Piedi e collo della logistica
La crisi del mercato dell’energia e delle filiere di produzione sono solo un sintomo di un male più profondo. Decenni di logistica istantanea, just-in-time, al cuore del capitalismo moderno. Ma si può ancora delegare la sopravvivenza di interi settori alle prestazioni sempre più scadenti della grande filiera mondiale?
Accumulazione di materie prime, inflazione e schizzofrenia del mercato dovuto alle misure di contenimento delle pandemie. La de-localizzazione scricchiola sotto il peso di queste parole d’ordine e si incomincia a parlare di on-shoring, ovvero di internalizzare nuovamente all’interno dei confini nazionali la produzione di alcuni settori. Una prospettiva improbabile a cui neanche Salvini e Meloni in campagna elettorale hanno mai provato a ipotizzare.
Questi limiti della logistica e della produzione delle merci gli discutiamo con Nicolò Cuppini del collettivo di ricerca Into The Black Box.
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Un mondo che cambia anche nella sua composizione di lavoratori dove le persone richiedenti asilo stanno ingrossando le fila della forza lavoro impiegata nei poli della logistica. Simbolo di questo cambiamento è Yaya Yafa, ucciso dal lavoro durante il suo terzo giorno di impiego, dopo alcune settimane dalla sua morte scattiamo una fotografia sulla precarietà nei magazzini partendo da due contributi di connessioni precarie e coordinamento migranti di bologna.
Il racconto di questo spaccato di lavoratori e lavoratrici supera il vittimismo con cui spesso ci si approccia alle storie dei migranti per provare a collettivizzare la forza di queste esperienze di lotta. Ne parliamo con Giorgio Grappi
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