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Perugia: Tra Corvèe medievali e colpevolizzazione della povertà

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Perugia 1416? No Perugia 2020

 

Certo è una forzatura ma a leggere l’ultima norma sul “baratto amministrativo” possiamo dire che il Comune di Perugia ha deciso di iniziare la campagna di promozione di Perugia 1416 – rinviata a settembre – con la votazione di una norma che ci riporta un po’ indietro nei secoli.
E’ notizia di oggi l’approvazione all’unanimità da parte del consiglio comunale di Perugia del cosiddetto “baratto amministrativo”. In parole povere da oggi sarà possibile per singoli e associazioni svolgere attività lavorative come ad esempio la cura del verde, delle piazze o di immobili abbandonati ricevendo in cambio delle riduzioni sulle tasse comunali come la TARI o la TOSAP.
Come sottolineano i consiglieri comunali di FdI, il baratto amministrativo permetterà a tutti quei cittadini che si trovano in difficoltà economica nell’adempimento dei propri doveri di contribuenti di sostituire parte del pagamento dei contributi con lavori di pubblica utilità.
Come collettivo che da tempo rivendica e lotta per migliorare le condizioni di vita di precari e disoccupati della città troviamo vergognoso questo provvedimento sotto diversi aspetti.
Non è tollerabile che l’amministrazione comunale – sopratutto in piena crisi economica e sociale che sta colpendo centinaia di nuclei familiari qui a Perugia – decida di colpevolizzare ancora di più i cittadini che non riescono a sanare i debiti con il Comune.
Secondo quest’ottica si persegue chiaramente una stigmatizzazione della povertà nei confronti di quei soggetti incolpevoli della loro insolvenza tributaria e che saranno “costretti in modo volontario” a scambiare la propria forza lavoro a fronte di uno sconto sui tributi. E’ evidente che di baratto c’è ben poco visti i rapporti di forza in campo, da una parte un’amministrazione comunale e dall’altra centinaia di cittadini impoveriti da anni di crisi economica.
Come sostiene il Professore Giglioni su Labsus: « tale incongruenza si aggrava enormemente quando si pretende perfino di applicare il c.d. “baratto amministrativo” alle situazioni in cui il beneficiario è un debitore del fisco locale. In questo caso, infatti, manca del tutto il presupposto della libera scelta del cittadino che è alla base di ogni iniziativa sussidiaria: colui che è in una condizione debitoria è per definizione un obbligato e non un soggetto libero. Certo, il comune propone la scelta tra pagare il tributo o svolgere una determinata azione, ma si resta pur sempre dentro uno schema tra chi è obbligato e chi pretende una certa azione».
Non riusciamo veramente a comprendere come possa suscitare tanto entusiasmo questo tipo di norma – che diverse città hanno già adottato o stanno adottando – soprattutto perchè è da anni che i lavori di pubblica utilità come ad esempio la manutenzione del verde sono svolti gratuitamente da associazioni di volontariato, dai richiedenti asilo e da oggi anche dai cittadini insolventi. Cambiano i soggetti che subiscono questo tipo di norme, ma il concetto rimane sempre lo stesso: se sei un ospite o sei un debitore devi restituire alla collettività quello che non sei riuscito a dare in termini economici.
Quello che urliamo ormai da tempo è semplice, le aree verdi, la gestione dei parchi come la manutenzione degli immobili abbandonati dovrebbe essere fonte di lavoro retribuito per chi è disoccupato. Lavoro in cambio di reddito.
E’ necessario partire dai quartieri, organizzarsi con i disoccupati e rilanciare campagne di lotta che mettano al centro il tema dei lavori di pubblica utilità retribuiti dignitosamente con un salario e non con una mancia sulla prossima TARI.

IL LAVORO VA PAGATO
NON SI CAMPA DI VOLONTARIATO!

Da Operatori Sociali Autorganizzati Perugia

 

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