Argentina in pandemia…
Ma le lotte politiche e sociali non le ferma nemmeno il Covid 19, e neppure la “sindrome del governo amico”.
Riceviamo e pubblichiamo volentieri il seguente articolo inviatoci da Angelo Zaccaria che ci aggiorna nuovamente sulla situazione in Argentina tra pandemia e fase elettorale, dopo il suo precedente contributo del 2019.
Questo ultimo viaggio in Argentina, quasi 4 mesi fra fine Gennaio e fine Maggio di questo anno 2021 , è stato certamente diverso da tutti gli altri, per le ragioni personali che lo hanno determinato ed accompagnato, per la mini-odissea burocratico-sanitaria che lo ha quindi reso possibile, per il fatto stesso di essere avvenuto mentre l’emisfero nord ed anche quello sud, Argentina inclusa, erano immersi e si dibattevano nella vicenda della nota pandemia da Covid 19.
Per dare un minimo di schema al racconto di questa permanenza a Buenos Aires, procederò per punti.
LA PIAZZA A VOLTE RALLENTA MA NON SI FERMA MAI.
Nel corso del mese di Febbraio non ci sono state mobilitazioni particolarmente significative. Paradossalmente infatti il primo concentramento di rilievo al quale partecipo, anzi per essere più preciso assisto, avviene il 27 Febbraio in Plaza de Mayo, ed è convocato dalla opposizione di destra. I temi sono quelli soliti della corruzione dei governi peronisti passati e presenti, e le critiche alla gestione attuale della pandemia. In realtà tutto quanto ormai accade nel paese, è influenzato dal prossimo appuntamento elettorale di rilievo, che sono le elezioni parlamentari parziali previste per fine anno.
Quello che si nota più è, oltre ad una partecipazione numerica decisamente inferiore a quella media degli eventi di massa convocati sia dal peronismo che dalla sinistra, il carattere meno strutturato della organizzazione dell’evento. Pochi gli striscioni, molta gente sciolta, un tripudio di bandiere biancocelesti. Una parte dei dimostranti partecipa dalla strada facendo caroselli con le macchine. Poche facce meticce ed andine il che denota la scarsa presenza delle componenti più proletarie della società argentina, molte persone “comuni” della cosiddetta classe media-bassa e media di questa città, dove non dobbiamo scordare che viene eletta l’unica carica pubblica di grande rilievo nazionale attualmente occupata dalla destra, che è il sindaco di Buenos Aires.
Clima piuttosto pimpante ma anche ostile ed aggressivo: “hijos de puta”, “que se vayan”, alcuni degli slogan più ricorrenti, e poi il pupazzone gonfiabile con le sembianze di Cristina Kirchner in divisa da galeotto, addossato alla recinzione metallica di fronte alla Casa Rosada.
Di ben altro spessore e partecipazione le manifestazioni che verranno di lì a poco. Il 4 Marzo partecipo alla prima grande manifestazione dei gruppi piqueteros, dall’Obelisco verso il Ministero del Lavoro. La composizione sociale dei partecipanti è quella consueta: molte donne e molti giovani, provenienti sia dalla zone povere di Capital Federal che dall’immenso conurbano. La composizione politica è invece quella che vedrò replicare in quasi tutte le iniziative di piazza dei mesi successivi: assenti i movimenti di base più affini al governo peronista in carica, assente anche la CCC (Corriente Clasista y Combativa) che in realtà è influenzata da un partito maoista ma alleata in piazza coi movimenti peronisti. Presenti invece Polo Obrero, MST, MTR, Movimiento Territorial Rebelde ed altri, in pratica una parte del ventaglio variegato di gruppi e movimenti più legati alla sinistra ed indipendenti dai due blocchi politico-elettorali che dominano la politica argentina, ovvero la destra ed i peronisti.
Ma il dato che mi impressiona di più è un altro, cioè la grande partecipazione numerica. Il concentramento inizia alle 11 all’Obelisco coi cortei che arrivano da varie direzioni. Obelisco e MetroBus sulla Avenida 9 De Julio, bloccati per ore. Dopo le 12,30 il corteo si muove verso il Ministero del Lavoro. Me ne vado verso le 14,30, ma ci sta la coda del corteo ancora all’Obelisco, ed il MetroBus sempre bloccato.
