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Palermo: goodbye Vucciria

Di una tragedia sfiorata si è trattato, perché se il crollo fosse avvenuto durante la quotidianità lavorativa del mercato, o peggio ancora in una serata di fine settimana quando la piazza diviene centro di richiamo per la vita notturna, staremmo parlando di ben altro, di qualcosa di molto più grave. La piazza è stata posta sotto sequestro dai vigili urbani, mentre, nelle ultime ore la magistratura e gli uffici pubblici preposti hanno deciso di murare quasi tutti gli ingressi alla piazza per evitarne l’attraversamento.

Va subito detto che la palazzina in questione era di proprietà proprio del Comune che, da sempre, è stato al corrente delle condizioni in cui questa e tantissime altre strutture del centro storico versano da decenni. Basta infatti guardare qualche scatto per rendersi conto di quanto tutto ciò fosse ampiamente prevedibile. É questa, del resto, una delle vicende in cui si può tranquillamente affermare che “tutti sapevano”; così come tutti sanno che, senza interventi immediati, non sarà l’ultimo caso che riguarda il centro cittadino.

Da tempo ormai lo storico quartiere e il mercato della Vucciria soffrono dell’abbandono e dell’indifferenza delle amministrazioni comunali che, oltre a non riuscire a preservare e valorizzare un patrimonio economico, sociale e culturale come quello dello storico mercato rionale, stanno a guardare lo spopolarsi del quartiere, che significa anche “abbandono degli edifici” e sempre più degrado e alto rischio strutturale per coloro i quali ancora ci abitano. Così oggi, in occasione della visita dell’assessore al centro storico Agata Bazzi a piazza Garraffaello, non è mancata una sonora contestazione degli abitanti e dei commercianti del luogo. Sono state rinfacciate alla giunta non solo le responsabilità circa il palazzo crollato ma anche l’immobilismo di fronte alla chiusura della piazza che significherà la morte definitiva delle attività economiche del quartiere. Tutto ciò quando una messa in sicurezza che non murasse tutte le vie d’accesso a una piazza storica era possibile non solo prima del crollo, ma anche oggi se solo esistesse la volontà per farlo.

Tanti i proclami in merito da parte dell’attuale amministrazione che in campagna elettorale prometteva rilancio economico e un’adeguata riqualificazione strutturale. Quello che continuiamo a vedere oggi è invece un significativo processo di allontanamento dal cuore della città: l’impossibilità di sopravvivere per un mercato prossimo al tramonto, a cui si aggiungono gli obblighi di ristrutturazione dei prospetti imposti dal comune a spese dei proprietari e, non ultimi, sfratti e sgomberi. Tutto ciò non può essere derubricato semplicemente come sintomo e conseguenza dell’indifferenza e dell’incapacità istituzionale in salsa nostrana ma, soprattutto, espressione di una esemplare volontà speculativa e predatoria delle governance al tempo della crisi.

Il mercato da tempo in crisi si è visto, in qualche forma, sostituito dalle “putie” serali/notturne che hanno reso la Vucciria forse il luogo piú frequentato dai giovani, palermitani e non, che abitano la città. Eppure le istituzioni comunali – aiutate dai soliti “ben pensanti” indignati nel vedere un quartiere intero, popolare, e la “sua” gente autorganizzare le proprie economie – continuano a fare la guerra a chi abita una zona cui aspirano tanti palazzinari in affari.

Per intenderci, emblematico è l’episodio che quest’estate ha portato alla chiusura a zona pedonale della piazza antistante il mercato, quando la forte protesta dei commercianti (gravemente danneggiati nelle loro attività dall’ordinanza comunale) non solo venne stigmatizzata con le solite retoriche su mafia, illegalità, egoismo, ma venne immediatamente denunciata e repressa con il comune che si costituì parte civile contro i commercianti stessi. Quindi, li dove non si può, ancora, con la forza, un po’ di retorica sulla pericolosità di quelle zone – e di chi le vive – male (a Comune&amici) non fa. Almeno si giustifica l’assenza di qualsivoglia politica di salvaguardia e valorizzazione del centro storico che preveda (giammai!) migliori condizioni di vita per chi attualmente vi si sente a casa.

Insomma: altro che “le balate della Vucciria torneranno ad essere sempre bagnate”, come Orlando prometteva evocando tempi di splendore per il mercato. La volontà piuttosto, sembra quella di – sciorinando una delle tante varianti del “mancano fondi” o del “c’è la crisi, dobbiamo fare sacrifici” o ancora del più recente “il patto di stabilità ci impone il pareggio di bilancio” – giustificare e legittimare una gestione della spesa pubblica in cui diritti, servizi e garanzie collettive (casa, lavoro, sanità, istruzione) diventano spese straordinarie, supplementari, e dove perfino gli interventi di manutenzione e messa in sicurezza di strade, edifici e territori sono presentati come spese eccessive per le quali non si sa da dove attingere.

Ciò ovviamente non riguarda solo la governance locale, una delle tante articolazioni ed espressioni del modus operandi del comando capitalista nella crisi caratterizzato da austerity, governo delle banche, proletarizzazione di massa volta a preservare la ricchezza di pochi, esclusione di classe.

Mentre valanghe, smottamenti, fiumi di fango devastano e sommergono intere città e paesi a causa del dissesto idrogeologico in cui versa il territorio italiano, 20 miliardi vengono destinati alla distruzione della Val Susa per l’inutile TAV o per la militarizzazione del territorio niscemese in difesa della base MUOS della marina statunitense. Del resto se la povertà ha raggiunto livelli record, se in una città come Palermo, nel 2013, ci sono state duemilacinquecento (con aumento del 30% previsto per quest’anno) procedure di sfratto, e se milioni di italiani stentano ad arrivare a fine mese, perché non ricapitalizzare Banchitalia con 7 miliardi dei contribuenti?

Quello che accade alla Vucciria non è quindi frutto di una dissennata gestione e progettualità, ma uno dei tanti esempi di quell’attacco ai tessuti proletari e sottoproletari individuato come il miglior modo di far rientrare i costi e le perdite di una crisi che, nel nostro caso, si traduce in uno stravolgimento e sradicamento dell’identità popolare del quartiere che lasci il posto a facili appalti e a una speculazione immobiliare che sposterebbe un bel po’ di capitali per pochi palazzinari. E alla faccia dell’emergenza abitativa di cui i movimenti sono riusciti finalmente a far parlare. Non a caso, negli ultimi tempi, venendo a mancare i finanziamenti pubblici, anche l’iniziativa privata di speculazione e “messa in vetrina” di queste zone era vistosamente rallentata. Forse, da ieri, questo crollo, scongiurato il pericolo per l’amministrazione comunale di omicidio colposo, sarà il pretesto utile a ri-accelerare un tale processo speculativo. Ma – considerando noi questi quartieri non come insieme e basta di palazzi ma come complesso di relazioni, vite, economie, comunità, che detengono il vero diritto di decidere – diremmo: Vucciria permettendo…

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