Le condanne del 15 ottobre e l’impellenza di reagire
Ieri 24 maggio, si è concluso l’ultimo grado di giudizio per i fatti del 15 ottobre 2011.
A distanza di 11 anni e mezzo dalla manifestazione oceanica che invase le vie di Roma, lo Stato e i suoi tribunali hanno confermato a 6 compagn* pene che vanno dai 5 anni e 4 mesi ai 6 anni e 6 mesi.
Come documentiamo da anni, questo processo “politico” si è sviluppato in diversi filoni volti a differenziare la natura dei reati, con alcuni compagni e compagne ai quali è stata affibbiata la premeditazione degli scontri e della resistenza che impedì alle forze dell’ordine l’agibilità di movimento nell’intero quadrante intorno Piazza San Giovanni.
Il 15 ottobre è stato il momento di precipitazione di una stagione di mobilitazioni contro la crisi e il costante impoverimento scaturito da essa. Una manifestazione che nessun soggetto politico era in grado di controllare o gestire nella quale la rabbia di 200 mila persone ha messo in atto una giornata vivace e di riscatto collettivo.
Giornate come questa e come il 14 dicembre hanno segnato un punto di non ritorno non solo per chi le ha vissute con il sogno di sfidare il presente ma anche per l’apparato repressivo che con questo processo ricorda che in questo paese “democratico” non c’è spazio per un dissenso che radicalizzi le istanze di chi sta in basso nella catena alimentare capitalista.
Ieri a Roma, centinaia si sono riuniti davanti al “palazzaccio” della cassazione che ha confermato le pesanti condanne comminate in secondo grado.
Domani più che mai il nostro compito sarà quello di continuare a sostenere coloro che pagano il prezzo per la rivolta di tutt*, pretendendo la liberazione di chi è divenuto capro espiatorio da dare in pasto alla stampa.
Oggi a distanza di 11 anni, le possibilità di una vita dignitosa si sono ancora più ristrette, compressi tra una ripresa economica che non c’è stata, la tragicità della pandemia e l’attualità di una guerra che è monito del futuro che ci aspetta per garantire la riproduzione di un’sistema fondato sulla privazione di molti a fronte della ricchezza di pochi.
Quest’ennesima manovra repressiva su una giornata di riscatto non deve scalfire la nostra consapevolezza della necessità di reagire allo stato di cose presenti.
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