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Sgombero si o sgombero no: il caso Tmo a Palermo

Ieri sera, infatti, polizia e vigili urbani hanno barricato, saldando i cancelli di ferro, l’area dell’Ex Fiera all’interno della quale i lavoratori dello spettacolo  hanno occupato la struttura poi ribattezzata Tmo. Questa area è un pezzo di città di grande valore, luogo storico per tutti i palermitani, abbandonata da ormai sette anni, appetita da investitori e speculatori. Da dicembre è tornata a vivere attraverso l’occupazione.  Questa ha saputo accendere i riflettori su due questioni importanti nella gestione della città e delle sue forze sociali: il destino dell’area dell’Ex Fiera da un lato; le politiche e gli spazi per l’arte e la cultura dall’altro.

La centralità della duplice battaglia condotta dal Tmo in questi mesi ha costretto l’amministrazione cittadina targata Leoluca Orlando a doversi porre su un piano di “riconoscimento” del valore dell’iniziativa; presa di posizione arrivata a seguito di un precedente tentativo (febbraio) di sgombero a cui gli artisti avevano risposto con una 24 ore di spettacoli che aveva fatto desistere gli “interessati” dentro i palazzi del potere.

Tmo aveva così resistito spingendo Orlando alla ricerca di un dialogo i cui esisti, però, sono a dir poco contraddittori. Alle dichiarazioni pubbliche di apprezzamento (condite dall’annuncio che nessun sgombero sarebbe avvenuto) ha fatto seguito l’atto di ieri sera. Da allora in moltissimi si sono radunati fuori dai cancelli presidiati dalle forze dell’ordine; le volontà chiarissime: non ci fermeranno – dichiarano da subito i lavoratori dello spettacolo – e a breve rientreremo per proseguire con le nostre iniziative.

Contestualmente, come è ovvio, partono anche i balletti delle dichiarazioni: la confusione è grande sotto il cielo dell’amministrazione di questa città. Assessori e sindaco si affrettano a dichiarare l’insensatezza di questo atto repressivo aggiungendo di non avere mai autorizzato (ma neanche bloccato) lo sgombero dei locali. I giornali parlano di un “Orlando furioso”.  Il motivo è semplice. Una iniziativa che ha saputo costruire in pochi mesi una vastissima rete di solidarietà e legittimità; un radicamento reale nel territorio e nella composizione estesa degli artisti; la resistenza che non sarebbe stata tenera né piagnona promessa dagli artisti occupanti. E tutto questo in una città in cui la conflittualità sociale è già alta. Tutti motivi che sconsigliano agli amministratori della città fughe in avanti in senso repressivo e di attacco a esperienze di autogestione come quella del Teatro Mediterraneo.

Resta però in ballo una questione: chi decide dentro i palazzi del potere? Ciò che ha fatto seguito agli sgomberi di due giorni fa a Roma (con le dichiarazioni di Marino sulla ingiustizia di quelle operazioni) è in qualche modo paragonabile a questa vicenda? Lasciando perdere il gioco delle “trame di palazzo” , unico dato certo è che sempre più, nella gestione ufficiale politica dei territori, emergono contraddizioni e divergenze di interessi. Una politica debole come quella dei comuni in cui viviamo è sempre più soggetta a forze centrifughe figlie dell’impossibilità di un controllo lineare delle forze in campo. Seppur interessante leggere politicamente questi cortocircuiti, crediamo tuttavia che la cosa riguardi poco i movimenti sociali e le esperienze autonome come quella del Tmo. Lì, il tema davvero interessante, è come fare, come riuscire a “decidere noi” sui nostri territori, sulla gestione economica e sociale dei nostri spazi.

Intanto gli occupanti del Tmo sono rientrati nello spazio, disinteressati più che mai ai rimpalli dentro i palazzi, perché stasera si va di nuovo in scena!

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