La successiva mobilitazione importante sarà quella dell’8 Marzo. Anche questa assolutamente non virtuale e tutta nelle strade. Le persone son meno delle altre due edizioni alle quali partecipai, nel 2018 e 2019, ma quelle eran davvero enormi. Come sempre molte giovani, e stavolta nessun palco alla fine in Plaza Congreso. Presente la galassia dei gruppi della sinistra ed i gruppi femministi più legati alla sinistra. Si percepisce anche una certa intenzione dei maggiori gruppi trotskysti di dare una loro impronta al corteo: alla testa si nota un cordone di servizio d’ordine “misto”, con le pettorine del P.O. e del M.S.T.. Credo però che questo sia anche lo specchio del ruolo avuto da queste forze nella promozione del corteo, remando contro le campagne del governo peronista e di parte dei media contro le mobilitazioni di piazza, 8 Marzo incluso, viste prevalentemente come occasioni di contagio. Anche qui comunque la partecipazione è significativa, anche se alcune componenti, come per esempio i gruppi e movimenti separatisti e lesbici, mi paiono meno visibili che nelle edizioni precedenti da me viste. Verso le 18 si forma un corteo parallelo a quello principale in Avenida De Mayo, che risale verso il Congreso da Avenida Rivadavia. Plaza Congreso, che è molto grande, è meno piena delle altre volte, ma alle 19 la gente continua ad arrivare e non mancano alcuni punti di affollamento ed imbottigliamento.
Dopo meno di due settimane altra grande manifestazione, per importanza nella politica Argentina, assolutamente confrontabile col nostro 25 Aprile: la manifestazione annuale del 24 Marzo per ricordare l’inizio della dittatura militare nel 1976. Sempre assenti i gruppi e movimenti più legati al peronismo ed al governo. Mancano anche Madres e Abuelas di Plaza De Mayo, ma in questo caso la motivazione della precauzione sanitaria mi pare del tutto genuina e credibile, per l’ovvio dato della età media molto avanzata. Su questo punto tornerò più avanti.
Alla testa del corteo ci sono i gruppi per i diritti umani più “indipendenti” o legati alla sinistra, come Correpi; poi realtà sindacali e lavorative “combattive”, e poi tutto il resto. Anche in questo caso forte presenza dei gruppi di sinistra e trotskisti e movimenti piqueteros ad essi affini. In particolare mi colpisce la folta partecipazione allo spezzone del “Partido Obrero/Tendencia”, espressione del cosiddetto “gruppo di Ramal ed Altamira”, protagonisti nel 2019 di una scissione del Partido Obrero, alla quale dedicai parte del mio precedente articolo dedicato al viaggio in Argentina di quell’anno (https://www.infoaut.org/notes/argentina-un-viaggio-nella-crisi-sociale ). In altri termini, questo è un paese talmente politicizzato e mobilitato, perlomeno per i nostri standard attuali, che perfino le scissioni dei partiti trotskisti portano migliaia di persone in piazza.
Nel corteo però si percepisce forse una minore presenza di cani sciolti, classe media progressista, gruppi studenteschi e di artisti. Meno grande corteo popolare, espressione di una parte della società argentina, come ho percepito nelle occasioni precedenti, e più corteo militante e strutturato. Questo lo dico perché non si intenda che la vicenda Covid 19 non abbia avuto anche lì, una influenza pesante sulle dinamiche della piazza e della partecipazione politica. In ogni caso si tratta sempre di una manifestazione non enorme ma sempre molto grande: i cortei entrano in Plaza De Mayo da tre direzioni diverse.
Ma le mobilitazioni continuano anche nelle settimane successive. Una anticipazione che sarà così si avrà il 5 Aprile, con una assemblea ai piedi dell’Obelisco, promossa dalla “Unidad Piquetera”, un coordinamento di organizzazioni di piqueter@s indipendenti dal governo di turno e legate alla sinistra (P.O., F.O.L., M.T.L., M.T.R., F.O.B. Autonoma, M.S.T. etc.). Presenti un migliaio di persone circa. Viene lanciato un “Plan de Lucha” su vari temi economici e rivendicativi. Io stesso però in quel momento mi chiedevo come le vicende sanitarie e la temuta “seconda ondata” del Covid 19, avrebbero potuto influire su questo piano di lotta.
