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Istat, popolazione sempre più vecchia tra emigrazioni e calo delle nascite

Secondo i dati dell’Istat, infatti, la popolazione italiana è diminuita al primo gennaio 2017 di 86 mila unità rispetto all’anno precedente. La natalità, infatti continua a diminuire passando da 486 mila nascite del 2015 a 474 mila del 2016.

Per il sesto anno consecutivo il numero medio di figli per donna è in calo, si assesta all’1,34 mentre l’età media al parto è di 31 anni. La media è innalzata dalle donne straniere, 1,95 figli, ma comunque rimane un dato abbastanza basso rispetto al resto d’Europa. Questa contrazione delle nascite sia da parte delle donne straniere che di quelle italiane riguarda l’invecchiamento della popolazione che, secondo l’Istat, interessa anche la popolazione straniera. In pratica la minore presenza rispetto al passato di donne in età feconda provoca un abbassamento della natalità. Si produce in sostanza un circolo vizioso che riguarda l’andamento delle nascite del paese. Non a caso la piramide demografica risulta essere rovesciata con una base ampia che individua nei 44 anni l’età media della popolazione. Le poche nascite hanno provocato nel tempo una diminuzione delle donne che possono fare figli. Ma l’abbassamento della natalità per il sesto consecutivo, dimostra comunque una diminuzione delle possibilità delle donne di scegliere se fare o meno dei figli. Non è un caso che nonostante i luoghi comuni sulle nascite nei luoghi più pioveri del paese, il tasso di natalità è minore al Sud mentre è più alto nelle regioni del Nord del paese

Allo stesso modo il saldo migratorio ovvero il numero degli iscritti e il numero dei cancellati dai registri anagrafici è positivo. Sono entrati nel nostro paese più stranieri rispetto agli anni passati ma si rileva un saldo negativo rispetto al 2015 di 115 mila unità che hanno lasciato il nostro paese per trasferirsi all’estero. Sempre più italiani, in particolare tra i giovani, lasciano il nostro paese in maniera stabile. Tra i numeri forniti dall’Istat non si contano coloro che non cambiano residenza, perciò parliamo di cifre molto più alte di Italiani che si trasferiscono all’estero Se quindi correliamo l’abbassamento della natalità con l’aumento della emigrazione giovanile nei paesi esteri le prospettive dei prossimi anni non sono sicuramente delle più floride dal punto di vista demografico. Non in tutte le regioni però la popolazione diminunisce. L’abbassamento dei residenti si registra in maniera più accentuata al Sud mentre aumenta la popolazione nelle metropoli in particolare nel Lazio e nella Lombardia e nella provincia di Trento e Bolzano dove la qualità della vita è molto più alta che nel resto d’Italia.

Rimane, inoltre, una forte propensione all’emigrazione di tipo interregionale. Continua la forte emigrazione della popolazione meridionale verso il Nord e appunto le metropoli. In “Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia la perdita netta di residenti per migrazioni interregionali è maggiore del contributo positivo delle migrazioni con l’estero”. Il numero di stranieri che si sono trasferiti in Italia sono aumentati di 293 mila unità ma comunque non basta per compensare la diminuzione delle nascite e gli squilibri all’interno della maggior parte delle regioni che rilevano un aumento della emigrazione interna e verso l’estero. La percezione della presenza straniera in Italia supera il 20% ma i numeri ci dicono che nel nostro paese solo l’8% della popolazione è straniera. Importante sottolineare che la maggior parte delle acquisizioni di cittadinanza italiana riguardano giovani per i quali “il cambio di cittadinanza avviene senza che gli interessati abbiano mai vissuto alcuna esperienza migratoria”. In pratica, parliamo di migranti di seconda generazione che hanno ottenuto la cittadinanza nelle regioni del Nord dove c’è una presenza straniera più “stabile e radicata”.

I dati dell’Istat ci parlano quindi di un paese demograficamente in crisi che ci aiutano a leggere le politiche e le riforme dell’ultimo decennio in maniera negativa. Il flusso di persone che ogni anno lascia il nostro paese, la bassa natalità e la emigrazione interna denotano una qualità della vita insostenibile. I tagli al welfare e l’abbassamento del costo del lavoro spingono migliaia di giovani ad emigrare. Inoltre, campagne come “Fertility day” del Ministro Lorenzin o l’attacco sempre più importante al diritto all’aborto si inseriscono nel tentativo di orientare le donne verso la gravidanza nonostante le condizioni economiche in cui versano. Campagne e riforme che non mirano alla libertà di scelta che si da attraverso l’aumento delle opportunità ma mirano all’aumento del controllo per imporre una messa a lavoro a qualsiasi condizione. Questi numeri demografici delineano un modello di paese, al di la di ogni retorica, che si basa sull’aumento dello sfruttamento di chi arriva dall’estero e di chi rimane, un contenimento del conflitto grazie alle valvole di sfogo rappresentate da una grossa fetta della popolazione giovanile che emigra all’estero o tra le regioni. Un equilibrio precario che scricchiola continuamente sotto i piedi di una classe dirigente sempre più in crisi.

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