La morte di un venditore ambulante scatena le proteste in Marocco
Mentre nel nord del Marocco continuano le proteste di massa, con migliaia di persone in piazza nella città di Al Hoceima, nel resto del Marocco le manifestazioni di protesta non hanno avuto la stessa importanza di ieri. Mentre a Rabat la manifestazione davanti al parlamento contava poche centinaia di persone, non ci sono notizie riguardo ad altre città. A Rabat ad ogni modo, dopo un’assemblea aperta in cui si sono susseguite le proposte, si è deciso di darsi nuovamente appuntamento oggi (Martedì) alle 19 e si è rilanciata una mobilitazione nella giornata di domenica. Lo spontaneismo che ha caratterizzato la piazza di ieri, nonostante una partecipazione più ristretta e “militante”, ha continuato ad esprimersi.
È quindi Al Hoceima, dove ieri hanno avuto luogo pesanti scontri con la polizia, con una decina tra volanti e camionette rovesciati o dati alle fiamme, che il processo di mobilitazione non sembra affatto volersi arrestare. Era dal 2011 che non si verificavano simili episodi, sebbene la repressione non abbia mai tardato a reprimere diverse manifestazioni di dissenso nel corso degli ultimi anni. È quindi ancora una volta la provincia al centro della protesta, e come qui si evolverà la situazione non potrà che essere determinante per il futuro della mobilitazione in tutto il paese. Al Hoceima si trova in una regione lontana dal centro economico e politico del paese, sulla costa del Mar Mediterraneo, popolata soprattutto da Amazir (che non sono i berberi) e che è stata per anni, come tutte le zone a maggioranza Amazir, luogo di un’opposizione costante e mai pacificata del tutto con il potere centrale. Sebbene l’elemento etnico non sia stato la causa scatenante di questa serie di proteste, non può essere ignorata, in questa area, la presenza di una contrapposizione storica agli apparati repressivi dello stato. Ad ogni modo non è emersa nel corso di queste giornate la presenza forte di organizzazioni, questo non può non avere influito sull’assenza di informazioni (e coordinamento) sulla situazione nelle altre città o di una serie di rivendicazioni chiare da parte dei manifestanti, se non quanto scandito dagli slogan “Libertà, Dignità, Giustizia Sociale”
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Rabat, Casablanca, Marrakesh. In più di venti città del Marocco é scoppiata la protesta. In queste ore vediamo migliaia di persone nelle piazze di Casablanca, forse piú di cinquemila, ma é dal pomeriggio che le piazze e le strade hanno cominciato a movimentarsi. Era dal 2011 che non si vedevano manifestazioni di queste proporzioni in Marocco. É la risposta ad uno degli atti piú vergognosi tra i tanti soprusi quotidiani a cui la polizia ha abituato i sudditi della monarchia. Un gesto atroce, troppo atroce per non avere conseguenze. Un venditore ambulante di 31 anni, Mohcine Fikri , pescivendolo di Al Hoceima, cittadina nel nord del Marocco, é stato ucciso, fatto a pezzi, da un ufficiale di polizia. Impossibile non pensare a Mohamed Bouazizi, il carrettiere tunisino, che con la propria immolazione diede il via alle proteste che incendiarono il mondo arabo nel 2011.
I fatti, documentati da vari video, sono i seguenti.
Sulla strada, come sempre, come migliaia di persone in tutte le strade del Nord Africa, i venditori ambulanti vendono le proprie merci.. É una scena normale e comune, perfino nei depliant turistici tramite cui immaginiamo il Marocco, un mercato di strada dove ogni giorno si compra e si vende di tutto. Ad un certo punto, come tante altre volte, arriva la polizia. Non avete l’autorizzazione.. E cominciano a gettare i carretti dei venditori ambulanti nel camion dei rifiuti. I mezzi di sussistenza di famiglie intere vengono prese di forza e gettate nel tritarifiuti. Alcuni di loro cercano di salvare le proprie cose. Nei video si vedono alcune persone sopra il camion che cercano di opporsi. Uno di loro si butta nell’immondizia per salvare il proprio carro. Il tritarifiuti entra in azione.
Sui fatti ovviamente ci sono versioni contrastanti. La polizia smentisce di essere coinvolta nell’uccisione, ma la versione non convince, non convince chi é abituato ai soprusi della polizia, agli assassini politici sotto copertura, alle ritorsioni violente verso chi non accetta di pagare la polizia.
Lo stato è mafioso! Urla la folla. Perché qui lo sanno tutti come funziona il controllo della polizia. Come sia normale dover pagare per non avere problemi, come sia normale e quotidiana la corruzione, come sia normale finire in carcere senza una ragione, grazie ad una polizia che agisce quotidianamente su commissione, in contanti, e protegge la propria clientela, i propri amici, le proprie famiglie. Una presenza intimidatoria, che agisce con modalità e retoriche mafiose, che controlla il territorio, con violenza. É una macchina, giustificata da una criminalità di strada effettivamente diffusa, che agisce a volto scoperto, e nell’ombra, potendo contare su migliaia di informatori. La stessa macchina che i media europei lodano per essere la più efficace nella lotta al terrorismo.
Ma Venerdì qualcosa è andato storto. Hanno passato il segno, è esplosa una rabbia che ha invaso le piazze. Domenica, davanti al parlamento di Rabat, la folla urla Libertà, Dignità, Giustizia Sociale.
La mobilitazione, lanciata tramite i social network, si è caratterizzata fin da subito per un carattere spontaneo, e la sua composizone sociale difficile da delineare. Ciononostante non è stata segnalata alcuna repressione diretta da parte della polizia e il tutto è proseguito in maniera pacifica. Il Re in persona ha incaricato il Ministero della Giustizia di assicurare una posizione esemplare nel caso non venga accertata la responsabilità per quanto accaduto. Ci sono gli attivisti del movimento 20 febbraio, ma anche molti che non avevano mai preso parte a manifestazioni negli ultimi anni, e alcuni partiti dell’arco istituzionale hanno dichiarato il proprio supporto. Si vedono le bandiere del movimento 20 Febbraio, nato dopo le proteste del 2011, la bandiera Amazir, la bandiera del Marocco.
Anche l’anno scorso, in seguito alla privatizzazione di settori consistenti del settore pubblico, educazione, sanità, energia ed acqua, si erano viste mobilitazioni capaci di coinvolgere migliaia di persone, ma la mobilitazione attuale ha già superato i numeri dell’anno scorso ed è appena cominciata. Sarebbe quindi impossibile provare a fare una somma di quanto accaduto negli ultimi cinque anni in Marocco, e nel mondo Arabo, senza tenere in conto il rapporto tra la povertà delle classi popolari e la polizia. Certo, anche tenendolo in conto, sembra impossibile, considerando la complessità dei fattori che si intrecciano dall’altra parte del mediterraneo. Quello che è certo è che, dopo anni, e ancora una volta in seguito alla violenza della polizia, le piazze sono tornate a gridare la propria rabbia.
Mentre a Casablanca le manifestazioni continuano, in altre città le piazze si sono date appuntamento domani.(oggi per chi legge, ndr)
Qui un video della manifestazione del 29 ottobre a Rabat.
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