Carcere, ostriche e champagne, la vita a 5 stelle dei detenuti italiani
La permanenza in carcere di un detenuto costa all’amministrazione circa 137 euro al giorno, ma solo 20 euro vengono destinati al suo mantenimento (vitto alloggio e trattamento), il resto serve per coprire le spese della custodia e dell’amministrazione civile. La colazione costa all’erario €. 0,27, il pranzo €. 1,09, la cena €. 1,37, per un totale di €. 2,73, interamente rimborsati allo Stato dallo stesso detenuto. A queste si aggiungono le spese per il corredo, pari a €. 0,89 giornaliere, per un totale di €. 3,62. Gli altri 16 e rotti euro vanno per il trattamento. Quando la Francia della terza repubblica progettava il suo nuovo sistema penitenziario, il padre della sociologia Émile Durkheim dava consigli affinché le condizioni di vita del detenuto non si allontanassero molto dalla durezza spartana della vita di strada condotta da un normale clochard. È passato molto più di un secolo da allora, ma la mentalità dei funzionari della punizione dell’amministrazione penitenziaria non è cambiata
di Cesare Battisti, Carcere di Oristano, 30 luglio 2020 da Insorgenze
Essere perseguitato da un povero di spirito come Salvini mette più tristezza che rabbia. Tristezza per quelle persone, disgraziatamente troppe, che gioiscono delle abili bassezze di un uomo che, sfortunatamente per la Repubblica, siede tra i banchi del Senato. Tristezza ancora per l’ignoranza generalizzata circa le reali condizioni di vita del detenuto. Per gli scempi del giustizialismo ipocrita e degli scellerati che spopolano sugli schermi televisivi o sulle pagine di alcuni giornali nazionali. Si dovrebbe stare attenti alle parole che si dicono, parlano i saggi, perché esse uccidono. E allora non basterà più essere dal lato buono delle sbarre per ritenersi in salvo dal massacro. Ci pensino coloro che, anche se giustamente saturi di inganni e colmi d’insoddisfazione, trovano facile adottare il linguaggio improprio dei soliti sciacalli a caccia di voti. E’ triste constatare come sia diffusa l’espressione dell’hotel a 5 stelle per i detenuti: «lo ha detto la televisione, perbacco, deve essere vero». C’è da augurare a costoro di non avere la sfortuna di capitare in galera. Tempi tristi, dove le disinformazioni aggrediscono in tal modo da venire assorbite prima ancora che il senso critico abbia il tempo di reagire. Succede che non basta più lasciare il detenuto in carcere a marcire, bisogna anche togliergli il diritto di parola. Non si sa mai, potrebbe avere qualcosa di importante da esternare o un sentimento da esprimere. Gli si tappa la bocca e il cuore, mentre si lasciano blaterare coloro che del carcere ne hanno fatto una miniera d’oro.
Niente di nuovo a Ovest, la fabbrica di delinquenza c’è sempre stata, ed oggi produce a pieno ritmo. E chi si riempie le tasche sono spesso i primi a gridare al ladro. Non è una novità, lo dovremmo sapere tutti come vanno le cose nel paese dei faccendieri. Eppure sentiamo gente onesta che lavora, quelli da sempre ingannati dal potere, gridare al lupo insieme agli ingannatori. Che ne è della buona saggezza popolare? E’ finito il tempo in cui si diceva che quando tutti sono contro uno, vale la pena sentire le ragioni di chi è rimasto solo. Possibile che siamo entrati a marcia indietro nell’epoca in cui è d’obbligo prendersela sempre con i più sfigati? E’ così difficile da capire il perché anche un Papa è costretto a ricordarci che siamo tutti sulla stessa barca? Oppure queste parole perderebbero valore, se a ripeterle fosse il prossimo emigrante a morire in mare, o un detenuto condannato alla gogna popolare? Nel contempo, anche persone insospettabili si mettono a fare eco a falsi profeti che venderebbero il paese pur di restare in sella alla politica predatoria.
Ma torniamo alla questione carceraria, quella trasformata in laboratorio di raggiri da politicanti mascalzoni e mercanti di parole. Se non sono i richiami alla compassione, chissà che non siano i numeri ad essere ascoltati.
