Loi de travail: cosa succede in Francia?
L’intervista è tratta da SUAG – Solo Un Altro Giornalino. Qui di seguito invece un’intervista audio, sempre con Martina, realizzata ai microfoni di Parole Ribelli, trasmissione settimanale in onda su Radio Blackout:
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Cosa sta succedendo in Francia in questo momento rispetto alla “Loi de travail”? Qual è a tuo parere la genesi di questa mobilitazione?
A partire dalla scorsa settimana, in vista della grande manifestazione indetta dai sindacati per il 9 marzo, si sono susseguiti numerosi appuntamenti per iniziare a preparare la mobilitazione contro la loi de travail. In diverse facoltà francesi ci sono state assemblee di ateneo molto partecipate, i licei si sono organizzati per fare blocchi all’ingresso delle scuole, aule universitarie sono state occupate per riflettere sul contenuto della legge El Khomri e sulle conseguenze che appaiono devastanti per una consistente fetta della popolazione. Il 9 marzo, data dello sciopero, sono scese in piazza più di 100 mila persone a Parigi per un totale di 500 mila persone in tutta la Francia. In mattinata un corteo di studenti medi muovendosi dai vari picchetti ha attraversato la città resistendo alla polizia che ha tentato di bloccarli in più occasioni. L’impatto mediatico che la mobilitazione sta avendo ne riflette la composizione sociale: finora mi sembra un movimento che vede una grande partecipazione del “cittadino della République”, tendenzialmente di tradizione sindacale, di classe medio-bassa, francese. Il corteo di mercoledì ha sfilato dietro le bandiere della CGT (Sindacato maggioritario in Francia) rimanendo nei ranghi imposti dal servizio d’ordine di quest’ultimo. Occorre cercare un margine di manovra all’interno di questo spazio di lotta che vede in prima linea tutte quelle strutture che si interessano più a mettere il cappello sul movimento che non ai reali bisogni di chi di lavoro ci deve vivere (e morire). In ambito studentesco i rischi di recupero, in primo luogo da parte dell’UNEF (Sindacato studentesco), sono evidenti a molti nonostante ci sia ancora qualche difficoltà a creare una base organizzata e autonoma rispetto alle strutture sindacali. La settimana di oggi si è aperta con nuove assemblee di ateneo, nuove occupazioni di aule in università e con la prospettiva di arrivare determinati e in tanti alla data del 17 marzo, nuova giornata di lotta che vedrà protagonisti gli studenti.
Come si rapporta la mobilitazione con lo stato d’emergenza in atto nello stato francese dopo gli attentati?
Le rivendicazioni dei sindacati sono limitate al ritiro della legge e restano specifiche in questo ambito. La critica severa si esaurisce alla legge El Khomri e non si allarga al contesto politico generale. Per quanto riguarda la mobilitazione studentesca il ritiro dello stato di emergenza accompagna ormai le rivendicazioni contro la loi de travail. In questo senso si inseriscono iniziative contro lo stato di emergenza in facoltà passando dal primo elementare passo di abolire il controllo delle tessere studenti e degli zaini all’entrata.
Le periferie? Si potrebbero attivare?
In questi giorni di mobilitazione il confronto con il movimento contro il CPE del 2006 (Contratto Primo Impiego che prevedeva la possibilità di licenziamento arbitrario nei primi due anni di assunzione per i lavoratori di meno di 26 anni) è particolarmente vivo nell’immaginario. Proseguendo nella comparazione bisogna ricordare come il rapporto di quel movimento, di composizione studentesca piuttosto bianca e non proletaria, con quelle periferie che bruciavano pochi mesi prima, fu piuttosto conflittuale. I cosiddetti giovani delle banlieues non presero parte a quella lotta ma anzi ne furono antagonisti in diversi episodi. Anche oggi credo che se questa mobilitazione continuerà a essere limitata e circoscritta ai cambiamenti che questa legge apporterebbe al Codice del Lavoro sarà difficile allargarla alle periferie. Questa legge non peggiorerà di molto le condizioni lavorative di tutte quelle persone che vivono quotidianamente l’esclusione sociale, che sono ostacolate all’accesso all’impiego e obbligate a lavorare in nero perchè sans papiers; il dipartimento della Seine Saint Denis tocca il più alto tasso di disoccupazione della regione, non sarà El Khomri a spaventare gli abitanti delle periferie che non hanno nessuno status da mantenere. Tutto sta nella capacità di allargare il discorso attorno a questa legge sottolineandone la contingenza in quanto si iscrive perfettamente in un contesto politico di austerity che ha visto e continua a vedere gli stati europei in prima linea. Forse a partire dai licei e dalle unversità che hanno sede in periferie parigine come Saint Denis e Nanterre qualcosa potrà accendere la fiamma…
Quali pensi possano essere le prospettive?
Forse è ancora un po’ presto per parlare di prospettive ad ampio raggio, per ora il prossimo grande appuntamento è stato lanciato per il 17 marzo, l’idea è di arrivarci con il massimo di facoltà occupate e licei bloccati e di ottenere una partecipazione massiva e più indipendente dai sindacati in questa data. Speriamo che intanto i coordinamenti tra studenti, lavoratori, precari e sfruttati in genere si solidifichino e si intensifichino in modo tale da arrivare a riflettere oltre la vertenza della legge e da toccare tutte quelle persone a cui sono negati i diritti fondamentali, dalla casa ai documenti. Per ora, a una settimana dall’inizio della mobilitazione i numeri continuano a essere alti e piano piano dalla parola si sta passando all’atto.
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