I padroni sono viziati
Guardate questa foto. Premessa: quello davanti con il cartello non è “un cinese”. E’ un padrone. Precisamente della Tintoria Fada, una delle più grandi di Prato.
Sessanta operai, che lavorano 12 ore al giorno per sette giorni alla settimana per 1200 euro. Quelli dietro non sono “dei pakistani”. Sono degli operai e stanno scioperando dopo anni di sfruttamento e prepotenze padronali.
La Tintoria Fada è vicina alla DL. Qualche settimana fa, dopo sedici giorni di sciopero, i lavoratori sconfiggevano la schiavitù e imponevano una vittoria storica: contratti regolari, otto ore, due giorni di riposo settimanali, ferie e malattie pagate. Fino al giorno prima, a Prato, era opinione diffusa che “cambiare le cose in quei posti” fosse impossibile. E poi gli operai l’hanno fatta diventare possibile. E la possibilità del riscatto è arrivata anche al cancello accanto. Da qui arriva lo sciopero a Fada, dopo quello del giorno prima in una vicina fabbrica di grucce. Lo sciopero è un virus che sta contagiando il tessile pratese. E i padroni hanno paura.
Come lui. Che ha preso cartone e pennarello per andare a inscenare il ruolo della vittima davanti a giornalisti e telecamere. Ah, i giornalisti. Non vedevano l’ora. I titoli e i servizi oggi sono tutti per lui. Poco importa se le stesse telecamere hanno avuto modo, poco dopo lo scatto di questa foto, di riprendere le violenze con cui la polizia ha sgomberato il picchetto operaio. Ma non sono loro, nemmeno oggi, la notizia da raccontare. Non sono le braccia rotte, gli operai senza coscienza portati via in ambulanza. Non sono le loro storie, che li hanno portati a scegliere lo sciopero. E’ il padrone con il suo cartello la tragicomica storia di “disperazione” da raccontare al lettore. Il padrone è disperato, chiede aiuto alle istituzioni. Il suo diritto di fare impresa è calpestato dallo sciopero. Una vergogna. E infatti ci penseranno circa 40 poliziotti a ristabilire l’ordine di lì a poco. Usando la forza contro gli operai, ovviamente. Quando i padroni chiamano, la polizia risponde. E veloce.
Questa foto è importante perché spiega come funzionano i media. E i media ci spiegano come funziona la società in cui viviamo. La “protesta” di un padrone (uno) con il suo cartello (uno) va in prima pagina. La sua impresa per circa due ore non ha prodotto, non ha macinato cash. E’ questo suo grido di disperazione che conta più delle sofferenze operaie che si protraggono per anni e anni, nel silenzio e nell’invisibilità. Senza voce. E per riprendersi la voce, agli operai, non basta un cartello. Devono essere tanti, uniti, ed essere anche disposti a rischiare qualcosa. E’ più difficile. Ma lo stanno facendo, come alla Tintoria Fada e prima alla DL.
“COBAS COMANDA PRATO. AIUTO ISTITUZIONI”. I padroni sono viziati. Anni passati a sfruttare gli operai come si sfruttano animali da soma. E poi lo sciopero, che a un certo punto rivela un fatto banale: senza gli operai, la fabbrica non funziona. Niente soldi, niente potere. Il giorno, durante lo sciopero alla fabbrica di grucce, lo sciopero è stato accolto dal padrone e i suoi capi reparto con un lancio di pietre e spazzatura. Lo sciopero per il padrone è diventato come il momento in cui a un bambino si rompe il giocattolo preferito, non lo accetta, si dimena, fa i capricci, impazzisce. Il loro gioco si chiama sfruttamento illimitato, possibilità di arricchirsi spremendo gli operai.
Ovviamente non è vero che i COBAS comandano Prato. Ma il padrone con il cartello in realtà non è del tutto impazzito: lui non comanda più. Non più come prima. Perché quelli dietro nella fotografia non sono più i suoi schiavi. Non lo temono. E il suo potere, senza la loro paura, presto diventerà niente.
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