I dati che seguono sono del Decreto Ministeriale del 07 agosto 2015: un detenuto costa allo Stato circa €. 137,00 al giorno. Questa spesa però, non serve a coprire solamente le esigenze personali del detenuto. Oltre l’80% di questi €. 137,00 è destinato a spese per personale civile e polizia penitenziaria. Le spese inerenti ad ogni detenuto sono in pratica meno di €. 20,00. Questi venti euro dovrebbero coprire le spese di igiene, lavanderia, sanità, vitto, area trattamentale , corredo e una voce non ben specificata di mantenimento. Non abbiamo percentuali relative ad ognuna di queste voci, salvo per il vitto e il corredo, così ripartite: colazione €. 0,27, pranzo €. 1,09, cena €. 1,37, per un totale di €. 2,73, interamente rimborsati allo Stato dallo stesso detenuto. Per il corredo, risulterebbe una spesa di €. 0,89 al giorno, ci si chiede a cosa si riferisce questa voce poiché di vestiario dell’Amministrazione non c’è traccia. Gli €. 2,73 per il vitto giornaliero si commentano da soli, sono una vergogna. Senza contare il contorsionismo dell’Impresa rifornitrice e delle Amministrazioni locali per abbattere ancor più i costi, servendosi di prodotti spesso destinati ai rifiuti e, comunque, preparando meno della metà di pasti, sapendo che i detenuti si arrangeranno col solito piatto di pasta, comprato al sopravitto fornito dalla stessa impresa. I prezzi del quale sono notevolmente superiori alla media nazionale. Non si sa quanti di quei meno di €. 20,00 siano destinati all’igiene. Per dare un’idea, in questo carcere il detenuto riceve una volta al mese: quattro rotoli di carta igienica, una saponetta, uno straccio e un litro di disinfettante diluito. Ma veniamo alla voce che dovrebbe costituire l’asse portante, la missione (sic) per eccellenza di tutto il sistema penitenziario: l’area trattamentale. Abbiamo detto che degli €. 137,00 al giorno stanziati dallo Stato, solo meno di €. 20,00 sono destinati al detenuto. Ma quanti di questi quasi €. 20,00 sono destinati all’obiettivo imprescindibile di un sistema che si dice rieducativo? Non lo sa nessuno. Oppure, tutti i fattori che dovrebbero intervenire nella complessità del sistema di rieducazione e al reinserimento del detenuto nella società sono talmente sparsi e indefiniti da rendere impossibile un calcolo preciso. Faremo prima a dire che, salvo rari Istituti che si sono notoriamente distinti nel compimento della loro missione, l’area trattamentale nel carcere esiste appena sulla carta come forma di appannaggio. Il detenuto è lasciato in balia di se stesso o affidato alla Polizia Penitenziaria, il cui compito, non è colpa loro, è quello di sorvegliare e punire. Questo è solo un aspetto, il più ovvio della squallida situazione che regna nelle carceri italiane.
Abbandonati dalla società civile disinformata, vittime della vendetta e della incapacità dello Stato di amministrare giustizie e democrazia, i detenuti si ripiegano su se stessi per sopravvivere alla pena impietosa e agli improperi. Si organizzano tra loro, affinché anche i più sventurati abbiano di che sfamarsi e resistere alle deficienze del sistema. E alla corruzione generalizzata, che alimenta l’animosità di chi sta pagando per tutti ed è pubblicamente insultato. Il detenuto cerca riparo nei codici ancestrali, perché non gli è dato conoscere strumenti diversi per affrontare con dignità la vita. La popolazione detenuta soffre in silenzio, mentre i fabbricanti di opinione pubblica brandiscono figure terrificanti. Grandi nemici della società, dicono con la bava alla bocca, grazie ai quali si giustificherebbero anche le torture. Sono sempre gli stessi ad essere mostrati alla folla inferocita. Si amplifica il loro ruolo criminale dando fiato agli sciacalli di ogni colore, che hanno rimosso il tempo in cui banchettavano tutti assieme allo stesso tavolo.
Questo è il mondo marcio del detenuto, altro che hotel a cinque stelle! Dire che neanche le bestie sono trattate allo stesso modo sarebbe fare un torto all’orso M49 che proprio in questi giorni sta passando in mezzo alle forche umane.
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