La acampada di Lisbona
Nel primo «manifesto do Rossio» – un documento in continua elaborazione -, tra le altre cose, si legge: «Siamo cittadini e cittadine, uomini e donne, lavoratori e lavoratrici, migranti, studenti, disoccupati, pensionati, uniti dall’indignazione per una situazione politica e sociale soffocante che rifiutiamo di accettare come inevitabile». E ancora: «Non siamo contro la politica, ma non rappresentiamo nessun partito né sindacato».
I giovani sono la maggioranza. Vedono il loro futuro diventare sempre più incerto. Da più di un anno il governo socialista ha intrapreso una politica di austerità, con tagli alla spesa sociale e aumento delle tasse. Intanto, Fmi, Bce e Ue hanno programmato ulteriori aumenti alle tasse e tagli alle pensioni. Una vera e propria macelleria sociale su uno dei paesi più poveri d’Europa. A una settimana dalle elezioni politiche pochi si fanno illusioni. Ma tra di loro c’è anche un’altra generazione: quelli che hanno vissuto il 25 aprile 1974, la Rivoluzione dei Garofani che ha abbattuto la dittatura, e qui ne hanno ritrovato lo spirito. Quasi tutti lavorano durante il giorno e riescono a venire solamente alla sera.
Tutti i giorni alle 19 ci si riunisce in Rossio per la «assembleia popular». Si discute di tutto, dei problemi logistici, di cosa vuol dire democrazia, della primavera araba e di quella che sarà, forse, la primavera europea. Tutti hanno diritto di parola e ogni proposta viene discussa, a lungo, e votata. Ci sono gruppi di lavoro per portare proposte concrete: un gruppo di studio sulle rivolte arabe, un gruppo di studio sull’agricoltura e il territorio, sulla condizione della donna nel Portogallo e nei paesi lusofoni, sulle condizioni dei migranti, e tanti altri. E le proposte arrivano: una modifica della Costituzione per dare ai cittadini la possibilità di revocare il mandato parlamentare ai deputati, un referendum per chiedere ai portoghesi se vogliono rifiutarsi di pagare il debito pubblico.
Non mancano gli interventi accesi. Quali sono le priorità del movimento? Prima l’opposizione al Fondo monetario o la richiesta di democrazia? Si può distinguere tra le due cose? Quale il rapporto con l’informazione ufficiale? La televisione puntualmente mostra immagini di repertorio, la piazza occupata solo dai turisti. Quanto può durare l’acampada? E dopo? . Lo stesso accade al nord, a Coimbra e a Oporto, altro piazze occupate, altre assemblee, altre discussioni. Ogni piazza ha scritto un proprio manifesto. Volontari fanno la spola tra le città, si scambiano idee, si cerca di stabilire una connessione internet stabile per mostrare le altre assemblee in streaming.
Proprio l’altro giorno gli occupanti hanno assistito con orrore a un video che mostrava le violenze subite dagli ‘indignados’ in Praça Catalunha e il tentativo di sgombero «per motivi di igiene». L’assemblea ha deciso di portare scope e ramazze alla manifestazione di sabato al grido di «vamos limpar as ruas!» [puliamo le strade!]. Un gesto simbolico e ironico, per portare la solidarietà agli indignados e ribadire che gli unici problemi di igiene vengono da un sistema economico marcio.
Sabato, quando il corteo dei manifestanti è arrivato in Rossio è stato accolto da un boato da chi era rimasto a presidiare la piazza. Un fiume di persone ha circondato la piazza. Le mani alzate perché il movimento è non violento, slogan contro la Fmi, Bce e Ue e il governo si mischiano a canzoni che richiamano il «25 de Abril», e qualcuno intona Bella ciao senza saperne le parole. Un minuto di silenzio per solidarietà con la ‘acampada de Barcelona’ e per ricordare tutte le vittime di un sistema di oppressione violento e brutale.
E dopo la manifestazione ci si riunisce tutti a discutere, instancabili, qualche tendone a riparare dalla pioggia o dal sole che si alternano per tutto il pomeriggio. Interventi di pochi minuti, spontanei o preparati. «Abbiamo Wi-Fi e un pannello solare, chi si occupa della vigilanza stasera?». «In cucina troppe ragazze e pochi ragazzi…». Chi parla è portoghese, brasiliano, caboverdiano. I ragazzi e le ragazze venuti dalla Spagna fanno i loro interventi in portignol, come viene chiamato quel misto tra portoghese e spangolo che è lingua franca tra i due paesi. E alla fine si vota: l’acampada continuerà anche stanotte. «Isto é só o princípio!».
Michele Cirafici per Carta
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