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Nuova rivolta al C.I.E. di Modena e le lacrime della polizia

Veniamo alla cronaca: una giornata lunga all’interno della struttura di Via La Marmora, dove già nel primo pomeriggio era scattato un primo cenno di rivolta contro la scarsità d’igiene, che ha visto da parte dei migranti  bruciare  diversi materassi, danneggiando due blocchi del CIE. Condizioni di vita e scarsità di igiene hanno poi riacceso la scintilla in serata, quando una dozzina di migranti sono saliti sui tetti, cercando di difendersi scagliando tegole contro l’ingente spiegamento di forza pubblica ed esercito ( ricordiamo che all’interno del CIE di Modena c’è anche l’esercito). La  rivolta  ha portato a 9 fermi ( di fatto è stato solo un passaggio da carcere a carcere) e diversi agenti contusi.

Siamo a metà anno e il C.I.E. di Modena è già stato protagonista di decine di rivolte; quella della scorsa giornata non è stata che l’ennesima dimostrazione del verso senso di queste strutture usate per umiliare gruppi di immigrati nella loro dignità, ma molto utili per produrre mulinelli di denaro a discapito della vita di persone trattate con modalità aberranti e risultato di una legge razzista e xenofoba.

E’ di questo che si deve parlare ad ogni rivolta, ad ogni tentativo di rompere la gabbia e trovare una prospettiva di libertà;  invece i media locali, in sintonia con quelli nazionali, mettono questo aspetto sempre in secondo piano, lasciando ampio spazio alle solite dichiarazioni vittimistiche della polizia di stato. Non c’è media che riporti il comunicato del sindacato Siulp che, essendo un sindacato di poliziotti, cerca di raccontare quanti soldi vengono sprecati per andare a sedare rivolte mentre in città ci sono furti.

Questo apparente garantismo di questa parte sindacale ci fa pensare a lacrime di coccodrillo da parte della polizia, che dovrebbe smetterla con questo vittimismo visto che per “proteggere”  devastazioni del territorio dalla Val Susa alla Sicilia, i soldi vengono sempre trovati; non sentiamo lamenti quando si tratta di supportare sfratti, per sgomberare esperienze di socialità o picchetti di lavoratori che lottano per il proprio posto di lavoro.

In quei casi il manganello rotea con disinvoltura e la “coscienza sociale” delle forze repressive, torna nel consueto oblio.

Infoaut Modena

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