Mentre l’assemblea è in corso, l’area dell’Obelisco viene attraversata da un’altra manifestazione, in questo caso un corteo in movimento, partito dalla stazione ferroviaria di Once. Il tema in questo caso è la “liberazione dei prigionieri politici”: campeggiano i nomi ed i ritratti di Milagro Sala e di Luis D’Elia. Fra i promotori ci sta il Movimento Evita e Miles. Svariate migliaia di persone. In questi miei quasi 4 mesi di permanenza, questo sarà l’unico corteo che io abbia visto sfilare, promosso da un settore di movimenti legati al peronismo, e quindi più affini all’attuale governo in carica.
Dopo appena tre giorni, l’8 Aprile, altra grande manifestazione della “Unidad Piquetera”. Il tutto si snoda lungo l’asse fra Plaza Constitucion, Ministerio de Desarollo Social e Ministero del Lavoro. Davvero tanta gente, molti movimenti e gruppi legati alla sinistra, ma anche Barrio de Pie. Quest’ultimo è un movimento che, fondato nel 2000/01 da militanti di provenienza marxista, era poi approdato all’alleanza col governo di Nestor Kirchner, per poi collocarsi su posizioni critiche affini a logiche di centro liberale/centro-sinistra/nazional-popolari. Con l’arrivo dell’ultimo governo peronista si scindono: una parte minoritaria entra nel Movimiento Evita, e quella maggioritaria che resta col “marchio”, entra nella Unidad Piquetera.
Il colpo d’occhio sulla Avenida 9 de Julio mentre sfilano i cortei dell’8 Aprile, subito dopo il Ministerio de Desarollo Social, è impressionante. Sono in mezzo a questo vialone composto da varie corsie, controviali e corsie riservate del MetroBus: mi trovo al centro ed a i due lati due lunghissimi cortei sfilano verso nord, per poi ricomporsi quando le strade si restringeranno sul cammino verso il Ministero del Lavoro. Tutto questo accade anche perché siamo ancora in una fase dove la pandemia non morde molto, seppure in Argentina i decessi non siano mai scesi sotto una certa soglia. Ma proprio in quei giorni i media cominciano a suonare l’allarme sull’arrivo della possibile seconda (o terza) ondata del Covid in Argentina.
Il 27 Aprile, meno di 20 giorni dopo, viene convocata una nuova mobilitazione importante, ci si concentra al Ministero del Lavoro per rivendicare l’aumento del salario minimo, il quale a sua volta influisce sugli importi di sussidi di disoccupazione e simili. Convocano il coordinamento dei sindacati combattivi ed i movimenti della Unidad Piquetera. Il clima però è cambiato: è iniziata la nuova ondata del Covid 19. Nella grande Buenos Aires il 75% delle terapie intensive son piene. In un grande ospedale pubblico come l’Hospital de Clinicas, si arriva al 100%. Il tasso di mortalità per chi arriva in terapia intensiva è molto alto: il 50% o più.
Gli effetti del mutato clima e del ritorno della paura, si vedono anche in piazza il 27 Aprile. La partecipazione è significativa ma inferiore al solito, per stessa scelta dei promotori, che decidono di contingentare la partecipazione organizzata dai singoli gruppi. Questo è reso possibile dal fatto che questo tipo di iniziative, legate a temi economici e sociali, a Buenos Aires son di solito molto strutturate, ci si arriva inquadrati nelle proprie organizzazioni o movimenti, e lo spazio che si prendono cani sciolti e battitori liberi è abbastanza limitato.
Mi colpisce il sistema sperimentato nello spezzone del Polo Obrero (il movimento piquetero legato al Partido Obrero), mentre lo vedo sfilare verso il Ministero, per mantenere una certa distanza fra le persone che partecipano al corteo: molte lunghe aste di plastica vengono tenute in mano sia per delimitare i singoli cordoni e chi ne fa parte e limitare quanti si muovono in maniera sciolta, sia per chiudere ai lati il corteo.
Che il clima politico sia cambiato anche in piazza e nelle strade, lo si vede confermato appena pochi giorni dopo. Il Frente de Izquierda de los Trabajadores-Unidad (FIT-U), alleanza politico elettorale di partiti e movimenti trotskisti e di sinistra, in un primo tempo convoca un concentramento in presenza in Plaza de Mayo per celebrare il primo Maggio, ma subito dopo cambia il formato dell’evento, il quale diventa virtuale. Del resto solo il 2 % circa degli argentini/e a inizio Maggio ha ricevuto una seconda dose di vaccino Covid, ed il governo peronista è leggermente in difficoltà nel sostenere che “meglio non si poteva fare”.
