Lettera alla città di Bologna dai facchini in lotta contro Granarolo
Siamo i facchini, gli studenti, i precari, i centri sociali, che da 9 mesi lottano uniti, insieme al sindacato di base S.I.Cobas, per affermare la dignità degli ultimi.
La nostra protesta è iniziata quando una parte di noi ha subito un grave sopruso.
Puniti e licenziati per aver scioperato contro provvedimenti illegittimi che ledevano la nostra dignità di lavoratori.
Per anni abbiamo lavorato spezzandoci la schiena nei magazzini della logistica di multinazionali che come Ctl/Granarolo e Cogefrin realizzano profitti milionari.
Le grandi aziende appaltano una parte fondamentale del lavoro a cooperative che in concorrenza tra loro promettono il prezzo più basso alla committente.
Tutto ciò è possibile grazie al fatto che noi, i “ soci cooperatori” siamo trattati come schiavi nei magazzini lontani dal centro cittadino, nelle periferie buie dove il nostro turno di lavoro inizia al tramonto e finisce quando il sole tiepido inizia a scaldare la città.
Lavoriamo nelle celle frigorifere e nei magazzini polverosi e bui. Spostiamo bancali di merci nei piazzali d’asfalto dove file di camion ci attendono per essere caricate. I ritmi con cui lo facciamo vngono cronometrati e debbono essere sempre più veloci, poco importa che lo si faccia durante il caldo torrido dell’estate, o nel gelo invernale.
La maggior parte di noi è arrivata in questo paese lasciando la propria terra e i propri affetti in cerca di un futuro migliore. Nel nostro viaggio pochi di noi hanno avuto la fortuna di arrivare con tutti quelli con cui erano partiti.
Molti dei nostri compagni non ce l’hanno fatta. Inghiottiti da un mare che non ricorderà nemmeno i loro nomi. Lasciati a marcire in carceri come quelle libiche dove ogni diritto umano è sospeso. Dimenticati nei “centri di accoglienza”italiani dove nudi nei piazzali venivamo ripuliti con gli idranti come la storia ci ricorda facevano i nazisti nei campi di concentramento.
Molti di noi alle spalle hanno storie terribili come queste.
Ma ora siamo qui con un permesso di soggiorno che ci dice che finché lavoriamo possiamo restare.
Ma a quali condizioni?
Può il lavoro sacrificare la nostra dignità? E’ giusto chiederci di tenere la testa abbassata mentre il capo ci urla e ci offende in continuazione? E’ democratico un sistema di lavoro che ci impone turni massacranti, straordinari mai pagati, buste paga irregolari, tagli del salario del 35 %?
Granarolo afferma di non avere nulla a che fare con noi. Loro bianchi e candidi come il latte noi, sporchi e scuri com la fame e la miseria.
Loro dicono che non siamo loro dipendenti , ma noi per anni abbiamo lavorato nei loro magazzini, eseguendo i comandi dei loro capi, caricando e scaricando i loro prodotti. Loro dicono che davanti ai cancelli quando scioperiamo non riconoscono le nostre facce. Ci crediamo perché nemmeno noi abbiamo mai visto le loro nei magazzini.
Ma davvero non c’è una responsabilità di chi appalta il lavoro? Davvero è sufficiente girarsi dall’altra parte e fingere di non sapere?
Ci dicono che la Granarolo continua ad investire nel mercato. Leggiamo sui giornali che il suo fatturato lo scorso anno ha sfiorato i 1oo milioni e che si conferma in crescita.
E allora perché il suo presidente ha permesso che una cooperativa a cui aveva affidato il lavoro del facchinaggio ci tagliasse le buste paga per “stato di crisi”, mentre peraltro si continuavano a fare straordinari?
Perchè dopo mesi la nostra dignità deve essere ancora offesa dall’arroganza di un padrone che ha tutto e che per sbeffeggiarci sceglie di comprare le pagine di tutti i giornali per offenderci ancora una volta?
Noi non possiamo comprare l’informazione e nemmeno crediamo sia giusto poterlo fare.
Abbiamo questa nostra storia da raccontare. La raccontiamo da 9 mesi, davanti ai cancelli di chi per tanto tempo ci ha sfruttato, nelle piazze e nelle vie della città. L’abbiamo raccontata a voce alta mentre la celere ci prendeva a cazzotti, ci spruzzava per ore dei gas velenosi in faccia, e ci trascinava via due nostri colleghi per arrestarli. Non abbiamo amicizie tra tutti coloro che comandano la città. Abbiamo la nostra voce, abbiamo i nostri corpi, abbiamo la solidarietà di chi è sempre stato al nostro fianco. Abbiamo la forza della nostra dignità e della nostra lotta. Bologna, schierati con noi!
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