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L’onda lunga del #6D pisano

Le lotte che hanno attraversato la città di Pisa nelle ultime settimane hanno mostrato un crescente protagonismo di alcuni importanti segmenti sociali e una sempre maggior determinazione nel voler raggiungere gli obiettivi senza dover rendere conto ad alcuna autorità politica o poliziesca. Dal primo corteo degli studenti medi dove ai giovani è stato impedito l’ingresso nel palazzo del Comune, non senza che questo causasse tensioni con le forze dell’ordine, passando dallo sciopero del 14 novembre in cui le operaie Sodexo hanno portato la loro protesta sulla Torre di Pisa, fino alle ultime manifestazioni in cui invece i palazzi del potere (Comune e Provveditorato) sono stati espugnati senza temere lo scontro, al prezzo di un paio di portoni abbattuti. Tutto questo accompagnato dalle occupazioni di spazi dove poter radicare e sedimentare le proprie lotte, fossero questi le scuole o un casottino inutilizzato all’interno dell’ospedale.

Era chiaro come fosse solo questione di tempo prima che tutto ciò iniziasse a risultare insostenibile per la governance cittadina, sempre tesa a costruire un’immagine pacificata della situazione locale.

Se è stata una bandiera bruciata a stanare il PD dal suo guscio, costringendolo a prendere atto del fatto che per questi studenti chi sostiene i tagli del Governo Monti non è un alleato con cui dialogare ma una controparte da combattere, il corteo del 6 dicembre ha avuto sicuramente la capacità di ribadire con forza l’incompatibilità della piazza nei confronti di chi vorrebbe ridurre la contestazione giovanile ad un semplice movimento d’opinione da guardare con tenerezza e simpatia.

Il coro di voci stridule che si è levato dopo l’abbattimento del cancello del Provveditorato si può riassumere in in paio di punti ricorrenti: gli studenti falliscono nella loro protesta nel momento in cui escono dal perimetro della legalità; ci sono dei professionisti della protesta che li manovrano a loro insaputa spingendoli a compiere questi atti.

Se le prese di posizione del sindaco e del partito non rivelano niente di nuovo, quelle del questore e dei sindacati di polizia rasentano la comicità, con un mix di comprensione e paternalismo e qualche velata minaccia ai genitori, che non tengono i figli alla larga da pericolose influenze.

Qualche parola in più la meritano invece le tre righe di dissociazione diffuse da officina 5punte, soggetto studentesco presente al corteo, assolutamente minoritario dal punto di vista numerico e propositivo (sia nelle piazze che nelle scuole) che però evidentemente si vuole candidare a rappresentare l’anima pura e pulita, prendendo le distanze dalle azioni e portando solidarietà agli agenti feriti; e la stampa locale si è chiaramente buttata a capofitto sulla notizia, sovradimensionandola e cominciando un’artificiosa costruzione della dicotomia buoni e cattivi.

La realtà è ben altra, gli studenti sono più determinati che mai e lo dimostra la nuova ondata di occupazioni cominciata ieri mattina, decisa durante la partecipatissima assemblea che si è tenuta sabato all’interno dell’Ariston occupato. Non sembrano sortire effetti neanche tentativi di intimidazione sempre più pesanti; ci giungono notizie di una visita a casa di una studentessa da parte della digos, dell’irruzione di carabinieri guidati dal preside in una scuola occupata nella provincia che ha causato il ferimento di due studentesse, della telefonata di una preside alla madre di uno studente dell’artistico infarcita di minacce e menzogne (pubblichiamo a riguardo un’intervista in coda all’articolo). Questi goffi tentativi di reprimere la rabbia non stanno sortendo altro effetto che quello di inasprirla, provocando reazioni anche nei genitori dei ragazzi.

Dal primo corteo studentesco di ottobre la protesta ha avuto il merito di non fermarsi mai; non è stata terminata una mobilitazione finchè non vi era un appuntamento per quello seguente. Adesso la voglia di lottare sancita dall’assemblea nell’ex cinema Ariston, materializzatasi nelle occupazioni di inizio settimana, chiama per un’assemblea venerdì all’interno dell’auditorium del Liceo Buonarroti occupato, per costruire una manifestazione il 21 dicembre.

Giorno della fine del mondo.

Ne costruiremo uno nuovo.

 

Come in migliaia di scuole in tutta Italia, stamani al liceo artistico Russoli gli studenti hanno intrapreso una protesta e una lotta occupando l’istituto. La dirigente scolastica, seguendo la linea dettata dal questore e dal provveditore, ha contattato alcuni genitori degli studenti protagonisti delle mobilitazioni negli istituti. Pensiamo sia importante far sapere a tutti qual è il tono e quali sono le motivazioni con cui i vertici delle istituzioni si rivolgono ai genitori, affinché non passi l’idea e la pratica di intimidire ogni persona o gruppo che protesta e fa sentire la propria voce legittimamente.

La preside mi ha domandato se fossi al corrente della decisione di mio figlio di occupare la scuola.
Gli ho risposto che ero consapevole e che sono d’accordo con la sua lotta studentesca e lei mi ha detto che quello era un atto gravissimo e che le conseguenze potevano portare a “abusi sessuali” e alla rottura degli attrezzi della scuola.

Io penso che le condizioni in cui versano le scuole siano gravissime: quella di mio figlio ogni anno ha meno ore di laboratorio, i professori sono a rischio di perdere il proprio lavoro, aumentano i tagli economici per l’educazione. Lo sanno tutti che per la maggior parte degli studenti non esiste nessuna possibilità di trovare lavoro quando finisca la scuola.

La scuola incide sul reddito familiare molto. In famiglia in questo momento non siamo nelle migliore condizioni: mio marito non ha un lavoro fisso e il mio si limita a piccoli contratti a progetto, abbiamo ISEE 0, ma si fa il possibile per comprare il minimo dei materiali per la scuola e i libri (alla fine del anno scolastico ci danno un aiuto ma non per il totale).

Per tutto questo sono d’accordo con delle proteste, a volte forse non con un discorso violento pero si con delle risposte forti e partecipative.

Voglio rispondere alle dichiarazioni del questore dopo il corteo del 6 dicembre, che ha detto che i genitori devono insegnare i figli a non protestare più nelle stesse forme dei mesi scorsi ed ha avvertito che se i ragazzi non “rispettano le regole” andranno in contro a dei provvedimenti. Io penso che un popolo che chiede i poliziotti, lo fa perché ha ignorato i suoi maestri. Questi governi e questo sistema sono riusciti a farci credere che una pallotola sia più economica che il gesso.

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