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Draghi ha chiamato McKinsey per riscrivere il Recovery: chi sono?

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Il governo dei migliori a quanto pare ha bisogno di appoggiarsi ad una società privata per riscrivere il Recovery. Una società controversa che nella sua storia è stata al centro di molte polemiche. La domanda prima, quasi impolitica che sorge spontanea è: che bisogno c’è di affidare un compito così delicato ad un’azienda privata di consulenza con base in USA e con parcelle di tutto riguardo?

Ma questo appunto è banalmente un discorso di logica, che sappiamo quanto sia ormai aliena alla politica italiana: il punto è piuttosto capire chi sono questi consulenti e cosa ci dice del governo Draghi questo genere di scelta.

McKinsey è una società nata nel 1926 e fa parte di quel mondo contradditorio della cosiddetta consulenza strategica, un mondo di cui è difficile rintracciare la vera funzione, piuttosto evanescente, ma di cui si è vista una perpetua crescita. Avete presente Mr Wolf di Pulp Fiction? Bene, questo genere di società vengono chiamate da aziende private o enti pubblici quando c’è un problema da risolvere e non sanno dove sbattere la testa.

Peccato che la casistica e vari scandali suggeriscano che le soluzioni proposte sono molto spesso ovvie (almeno secondo la logica di mercato di quel momento), mal confezionate e punto più importante solitamente inefficaci.

Lo scandalo più noto che ha coinvolto la McKinsey e di cui accennano anche i giornali italiani è stato il suo ruolo nella tragedia degli oppioidi che negli ultimi anni ha sconvolto gli Stati Uniti, cambiando la geografia sociale del paese e rovinando la vita di milioni di persone. Si consideri che negli USA nel 2017 il rischio di morire per overdose da oppioidi ha superato addirittura quello degli incidenti d’auto: 1 su 96 contro 1 su 103.

“McKinsey è stata infatti per 15 anni consulente della casa farmaceutica Purdue che commercializzava il farmaco OxyContin. Si stima che la dipendenza da questo medicinale abbia causato sinora la morte di 232mila persone. McKinsey ha suggerito tra l’altro di aumentare il dosaggio delle singole pillole per incrementare i guadagni e ha fornito indicazioni di marketing su come neutralizzare gli appelli contro la commercializzazione del medicinale delle madri di ragazzi morti per overdose di OxyContin” (Il Fatto Quotidiano). Il mese scorso l’azienda ha patteggiato una multa per 600 milioni di dollari per questo suo ruolo attivo nella crisi. E’ evidente che l’azienda fosse a conoscenza della conseguenza di questa strategia dato che è dagli anni novanta che si parla del ruolo nefasto di questi medicinali, ma i profitti “uber alles”.

Non solo: nel 2015 McKinsey ha firmato un grande contatto in Sud Africa con la Eskom, compagnia elettrica statale sull’orlo dell’insolvenza, incapace di gestire la rete elettrica nazionale in modo efficace. Il contratto aveva un valore potenziale di 700 milioni di dollari, peccato che fosse illegale, “una violazione del diritto contrattuale sudafricano, con alcuni dei pagamenti incanalati a un associato di una famiglia di origine indiana, i Gupta, al centro di un vorticoso scandalo di corruzione. Poi c’era la sontuosa dimensione di quel pagamento. Non ci voleva un laureato della Harvard Business School per spiegare perché i sudafricani potrebbero arrabbiarsi vedendo una ricca azienda americana portare via così tanti soldi pubblici in un paese con la peggiore disuguaglianza di reddito del mondo e un tasso di disoccupazione giovanile superiore al 50%. E un’amara ironia: mentre si supponeva che la paga di McKinsey fosse basata interamente sui suoi risultati, è tutt’altro che chiaro se la compagnia elettrica sotto pressione adesso stia meglio di prima. (NY Times)” Dunque nonostante la salata ed illegale parcella i risultati sono stati tutt’altro che rassicuranti.

Lo scandalo in Sud Africa aveva portato alla caduta del presidente Jacob Zuma ampiamente coinvolto nelle relazioni con la società ed i Gupta. I rapporti di McKinsey con governi autoritari e corrotti però non si fermano qui, infatti vanta un lungo rapporto con l’Arabia Saudita di Mohammed Bin Salman (quello del rinascimento renziano per intenderci).