A., attivista del Frente de Organizaciones en Lucha (FOL) mi aiuta a comprendere meglio questo mondo della Unidad Piquetera, uno dei soggetti che più ho visto occupare le piazze in queste settimane. I gruppi piqueteros legati alla sinistra anticapitalista, nella Grande Buenos Aires mobilitano stabilmente in piazza circa 30.000 persone, e nei territori ne organizzano in tutto circa il doppio, per un totale di 60.000. Altri 60.000 vengono organizzati nel resto della Argentina, per un totale di circa 120.000. Se consideriamo invece i movimenti piqueteros affini al peronismo e la CCC, tutti questi numeri raddoppiano. Il mondo piquetero nel suo complesso quindi, organizzerebbe una quantità di persone non lontana dal numero di 400.000, una minoranza certo, ma organizzata nei territori, con una stabile capacità di mobilitazione, e quindi in grado di condizionare la politica di qualunque governo.
Il FOL ha subito anche una recente scissione, dividendosi in FOL UNIDAD e FOL BLOQUE. Questo ha indebolito un poco il FOL favorendo secondo A. il permanere, dentro la Unidad Piquetera, di una certa egemonia del Polo Obrero. Ma A. dice un’altra cosa a mio avviso indicativa: il costante aumento della povertà in Argentina farebbe sì che flussi di nuova militanza non tardino a colmare vuoti e debolezze create dalla scissione.
Da fine Aprile sino al mio rientro in Italia, avvenuto il 25 di Maggio, a causa del nuovo peggioramento della situazione sanitaria si entra in una moratoria di fatto delle mobilitazioni del movimento piquetero. Ma non sarà una moratoria troppo lunga. Dopo qualche settimana dopo il mio rientro, le mobilitazioni riprendono. Piccole lotte o vertenze minori invece non conosceranno mai nessuna moratoria: per esempio, nell’ultimo periodo della mia permanenza gli autisti dei pullman a lunga percorrenza, bloccano per due giorni la Avenida 9 de Julio.
MA DAVVERO IN ARGENTINA I PERONISTI E LA DESTRA SON UGUALI O QUASI??????
Avviciniamoci al tema del titolo, prendendolo un poco di lato.
In tutto il mondo la pandemia ha impattato in modo più o meno brutale sulla dinamica politica e sociale. Anche nel caso dell’Argentina, nelle fasi più drammatiche la pandemia ha ridotto fortemente le mobilitazioni sociali e di piazza, per ragioni abbastanza ovvie. Ma non appena la situazione tendeva a migliorare, le mobilitazioni riprendevano. Gli argomenti non mancano in un paese che continua ad avere il 45/50 % della popolazione in condizioni di povertà, ed un tasso di inflazione fra i più alti nel mondo.
Ciò che però mi ha colpito in questo ultimo viaggio, in un inevitabile confronto con le altre tre permanenze, avvenute fra il 2017 ed il 2019, quando governava il presidente di destra Macri, è che in questo caso, a parte le piccole mobilitazioni e vertenze di settore, che ci sono sempre, le mobilitazioni più generali e con maggiore partecipazione, vedevano la presenza di movimenti, sindacati e gruppi vicini alla sinistra, e l’assenza sistematica di quelli più affini al peronismo ed all’attuale governo. Un discorso a parte meritano i movimenti femministi, che fra i grandi movimenti di base argentini sono quelli maggiormente indipendenti da gruppi e partiti di governo e non, e quindi tendono a mettere al centro i temi della propria agenda, a prescindere dal governo di turno.
Poi ci son state anche le mobilitazioni dei gruppi e partiti di destra, ma che non sono il tema centrale di questo mio contributo, e che come descritto verso l’inizio han caratteristiche e vedono in campo soggetti sociali diversi, mentre invece la base sociale delle mobilitazioni di piazza della sinistra e del peronismo è in parte simile.
Le ragioni “ufficiali” di questa assenza dalla piazza del peronismo, quelle dichiarate più volte dai diretti interessati, risiederebbero nel loro senso di responsabilità verso la pandemia e la prevenzione dei contagi.
Io credo che questa ragione valga solo per una componente, pure molto importante di questo mondo, peraltro in parte più affine al peronismo ed in parte meno: penso alle Madres e Abuelas di Plaza de Mayo, per una ovvia ragione di giusta salvaguardia legata alla età avanzata.
