Nel tempo del riscatto possibile – report Incontro Nazionale Universitario di Bologna
I fatti di Bologna ci indicano la necessità di riflettere insieme per darci delle prospettive condivise.
Il punto di partenza sta nell’individuare un agire politico che muova da ciò che significa vivere nella crisi, dall’essere giovani all’interno dello stato di cose esistenti e da una riflessione su come intravedere spazi possibili per dire che la nostra generazione ha bisogno di riscatto.
Ci muoviamo all’interno di un’università che è partecipe ed ha un ruolo centrale nei processi di trasformazione dei nostri territori con la conseguente esclusione delle fasce più basse, dirige i saperi inculcando sfruttamento e valorizzazione del capitale.
In questo quadro il piano della microvertenzialità si è dimostrato funzionale nel porre al centro una sfida che sia in grado di mettere in crisi il meccanismo di disciplinamento messo in campo dal sistema universitario post-Gelmini.
I fatti di Bologna dimostrano come si possa effettivamente riuscire a sedimentare e a verticalizzare a partire dalle movimentazioni dal basso, andando a scovare i “tornelli” in ogni città. L’investimento che abbiamo visto qui può e deve darsi in tutti i territori a partire dalle soggettività differenti che li animano, dalle specificità che li differenziano.
Riuscire a muoversi in questa direzione implica la necessità di ripartire dal lavoro quotidiano e dall’individuazione dei possibili punti di rottura da saper politicizzare e verticalizzare.
Un riscatto generazionale ha come primo passaggio la necessità di politicizzare il concetto di generazione, categoria da pensare non tanto come dato anagrafico quanto come contenitore vuoto che costituisce un terreno di contesa. È per questo che al concetto vacuo di generazione politicizzato dalle retoriche del potere e del renzismo, quella della precarietà, del lavoro gratuito, della mobilità, dell’ideologia del ”uno su mille ce la fa”, della meritocrazia e dell’esclusione, dobbiamo contrapporre quello reale di generazione ingovernabile, che ha voglia di riscatto e rivalsa dopo un decennio di crisi e sfruttamento.
Da qui la necessità di confrontarsi a livello nazionale sull’università perché, al di là delle specificità territoriali, è possibile e necessario individuare delle invarianze sul piano nazionale, guardando all’università come luogo strategico dove c’è la possibilità di produrre conflitto e contrapposizione al modello che ci impongono.
Pensiamo che sia opportuno ripartire e ritestare la sinergia tra città differenti già sperimentata il 16 febbraio e dunque a partire dai territori individuare e collocare le articolazioni specifiche che caratterizzano la controparte che da anni ci impone uno stato di precarietà tramite le istituzioni europee.
In quest’ottica, e verso le giornate che ci vedranno contestare i vertici dell’UE, il 22 marzo facciamo appello a tutte le realtà studentesche e universitarie a dare un segnale di unità generazionale mobilitandosi in ogni città contemporaneamente, individuando sul proprio territorio le contraddizioni e i meccanismi del disciplinamento e del controllo.
Anche per questo contesteremo i responsabili delle condizioni esistenti e ribadiremo che non siamo più disposti a subire politiche di speculazione e mercificazione delle nostre vite sia il 25 marzo a Roma, in occasione del sessantesimo anniversario della firma dei trattati di Roma, sia il 26 e 27 maggio a Taormina in occasione del G7.
I collettivi universitari e le realtà che hanno partecipato all’assemblea del 12 marzo a Bologna.
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