Algeria, in piazza contro il fracking
Dopo due mesi di proteste, gli attivisti che nel centro dell’Algeria si battono contro i progetti per l’estrazione del gas di scisto potrebbero aver ottenuto il loro primo successo. Secondo alcune testimonianze, il 27 febbraio l’azienda statunitense Halliburton e le francesi Schlumberger e Total hanno tolto le loro attrezzature per la trivellazione e la fratturazione idraulica (fracking) dal bacino di Ahnet, uno dei siti per l’esplorazione del gas di scisto individuati dall’azienda energetica di stato algerina Sonatrach. Non è chiaro, però, se le aziende siano state costrette a lasciare il sito a causa delle proteste degli abitanti o semplicemente perché le squadre incaricate di valutare il potenziale del bacino hanno concluso la loro missione.
Nel frattempo a In Salah, la città diventata l’epicentro delle proteste contro il fracking, la tensione resta alta. Il 28 febbraio e il 1 marzo sono scoppiati dei violenti scontri tra migliaia di manifestanti e gli agenti della gendarmerie. Il 28 febbraio gli attivisti per la difesa dell’ambiente a In Salah hanno circondato l’edificio dell’amministrazione locale (daïra) e forzato il cordone di sicurezza formato dalle forze antisommossa. Gli agenti hanno usato i gas lacrimogeni, ferendo alcune persone. Molte altre sono state arrestate. La Lega algerina per la difesa dei diritti umani ha condanna- to l’intervento della gendarmerie e ha chie- sto la liberazione delle persone fermate.
Richiamo internazionale
Il livello di mobilitazione nell’Algeria centrale è molto alto. Il movimento contro il fracking si sta espandendo dopo l’arrivo di ecologisti stranieri che hanno risposto all’appello dei cittadini di In Salah. In un comunicato pubblicato il 28 febbraio il collettivo degli abitanti ha condannato “la linea dura della Sonatrach e le manovre delle multinazionali”. Per “rispettare i contratti firmati con le aziende straniere”, si legge nel comunicato, “la Sonatrach ha deciso di procedere con il fracking e di affidare le operazioni, accompagnate da un rafforzamento straordinario dei dispositivi di sicurezza, all’azienda statunitense Halliburton. La Sonatrach non si fermerà davanti a niente: né di fronte ai rischi per la salute della popolazione né di fronte al pericolo di contaminazione dell’acqua e dell’ambiente né di fronte alle foto e ai video del sito di trivellazione che mostrano fino a che punto i lavori siano svolti all’insegna dell’incompetenza, del lassismo e dello sperpero”.
Di fronte all’aumento delle proteste contro l’estrazione del gas di scisto, l’amministratore delegato della Sonatrach ha dichiarato che non è stata ancora presa una decisione definitiva sullo sfruttamento del gas di scisto e che “la fattibilità tecnica e commerciale del progetto non è ancora stata accertata”. Ha aggiunto che i due pozzi trivellati nel bacino di Ahnet avevano unicamente lo scopo di valutarne il potenziale e che la Sonatrach “non risparmierà sulle misure di protezione dell’ambiente, soprattutto delle falde acquifere”.
Sarà vero? Il dibattito è appena cominciato, anche se per il momento non si registra una grande mobilitazione tra il resto della società civile algerina.
Nel maggio del 2014 l’Algeria ha approvato le esplorazioni delle riserve di gas di scisto, che secondo alcune stime sarebbero le terze più grandi del mondo. Da allora sono stati trivellati quattro pozzi nei bacini di Ahnet e Illizi, in una regione arida. Il progetto è stato criticato sia per le conseguenze ambientali sia per quelle economiche. L’Algeria è il primo produttore di gas e il terzo di petrolio in Africa. Ma la sua economia non è diversificata e ha subìto un duro colpo dopo il calo del prezzo del petrolio.
Yazid Alilat, Le Quotidien d’Oran, Algeria, traduzione a cura di Internazionale, da Cortocircuito
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