Penso invece che per tutto il resto, penso ai sindacati peronisti, al cosiddetto “triumvirato piquetero” affine al peronismo o tatticamente alleato ad esso (CTEP, Movimiento Evita, CCC etc….), alla stessa Campora (la gioventù peronista), le ragioni vere siano sostanzialmente altre.
Credo che questi gruppi non si mobilitano semplicemente perché non ne vedono il bisogno, in quanto riconoscendosi nell’attuale governo pensano che ci siano altri canali più diretti ed efficaci per far valere le loro ragioni, o più semplicemente per non “disturbare il manovratore”, oppure perché in Argentina, forse più che altrove, le mobilitazioni di piazza sono parte integrante dello scontro di potere, politico ed elettorale, nonché uno degli strumenti principali con cui si fanno le stesse campagne elettorali.
In altre parole, credo di non sbagliare nell’immaginare che, se per disgrazia del popolo argentino le elezioni presidenziali del 2019 le avesse rivinte Macri, di fronte al proseguimento delle sue politiche antisociali e neo-liberiste, o di fronte ad una eventuale gestione della pandemia con politiche alla Bolsonaro, i peronisti non se ne sarebbero certo stati a casa, e non si sarebbero certo limitati ad iniziative virtuali ed a flash-mob, in nome del senso di responsabilità nazionale verso i rischi di contagio.
Questo che significa allora, che la politica argentina è una notte scura dove tutte le vacche diventano grigie ?? Che tutto si riduce ad un mero scontro per il potere fra i due blocchi politici principali ?? Oppure significa che ha ragione il Partido Obrero, il quale non solo sostiene che destra e peronisti son quasi la stessa roba, ma in alcuni momenti si spinge ad affermare che i peronisti sono i migliori amministratori delle politiche neoliberali, in quanto candidati ad implementarle senza troppi conflitti sociali ????
Io trovo questa visione del Partido Obrero e di altri, troppo schematica e non del tutto realistica.
Innanzitutto non bisogna semplificare troppo il vasto universo del peronismo argentino, vedendolo come un tutto omogeneo. Come è noto una delle caratteristiche principali del peronismo è quella di contenere al proprio interno tendenze politiche e culturali molto diverse. Sia nel movimento piquetero, penso alla CTEP di Juan Grabois, che nel mondo sindacale, penso per esempio al sindacato dei Camioneros, esistono tendenze più radicali e massimaliste, che sia in passato che ora, se pensano sia necessario non mancano di porsi in modalità conflittuale e vertenziale, seppure spesso non andando oltre mere declamazioni, anche nei confronti di un governo peronista.
A questo si aggiungono valutazioni di carattere più generale. Senza volermi qui improvvisare esperto di geopolitica, non mi pare azzardato ipotizzare che la posizione mondiale dell’Argentina come paese in parte dominato e con una economia in parte controllata dall’esterno, fa sì che nel suo establishment esista una genuina frattura storica, fra una componente più legata ai grandi centri speculativi del potere economico e finanziario transnazionale ed alle esportazioni di prodotti primari, minerari, energetici e agricolo-zootecnici, ed una componente che promuove uno sviluppo nazionale più indipendente, maggiormente centrato sull’industria, in una ottica multipolare e di integrazione continentale del mondo latino. Tocchiamo qui una delle questioni più dibattute nella sinistra mondiale, in particolare nel sud del mondo: quella della cosiddetta “borghesia nazionale” e del suo ruolo come possibile “alleata tattica” delle forze anticapitaliste.
Ma vediamo ora di scendere più nel concreto.
A ben vedere persino in Italia il discorso della serie: “ sono tutti uguali”, non è esattamente vero. Ebbene in Argentina lo è ancora di più. Passiamo in rassegna le differenze più evidenti fra la destra argentina, e quella corrente progressista del peronismo identificata col kirchnerismo, che ha governato dopo la grande crisi del 2001-2002, e dopo il quadriennio macrista influenza fortemente anche il governo attuale.
Una delle differenze più macroscopiche è legata al tema cruciale dei diritti umani e della memoria legata agli anni della dittatura: la destra in Argentina è revisionista, negazionista e a favore del colpo di spugna a beneficio dei repressori; il peronismo di governo di tutti questi anni dal 2003 in poi no, pur non mancando limiti e contraddizioni.
