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Modena: Continua la lotta per il diritto all’abitare

Si tratta di una famiglia con due minori che da mesi, per sfamarsi e pagare le utenze, non paga l’affitto mensile di 500 €. Il picchetto ha ottenuto l’intervento reale e concreto dei servizi sociali del comune, da mesi sordi ai problemi della famiglia, e un alloggio di emergenza per moglie e bambini. La risposta del comune, lo sappiamo, è inadeguata: ancora una volta si smembra una famiglia e si danno soluzioni parziali. Nonostante questo il picchetto ha mostrato i primi risultati concreti di un lavoro politico importante: la riaccensione dell’attenzione sul tema dell’abitare a Modena e il ritorno di pratiche, ancora embrionali, di contrapposizione, di radicamento e di organizzazione delle lotte.

 

Questi mesi di assemblee sul diritto all’abitare hanno prodotto grande solidarietà tra lavoratori precari che vivono lo stesso problema e ne colgono l’aspetto politico: passaggio fondamentale per rompere l’isolamento e la vergogna che vive chi è condannato al disagio in una città come Modena, dove il mendicare briciole ai servizi sociali, che comunque rispondono sempre meno, è ancora imposta come unica via possibile. Si tratta di una solidarietà importante, con cui iniziamo a gettare le basi di un concreto lavoro antirazzista nei territori: troppe volte infatti i politici di turno dirottano l’insoddisfazione e il disagio verso categorie astratte di poveri dipinti come colpevoli della loro condizione: gli “stranieri che prendono 40 euro al giorno”, i “meridionali che fanno figli e non vogliono lavorare”, la lista è infinita. Le mobilitazione e lotte per il diritto all’abitare iniziano a mostrare i corpi reali dietro queste menzogne: sia agli stranieri sia agli italiani non originari del territorio, gli assistenti sociali sempre più “consigliano” di tornarsene da dove sono venuti, la maggior parte dei soldi stanziati per gli stranieri e gli italiani assistiti, disoccupati e non, vengono assorbiti dal mantenimento di reti clientelari di operatori impegnati nelle sempre più fantasiose politiche di “inclusione”.

 

La giornata ha mostrato la crescente capacità di incontro, solidarietà attiva e confronto tra i vari soggetti costretti ai margini di questa città-vetrina, basata sulla coesistenza tra grandi investimenti speculativi e forzosa pacificazione delle contraddizioni da parte delle cooperative e degli enti caritatevoli appaltanti. Studenti, precari, lavoratori della logistica, che già hanno vissuto il 16 Ottobre come una grande giornata di lotta, iniziano ad individuare insieme la comune natura dei poteri da cui sono schiacciati. Ancora una volta, sul percorso inaugurato da quella mobilitazione, vari soggetti si sono trovati a condividere la lotta per la dignità. La lotta contro una controparte che costringe alla povertà.

 

Come ha detto uno dei numerosi lavoratori sotto sfratto intervenuti a portare solidarietà al picchetto, “Prima per noi lo sfratto significava solo paura e umiliazione. Quando la forza pubblica e gli ufficiali giudiziari apparivano all’angolo della strada, gli abitanti della casa raccoglievano in fretta le ultime cose e scappavano a nascondersi, anche per non subire i giudizi del quartiere. Invece si è mostrato che la situazione può rovesciarsi”. Il picchetto ha chiaramente sollevato le contraddizioni della controparte: mentre si prevedono tagli ai servizi sociali di grande entità, questa settimana la giunta modenese ha sbloccato 15 mln di € di finanziamento per cantieri edili e opere di cementificazione, utili solo per le solite cooperative e i grandi speculatori. Mentre le forze di polizia e carabinieri affollavano la via del picchetto, gli assistenti sociali, per la prima volta intervenuti nella vicenda, riproponevano le solite proposte paternalistiche: smembrare le famiglie, sottoporre le persone alla pressione di un rapporto di dipendenza dai servizi, distribuire da una parte donne e bambini e dall’altra uomini in età da lavoro, secondo la disponibilità di “appartamenti di emergenza” di cui non si capisce l’utilità, se non andando a sollevare le contraddizioni della governance locale: un’intricato aggregato di funzionari e imprese sociali, pronte a spremere anche i “disagiati”, fino all’ultima goccia di valorizzazione possibile.

 

Continuare a costruire e radicare questo progetto, anche grazie alla visibilità che la questione sta prendendo nella città. La controparte inizia a percepire la presenza di un gruppo, di una rete organizzata e in crescita di soggetti che non sono più disposte a subire passivamente. Ne è stata la dimostrazione di come in questa giornata non hanno potuto eseguire lo sfratto nel silenzio, come avrebbero preferito.

 

La strada è segnata: organizzare, raffinare le pratiche quotidiane di lotta, indirizzando la rabbia sociale all’interno della città di Modena.

 

Di seguito il comunicato sulla giornata:

Piano casa a Modena:  la lotta paga ma non si ferma.

Ancora una volta a Modena è stata contrastata con successo la guerra ai poveri del Piano Casa di Renzi: dopo aver impedito un mese fa lo sfratto esecutivo ( secondo accesso) ai danni di una famiglia (composta da un padre lavoratore con moglie e due bambini a carico) che non era più in grado di pagare l’affitto, gli attivisti dello Sportello Sociale “La Rage”, insieme a precari e studenti, hanno nuovamente impedito l’ingresso dell’ufficiale giudiziario nella palazzina .

Mentre il picchetto, iniziato alle prime ore del mattino, cresceva in numeri e determinazione, raccogliendo la solidarietà del quartiere, diventava sempre più evidente l’impossibilità, per le forze dell’ordine giunte numerose sul posto, di eseguire praticamente lo sfratto.

Fino ad oggi il Comune aveva dato solo risposte evasive, nascondendosi dietro il classico ritornello del “non abbiamo risorse”. Ma, davanti alla determinazione del picchetto, sono stati costretti a mantenere, nella pratica, le promesse fatta alla famiglia: la possibilità di un alloggio alternativo. L’importanza di un picchetto che ha nuovamente palesato come le istituzioni siano abituate a gestire i problemi sociali come problemi di ordine pubblico.

Dopo una lunga trattativa si è arrivati all’assegnazione dell’alloggio d’emergenza, accompagnato dalla promessa di un lavoro per la moglie.

Unica nota negativa il fatto che la famiglia viene però smembrata: il padre da una parte, moglie e bambini da un’altra. Tutto questo frutto di una gestione scientifica degli sfratti verso soggetti più deboli. Complici di tutto ciò anche le diverse cooperative che hanno in gestione gli appartamenti d’emergenza, le quali fanno profitto e speculano sulla testa delle persone in difficoltà.

Se in questo modo il Comune pensa di aver risposto alla nostra rivendicazione, sbaglia di grosso: la lotta per la dignità non si ferma.

Casa Reddito Dignità per tutti\e

Sportello “La Rage”

 

Il video del picchetto: https://www.facebook.com/video.php?v=772065742873304&set=vb.100002096551068&type=2&theater

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