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Sociale…in che Stato! A Torino, migliaia in piazza

Sebbene con la campagna elettorale sia esplosa la fiera delle falsità, promesse di benessere e doni per tutti, la realtà pare già prospettarsi all’orizzonte: ci saranno denari e tutele per banche e ceti abbienti, ma il sociale vedrà come sua priorità solo progressivi interventi atti al suo smantellamento.

I tagli pesantissimi, le riduzioni dei servizi sociali, delle pensioni, dei salari, gli aumenti propositati delle tasse e dei prelievi, la crescita del costo della vita sono da tempo una dura realtà imposta con precise scelte politiche e con immediate direttive legislative.

Si tratta di scelte deliberate e consapevoli praticate contro i più deboli e contro chi vive del proprio lavoro. All’oggi ad aver pagato sono i giovani, le donne, i lavoratori dipendenti, gli esodati, i pensionati, i disabili, chi è stato relegato ai margini della società. 

Hanno detto che per uscire dalla crisi lo stato deve spendere meno, ma nel concreto hanno solo attaccato il Welfare: la riforma del lavoro e quella delle pensioni, la riduzione delle prestazioni sanitarie e dei servizi sociali.

Da tempo sono diminuti i servizi alla persona, c’è un allungamento delle liste d’attesa ed è sempre più frequente il blocco di nuovi inserimenti.

Regione, ASL, Consorzi e Comuni discriminano tra fornitori della pubblica amministrazione attuando deliberatamente il ritardo dei pagamenti e sono numerosissime oramai le cooperative sociali e le azinede che non possono più assicurare il regolare pagamento degli stipendi dei lavoratori che operano giornalmente nei servizi.

L’aggravamento di questa situazione fa si che si correrà il rischio che i servizi pubblici erogati dal privato sociale a minori, disabili, anziani non autosufficienti, adulti in difficoltà rischiano di non essere più garantiti. 

Per tutti questi motivi, e molti altri ancora, oggi in migliaia sono scesi a manifestare in piazza a Torino.

Una manifestazione costruita interamente dal basso, nata quasi per caso da una semplice proposta sui social network che però, col passare delle settimane, ha saputo costruire attorno a se una rete di lavoratori e lavoratrici del sociale accumunati dalla voglia di prendere finalmente la parola, non delegando ai soliti referenti (vedi sindacati e partiti) la rappresentazione delle proprie istanze e convinti che il cambiamento è possibile se si attiva una forza sociale in grado di costruire un modo di vedere e pensare diverso, capace di rivendicare e di attuare un altro modello di coesione sociale contrapposto a quello della politica intesa come scambio e ricatto.

Bisogna far capire a quelli che pensano di essere i padroni delle istituzioni che il sociale non è un lusso e la sua distruzione finirà col costargli molto cara.


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