadute della pandemia di Covid-19 su innumerevoli categorie lavorative e sociali, va fatto un passo in più: quello di un reddito universale incondizionato (RUI) come il contrario della flat tax. Mentre quest’ultima colpisce ugualmente chi guadagna 1.000€ e chi 100.000€ al mese, (col risultato che ad esempio, con un’aliquota del 20%, il primo deve vivere con 800€ ed il secondo con 80.000€ mensili) il RUI può fare l’esatto opposto: prendere dai super-ricchi per far vivere tutti/e. Non solo come “assicurazione sociale” davanti alle continue distruttività dell’innovazione, della mobilità d’impresa e delle nocività del libero mercato: ma come primo passo di una redistribuzione necessaria, almeno finché lo stomaco prevarrà sulla morale.

I soldi per il RUI ci sono: in barba alle destre che ora rivendicano una misura simile mentre fino a ieri volevano abolirlo. E ad una certa propaganda governista che, per e pur di fare il controcanto a Salvini e Meloni, taccia il RUI come irrealistico in un momento in cui non c’è uno straccio di sostegno per affitti, bollette e spese di chi è con l’acqua alla gola, mentre piovono sussidi per quelle imprese che problemi di liquidità non ne hanno. Vanno cercati nei grandissimi patrimoni di chi il conto aperto ce l’ha su qualche banca olandese e non con la sofferenza sociale; non nelle tasche di chi nemmeno lavorando a 5000€ al giorno dalla scoperta dell’America ad oggi sarebbe miliardario, o incasserebbe quanto Jeff Bezos guadagna in una settimana.

Tutto ciò non ci verrà elargito ma dovremo pretenderlo e prenderlo, una sana abilità da coltivare per il dopo-quarantena: che lo renda una fase X per i tempi, gli spazi e le pratiche quell’economia trickle-up di devastazione, saccheggio e sfruttamento, finora  propinataci come il migliore dei mondi possibili.

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