L’azienda di consulenza strategica è riuscita a lavorare persino al fianco dell’ICE (Immigration and Customs Enforcement) durante la guerra all’immigrazione clandestina dell’ex presidente USA Trump. 20 milioni di dollari per consigliare misure brutali come la proposta tra l’altro di risparmiare sul cibo per i migranti e di inviarli in zone rurali del paese per minimizzare la spesa. Il contratto con l’ICE si è concluso qualche giorno dopo l’uscita di un’inchiesta giornalistica che ha svelato il contratto, mentre in tutto il mondo scorrevano le famigerate immagini dei bambini separati dalle proprie famiglie e chiusi nelle gabbie al confine.

Se questi tre recenti scandali hanno fatto in modo che i liberali statunitensi si chiedessero come avesse fatto McKinsey a smarrire la strada (mentre alle nostre latitudini si stracciano le vesti per difendere la scelta di Draghi), in realtà anche in passato sono stati molti i fallimenti e le operazioni dubbie in cui è stata coinvolta la società.

Nel crack di Enron, azienda energetica statunitense, del 2002 i consulenti di McKinsey hanno avuto un ruolo importante suggerendone la transizione da colosso delle vendite a gruppo di speculazione sui prezzi dell’energia. Il fallimento lasciò ventimila persone per strada e senza pensione.

Anche nel fallimento della società ferroviaria inglese Railtrack pare che ci sia lo zampino di questi Mr Wolf al contrario, l’azienda si ridusse al collasso dopo una serie di incidenti, imputati ai consigli della McKinsey di ridurre le spese sulle infrastrutture per destinare i risparmi di spesa agli azionisti. Tra le altre aziende in crisi che si sono avvalsi di consulenze dalla dubbia efficacia ci sono Swissair, Sabena, GM e Ford.

Da notare infine come anche la Francia di Macron si è avvalsa dei servizi della società negli ultimi tempi, in questo caso per quanto riguarda la campagna vaccinale, con risultati tutt’altro che prosperi, come riporta TPI.

I consulenti della società sono stati spesso protagonisti del fenomeno delle “porte girevoli” andando ad occupare ruoli in altre aziende o in enti pubblici. Per intendersi Vittorio Colao neoministro del governo Draghi per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale è un illustre ex della McKinsey. Tra gli altri italiani vi è Alessandro Profumo, ex Unicredit, ex Monte dei Paschi ed attualmente a capo di Leonardo, l’azienda partecipata dallo Stato che opera nei settori di difesa, aerospazio, sicurezza (cyber e non) e che ha appena visto l’approdo di Marco Minniti tra le sue fila.

Poi abbiamo Corrado Passera, ex ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti per il governo Monti, Francesco Caio, ex direttore generale di Poste Italiane e presidente di Alitalia ITA, Fulvio Conti con alle spalle una carriera in Enel e Telecom Italia, Paolo Scaroni, anche lui ex Enel e pure Eni, e non manca più nessuno…

Alcuni di loro sono stati protagonisti di vicende giudiziarie e scandali ben noti che sarebbe estremamente lungo e noioso elencare in questo articolo.

Sicuramente fa specie notare come mentre nel resto del mondo la McKinsey sta vivendo una dura crisi d’immagine, in Italia il governo dei “competenti” la ingaggia per riscrivere il piano che determinerà le politiche dei prossimi anni e i giornali trattino la questione come un fatto minore mentre i vari lacchè del libero mercato difendono apertamente la scelta.

Il governo si difende affermando che la governance del piano rimarrà fermamente nelle mani dei ministri, ma questo rassicura ben poco considerando tutte le connessioni dirette e indirette che sussistono tra le elites del nostro paese e la società di consulenza. Probabilmente a preoccupare di più dovrebbe essere proprio il fatto che la McKinsey sia stata chiamata a realizzare le volontà di queste elites. Mentre per l’ennesima volta i commentatori politici asserviti provano a tecnicizzare una scelta politica diventa sempre più chiaro il ruolo del governo Draghi. Si tratta di estromettere dal comando ogni anomalia ad una piena politica economica di mercato consegnando volentieri le chiavi della macchina a tecnici e aziende private ed esautorando completamente la volontà popolare da ogni scelta sul proprio futuro.  

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