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Bruxelles, arriva Trump: la polizia sgombera uno spazio occupato

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Pubblichiamo l’articolo inviatoci da una compagna che vive a Bruxelles riguardo allo sgombero di uno spazio sociale avvenuto pochi giorni fa.

Uno sgombero organizzato ad arte in vista dell’arrivo nella capitale belga del presidente statunitense Donald Trump, in visita a Bruxelles oggi e domani:

 

Vi scriviamo da Bruxelles, capitale patinata d’Europa e città dove l’emergenza abitativa si sta, negli ultimi tempi, rivelando in tutta la sua potenza. Ultimamente, infatti, trovare una casa che non obblighi a spendere la quasi totalità del proprio salario in affitto, sta diventando sempre più difficile (l’affitto medio è aumentato da 346 euro nel 1992 a 695 euro nel 2014, dal 2004 al 2013 c’è stato un aumento del 20%). Al tempo stesso, il numero di edifici vuoti in città è elevato, difficilmente quantificabile a causa della mancanza di una volontà politica. Nel frattempo, in città si registrano 50.000 famiglie iscritte alle liste d’attesa per le case popolari, con tempi di attribuzione che possono arrivare fino a cinque anni.

In questo contesto, agiscono diverse soggettività provenienti dalla società civile, dai movimenti dei sans-papiers e dal mondo antagonista; ognuna di queste articolazioni della lotta ha dinamiche e approcci propri di esigenze e composizioni diverse: fra questi, all’interno del movimento antagonista la componente squatter è quella maggioritaria, in piena tradizione nord-europea.

A marzo, i compagni e le compagne dei movimenti hanno organizzato una manifestazione per rivendicare il diritto all’abitare, al termine della quale è stato occupato un edificio nel quartiere europeo, a metà strada fra il Parlamento e le sue istituzioni. Questo spazio liberato è stato fin da subito inteso come luogo dove potersi ritrovare e organizzare, e aveva tutte le caratteristiche degli spazi che abbiamo vissuto a casa nostra, prima di venire qua. Fatto abbastanza nuovo per il Belgio, tanto che ci fu detto scherzando che l’avevano chiamato “centro sociale” proprio per attirare gli italiani.

Questo spazio ci ha accolto quando abbiamo partecipato, ad aprile, al fine settimana di mobilitazione contro l’avanzata dell’estrema destra: in una delle sue stanze abbiamo lavorato collettivamente tracciando le mappe dell’estrema destra in Belgio, Francia e Italia. In altre occasioni invece ci siamo ritrovati là per semplici riunioni con i compagni e le compagne. Insomma, era uno spazio enorme e vuoto, trasformato in un luogo dov’era possibile autorganizzarsi e socializzare forme di lotta.

Parliamo al passato, perché venerdì scorso, verso ora di pranzo, questo spazio è stato sgomberato dalla polizia, proprio quando sembrava si fosse raggiunto un accordo con il proprietario. La polizia gli ha fatto credere che, all’interno del CSA, si stesse preparando un attentato contro Trump, in visita a Bruxelles il 24 e 25 maggio per il summit della Nato; qualora questo decisamente improbabile attentato ci fosse stato, il proprietario (l’Ambasciata del Ghana) sarebbe stato ritenuto responsabile. Non bisogna dimenticare che nella città in cui viviamo si vedono militari col fucile spianato in strada ininterrottamente da gennaio 2016 (attentato a Charlie Hebdo), nell’ambito di uno stato d’emergenza costante, invadente e sempre più considerato come normale e “necessario” agli occhi delle persone. In aggiunta a questo e per farvi capire il clima che si respira, in occasione della visita di Trump il governo statunitense ha chiesto ai sindaci dei comuni brussellesi dove passerà il convoglio presidenziale di fornire tutti i nominativi degli abitanti nel tragitto, cosa che è stata fatta senza alcuna esitazione.

Le 28 persone che hanno resistito allo sgombero del CSA senza opporre resistenza sono state arrestate, tenute per più di 12 ore in caserma (di cui 3 con le mani legate dietro la schiena) e accusate di “rébellion armée”. Non conosciamo bene la procedura penale belga, ma ci hanno fatto capire che la situazione per questi compagni e compagne non sarà facile e che avranno bisogno di tutto il sostegno possibile (ndr: tutti i fermati sono stati successivamente rilasciati).

Avere uno spazio autonomo rimane, oggi ancora di più, un’esigenza, e non sarà uno sgombero a frenare un percorso di riappropriazione collettiva e popolare degli spazi.

 

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