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Il cuneo del reddito nel cerchio gialloverde

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È opinione diffusa in questi primi mesi di governo gialloverde che in un tempo piuttosto breve si manifesteranno le contraddizioni profonde tra le due componenti dell’esecutivo. Queste contraddizioni si possono descrivere con le difficoltà future nell’affrontare in maniera comune, figuriamoci a risolvere, le problematiche che realmente stanno a cuore alla popolazione e su cui il governo misurerà la propria tenuta. Ovvero quelle relative alla situazione economica.

Del resto le elezioni sono state vinte su flat tax, reddito di cittadinanza e riforma Fornero: hic Rhodus hic salta. Il tema delle migrazioni sarebbe da questo punto di vista destinato a svanire come importanza sul lungo periodo, dato che la foglia di fico della ’emergenza sbarchi’ sarebbe crollata insieme alle promesse elettorali al momento della prima bozza legge finanziaria. È una posizione che a nostro avviso va discussa e messa a critica affinché non porti ad un sostanziale immobilismo.

Al momento non possiamo infatti fare a meno di rilevare come non si sia ancora incrinato minimanente il consenso nei confronti dell’esecutivo da parte dell’ampio blocco sociale che lo ha portato alla vittoria. La cosa non cambierà realisticamente in un tempo molto breve. La ragione è che i disastri precedenti hanno lasciato un segno profondo: i fischi di Genova ai funerali per la tragedia del Morandi sono la manifestazione plastica dell’insofferenza e dell’odio associati al PD e agli esponenti del vecchio establishment, giustamente ritenuti responsabili delle politiche che hanno portato al disastro ligure.

La luna di miele con il ‘governo del cambiamento’ è ancora in corso, e i dati sulla percezione dell’emergenza migratoria la dicono lunga dell’importanza che il tema avrà anche nel medio periodo nel determinare le percezioni sociali. Non possiamo dunque aspettarci alcuna ripresa da parte delle ‘opposizioni’ che possa colpire il governo, sia in Parlamento che nelle piazze dell’associazionismo benpensante piddino.

Al momento l’unico scontro sembra essere quello interno tra poteri con l’inchiesta aperta dalla Magistratura sul caso Diciotti. Su questo va tenuto bene il punto: la magistratura non è e mai sarà alleata anche solo tattica dei movimenti. La sua azione, che realisticamente porterà a poco o niente, va tenuta separata in tutto e per tutto dal campo del conflitto sociale, che deve procedere nel delineare una nemicita’ capace di espungere dalla partita non solo il razzismo sfacciato gialloverde, ma anche il ritorno in gioco dei partiti della stabilità come il Partito Democratico con il suo arsenale di giudici e finanzieri. Con cui oggi come oggi è inaccettabile scendere in piazza, regalando una verginità in nome del frontismo democratico anti-Salvini che altro non fa che favorire il radicamento del leader leghista.

Il governo sembra insomma francamente molto stabile. Salvini, nonostante il passo falso sulla Diciotti registrato grazie anche alla determinazione e all’antirazzismo di classe dei manifestanti di Catania, ha buon gioco visti i sondaggi a ricattare di Maio sulla questione immigrazione, che i CinqueStelle non sembrano più gradire come elemento baricentrale dell’azione di governo. Il ministro del Lavoro è portato dai sondaggi che lo darebbero sconfitto in caso di nuove elezioni a una pratica di servilismo a Salvini, in un’ennesima manifestazione dell’opportunismo senza precedenti che ha dimostrato nell’affermare tutto e il contrario di tutto senza moralità alcuna (altro che lotta alla Kasta!)

È dunque interesse di DiMaio che il governo regga, ma i CinqueStelle hanno un grande problema. Ovvero lo scenario economico a venire, con una fuga di capitali imponente dall’Italia che fa prefigurare una serie di movimenti speculativi contro lo Stato. La fine del quantitative easing della Bce porterà nel prossimo futuro ad una grossa difficoltà nel finanziare il debito pubblico, preoccupando il governo che infatti ha lo sguardo rivolto verso la Cina dove il ministro dell’economia è ora in viaggio a mendicare quattrini. La situazione economica sembra intendere che le roboanti promesse elettorali si ridurranno probabilmente a piccole mancette, se non a sostanziosi tagli.

Realisticamente, il problema verrà scagliato dal governo nei confronti dei diktat assassini dell’unione europea, costruendo l’ennesimo nemico pubblico a sostegno del proprio immobilismo. Come riuscire a costruire opposizione al finto scontro tra governo ed Ue, tutto elettorale,diventerà allora cruciale. Rompere la tenaglia discorsiva tra ritorno alla sovranità e tecnocrazia liberista europea si prepara come la battaglia cruciale. Salvini, reduce non a caso dall’incontro con Orban, e Di Maio sembrano infatti voler un po’ più in là, al maggio 2019 di elezioni europee. È lì lo scontro cruciale per i due partiti, dove riuscire a guadagnare campo, o chissà una incredibile vittoria, per l’opzione sovranista di Orban, Kurz, LePen e Salvini, e dove proporsi come elemento di innovazione sistemica e rottamatore dei vecchi partiti, simbolo dell’austerita’ europeista degli ultimi 5 anni, per quanto riguarda Di Maio.

Per quanto ci riguarda, il dibattito sulla legge finanziaria potrebbe allora essere il primo momento in cui il governo può andare in difficoltà nella sua tenuta, di fronte al misurabile iato tra quanto promesso e quanto verrà effettivamente fatto. Forzare il tema del reddito, allargare le contraddizioni interne all’esecutivo in campo economico è all’ordine del giorno per i movimenti. Ma pure la scadenza europea avrà senza dubbio un peso sui mesi a venire di politica interna, e i due temi, legandosi tra loro, ci chiameranno in causa nelle piazze.

In tutta la UE la campagna elettorale si farà cercando di polarizzare il corpo elettorale sul tema migranti, in modo da ottenere una possibile maggioranza di forze anti immigrazione che tuttora non è però scontata, nonostante i fatti di Chemnitz fanno percepire una brutta aria in un paese decisivo a livello numerico di seggi come la Germania. L’estrema destra, di piazza e in doppio petto, è pronta con passerelle e comizi, se non con cortei, a mettersi in marcia in tutta Europa. E il febbraio antifascista appena passato potrebbe ripetersi con scala ancora maggiore, da noi come altrove..bisognerà farsi trovare pronti.

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