Sgomberi a catena dal Sud al Nord Italia
Tra ieri e oggi diversi spazi occupati, attraversati da differenti progetti e realtà sociali e aggregative, sono stati colpiti da un duro attacco repressivo.
Ieri mattina lo sgombero dello studentato 95100 e del consultorio autogestito Mi cuerpo es mio ha colto in maniera inaspettata i compagni e le compagne che fanno parte di queste esperienze. Lo studentato, occupato dal 2018 in risposta alla mancanza di assegnazioni degli alloggi e delle borse di studio a studenti e studentesse universitarie per insufficienza di fondi regionali, ha rappresentato in questi anni un punto di riferimento per le giovani e i giovani della città, per chi ha esigenze che vengono avversate quotidianamente dalle condizioni di performatività e carrieristiche che impone l’università. Uno spazio di incontro e confronto, che ha ospitato moltissime iniziative così come variegate realtà sociali e collettive. Tra i vari progetti quello del consultorio autogestito e del poliambulatorio sono stati una risposta reale all’esigenza di moltissime donne che non trovando ascolto né supporto all’interno dei canali tradizionali, hanno trovato in questo spazio figure professionali come psicologhe, mediche, assistenti sociali, educatrici disponibili a seguirle. La chiusura di un’esperienza come questa all’indomani di un 25 novembre celebrato da ogni parte mostra tutta l’ipocrisia del potere e delle sue articolazioni, rendendo conto della strumentalità da parte delle istituzioni, dei partiti politici e dei canali di informazione.
Questa mattina a Bologna sono stati eseguiti ben due sgomberi contemporaneamente. Il condominio sociale di via Corticella che accoglie diverse famiglie e bambini in difficoltà abitativa e la Glitchousing di via Filopanti, studentato occupato da qualche mese. Le famiglie stanno ancora resistendo all’interno dello stabile e all’esterno il presidio è permanente. Queste realtà si inseriscono in un progetto più ampio di contrasto a una crisi diffusa nel settore abitativo nella città che dal 2008 in avanti ha visto un costante aumento dei prezzi, l’esclusione di fasce sempre più ampie di popolazione dall’accesso alla casa e la loro messa ai margini. La pratica della cooperazione per l’autorecupero degli alloggi sfitti, le resistenze agli sfratti, le forme di mutualismo sono ciò che hanno contraddistinto questo percorso.
Anche a Monza, questa mattina è avvenuto un ulteriore sgombero del Foa Boccaccio che aveva ritrovato casa proprio poche settimane fa e che rilancia con il corteo già previsto per sabato 9 dicembre per le vie della città.
Non può che venire alla mente la circolare di questa estate del Ministro Piantedosi che metteva nero su bianco l’elenco delle occupazioni da sgomberare, dando direttiva alle prefetture di intervenire. In questo senso le operazioni di ieri e di oggi sembrano direttamente coordinate dal ministero. Questo governo sta giocando le sue carte migliori per sferrare attacchi nei confronti della componente che occupa il gradino più in basso nella scala sociale, sperando di cavarsela con qualche dichiarazione antimigranti qua e là, vorrebbe nascondere i suoi reali interessi che per nulla si discostano dal trend iniziato con il governo Draghi, e che sono quindi totalmente nemici. Dopo aver chiuso una manovra di bilancio senza fondi, colpito l’età e i contributi alle pensioni, cancellato il reddito di cittadinanza, rifiutato la mediazione sul salario minimo, accelerato l’autonomia differenziata, ridotto i finanziamenti per la sanità pubblica, indirizzato le poche risorse nel riarmo per una guerra in cui non si riconosce nessuno, il governo poggia su piedi d’argilla. L’elettorato di Meloni è già approdato a una nuova tappa di stanchezza e sfiducia, il suo consenso è minato alla base per le implicazioni sociali del suo misero operato.
Sgomberare luoghi di aggregazione, di mutuo aiuto, di riferimento in quartieri difficili, senza risorse, abbandonati, rientra in questo quadro, andando a colpire laddove i nervi sono già scoperti con ben poca lungimiranza. Oppure pensando che tanto basterà varare qualche nuova legge repressiva, punitiva e che prevede il carcere come l’unica via per eliminare il problema alla radice. Gli elementi di discontinuità che il governo vorrebbe strumentalmente utilizzare per dare soddisfazione al proprio elettorato rimangono nell’ambito della propaganda e dell’immaginario, ma di propaganda e immaginario non si pagano le bollette, né l’affitto, né si accede alle cure mediche che dovrebbero essere garantite. D’altro canto, addirittura la virata in corner per evitare il rischio di una figura vergognosa anche per gli stomaci più forti, a seguito dell’ondata di indignazione e rabbia scatenata dal femminicidio di Giulia Cecchettin, rientra nell’incapacità del governo di sapersi muovere con lucidità. L’assist del PD ha fatto il resto per poter riconquistare uno spazio mediatico e ripulirsi la faccia a vicenda.
E’ importante fermarsi a riflettere collettivamente sul significato degli avvenimenti di questi giorni e considerarli all’interno di una cornice più ampia. In una fase in cui gli spazi di agibilità si restringono facendo delle occupazioni uno strumento sempre meno praticabile o poco determinante, occorre riflettere sulle mosse della controparte atte a “fare perdere tempo” e distogliere dagli obiettivi prioritari le forze militanti in campo sul territorio a livello generale. Se in questo frangente gli sgomberi di ieri e di oggi vogliono spingere sul terreno della difensiva, sta a noi spostarlo su un piano di attacco chiaro e fermo nei confronti di chi oggi ci governa rappresentando un sentimento comune di insoddisfazione e sfinimento che deve essere tradotto in un’ostilità verso l’alto.
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