Sull’uso capitalistico delle macchine
Partendo dal testo “sull’uso capitalistico delle macchine nel neo-capitalismo” pubblicato sul primo numero dei Quaderni Rossi nel 1961, cerchiamo di aggiornare la critica di Panzieri all’automatizzazione del lavoro attraverso lo sviluppo tecnologico.
Panzieri inizia la carriera politica nel PSI seguendo le lotte contadine in Sicilia, per poi trasferirsi a Torino nel ’59 dove segue le lotte degli operai immigrati dal sud all’interno delle fabbriche. Il nuovo approccio al conflitto e alle richieste avanzate dagli operai porta sempre più Panzieri ad allontanarsi dal partito e dai sindacati, fonda così i Quaderni Rossi invitando gli operai a una lotta senza intermediari e stimola il partito a essere strumento per le lotte e non il cappello.
Entrando in fabbrica l’operaio è isolato e diventa un’appendice delle macchine, che ne assorbono la vitalità a profitto del padrone. Panzieri coglie questi processi e sottolinea come la tecnologia non sia mai neutrale, ma è funzionale al consolidamento del potere del capitale. Una critica controcorrente al pensiero di quei tempi in cui si pensava che la tecnologia avrebbe liberato l’essere umano dal giogo del lavoro.
Oggi il capitalismo ha molteplici sfaccettature, da quello iper-tecnologico al bracciantato, dunque anche il lavoro e le forme di lotta sono molteplici e diversificate, ma devono cercare di creare aggregazione e cooperazione tra i lavoratori per formare un opposizione unita contro il padronato. Anche se l’uso dei dati, i continui aggiornamenti, la globalizzazione del mercato del lavoro sono forme di colonizzazione del capitale sull’individuo, nel perpetuo processo di messa a valore e mercificazione della vita intera.
Ne parliamo con Gianfranco Ragona, docente di storia del pensiero politico all’università di Torino
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