La ‘pericolosità sociale’ ai tempi della diffida
Durante l’incontro di oggi gli ultras hanno replicato nuovamente, punto per punto, alle accuse mosse loro successivamente dalla Questura di Brescia (clicca qui per le accuse), e in particolare dal vicequestore dott.Emanuele Ricifari, a cui oggi gli ultras hanno fatto una promessa: “se non correggerà le sue affermazioni ristabililendo la verità e la nostra dignità, valuteremo se querelarlo per diffamazione”.
Altre accuse fantasiose ora “colorano” le motivazioni delle diffide consegnate in queste settimane, con l’impossibilità di avvicinarsi a manifestazioni sportive per un periodo di tempo praticamente doppio rispetto a quanto inizialmente ipotizzato: si va da un anno di Daspo, il Divieto di Accedere alle manifestazioni Sportive, (senza obbligo di firma) ad addirittura tre anni di diffida con l’obbligo di una doppia firma in caserma in occasione di ogni partita del Brescia calcio. Nelle motivazioni di questi provvedimenti repressivi, immediatamente esecutivi, non si fa infatti riferimento ad alcun fatto specifico (non) accaduto a Sarzana, ma a una supposta “pericolosità sociale” di fondo dei presenti sul pullman e al fatto che portassero indosso felpe, sciarpe e cappelli con simboli dello stesso gruppo ultras. Di più: nonostante siano stati intercettati mentre erano fermi in un’area di sosta in via XXV Aprile a Sarzana, con il pullman girato in direzione Toscana, a loro è stata addebitata la volontà di andare a La Spezia (cioè a 25 chilometri di distanza, in direzione opposta), allo stadio e persino (l’ipotesi dell’ipotesi dell’ipotesi…) a provocare incidenti.
La tesi è piuttosto chiara: sei un ultras, ti muovi in gruppo e non da “cane sciolto”, rivendichi il diritto a fare aggregazione in forma pubblica e collettiva. Ergo, sei un criminale.
Soprattutto, questo “modus operandi”, quella della “preveggenza” di ipotetiche ipotesi di reato, che diventa un precedente pericoloso per andare a limitare la libertà personale e l’agibilità sociale e politica anche in altri settori della società: un’idea, quella dello stadio come laboratorio tanto di tattiche e strumenti repressivi (gas Cs su tutti) quanto di provvedimenti amministrativi e paralegali (le diffide), che le realtà di movimento conoscono bene, a partire dall’uso spensierato che negli ultimi anni è stato fatto nelle piazze e nelle città di provvedimenti come fogli di via, obblighi di dimora e via discorrendo.
Contro le diffide gli ultras annunciano quindi ricorso, sottolineando però un altro aspetto ben noto da tempo anche alle realtà di movimento, anche a Brescia, come dimostra la recente vicenda di Emanuele. Ossia che anche la giustizia, in Italia, ha il sapore classista del conto in banca: “per fare 36 ricorsi al Tar – dicono gli ultras – contro un provvedimento surreale e fuori da ogni logica dovremo sborsare a testa 750 euro. Questo vuol dire che solo il primo grado ci costerà 27MILA EURO. Soldi che, al momento, ovviamente non abbiamo”.
Il primo ampio intervento introduttivo di Diego, portavoce Brescia 1911:
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Una domanda sulla “pericolosità sociale” fatta dai giornalisti e la risposta degli ultras:
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Un’altra domanda, con risposta, sullo stadio come laboratorio di repressione poi da esportare anche al di fuori dell’ambito sportivo:
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Un intervento sulla libertà di circolazione:
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L’intervento di Alessandro, esponente del MoVimento 5 Stelle, unica forza politica che ha voluto rispondere all’appello solidale lanciato dagli ultras a istituzioni e partiti politici locali:
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Qui sotto, invece, l’intero file audio della conferenza stampa:
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