Macri presidente e la sua terrificante ministra della sicurezza Bullrich, nel Dicembre del 2017 hanno regalato a Buenos Aires, durante le mobilitazioni contro il taglio delle pensioni, il più violento e drammatico momento di repressione di piazza dal 2002. Il peronismo tende a garantire una maggiore agibilità alle manifestazioni, perlomeno nella capitale. Nel corso di questa ultima mia permanenza la presenza di polizia alle manifestazioni era minima, e le restrizioni riguardavano tuttalpiù i tentativi di blocco stradale sui grandi ponti di accesso ed uscita dalla città.
Inoltre non si può negare la propensione generale del peronismo verso un maggiore intervento dello stato in economia. Sulle politiche di tipo assistenziale invece, le differenze sono in fondo meno marcate che in altri campi. I sussidi li erogava anche Macri, non fosse altro perché se così non fosse l’Argentina, e soprattutto alcune aree come la Grande Buenos Aires, esploderebbe.
Il tutto senza dimenticare che il peronismo, né storicamente né ora ha mai preconizzato una alternativa al capitalismo, ma una sorta di patto nazionale di redistribuzione, non esente da toni corporativi, una sorta di alleanza fra “borghesia nazionale”, sindacati e movimenti popolari, ben sintetizzata nel famoso slogan: “50% al lavoro e 50% al capitale”. Infine non va dimenticato che l’attuale presidente argentino Alberto Fernandez, nel ventaglio politico interno al peronismo esprime una posizione di centro. Si veda l’assoluta volontà di mediare e non rompere col FMI e soci, sulla questione cruciale del debito estero. Ma si veda anche la volontà di non rompere con tutto il grande mondo agro-esportatore, legato alla speculazione finanziaria in quanto detentore del grosso del valore delle esportazioni argentine.
SINISTRA IN PIAZZA….MA ANCHE IN CAMPAGNA ELETTORALE.
Un altro dato da non trascurare, pena perdersi un pezzo della realtà, è che il forte legame fra dinamica della piazza e lotta politico-elettorale, non riguarda solo i due principali blocchi di potere, peronisti e destra, ma anche seppure in forme diverse la stessa sinistra.
Il 2021 in Argentina è un anno elettorale, si tratta del più importante appuntamento elettorale che si svolge a metà fra una elezione presidenziale, che si tiene ogni 4 anni, e quella successiva.
Oggi 12 Settembre si terranno le elezioni primarie, che servono a definire i candidati in ogni spazio o coalizione elettorale, ma anche a misurare i rapporti di forza fra queste. Infine il 14 Novembre si terranno importanti elezioni legislative parziali, per rinnovare un terzo del Senato e metà del “Congreso”.
Già nelle ultime settimane della mia ultima permanenza, seppure mancassero ancora 4 mesi all’inizio del processo elettorale, si cominciava a percepire l’influenza che questo processo avrebbe avuto sulla dinamica di piazza, inclusa quella animata da gruppi e movimenti della sinistra anticapitalista.
Per essere chiari, alla base delle mobilitazioni in Argentina ci sta soprattutto la polarizzazione sociale esistente, la povertà, la precarietà e l’alta inflazione, coniugata ad una grande tradizione e capacità di organizzare dal basso il conflitto. Ma questo nulla toglie al fatto che anche i gruppi ed i partiti di sinistra, i quali partecipano al processo elettorale, caratterizzati oltretutto da scarso accesso a risorse finanziarie ed al sistema mediatico, non possano usare scioperi, picchetti, blocchi stradali e cortei, per svolgere a loro modo la loro campagna elettorale……in fondo a ben pensare neanche un cattivo modo.
Questo aspetto, in parte normale e comprensibile, verrà poi in questi mesi di entrata a pieno regime nella campagna elettorale, strumentalizzato dalla propaganda governativa peronista, per sostenere ad esempio che le incalzanti mobilitazioni dei gruppi piqueteros combattivi, non sarebbero espressione di genuino malcontento sociale ma di logiche di tipo elettoralistico.
Dietro tutto questo però ci sta un altro aspetto interessante, e che anche esso distingue la situazione argentina rispetto ad un contesto come quello nostro: in Argentina la maggior parte dei gruppi, partiti e movimenti della sinistra di classe, partecipano ai processi elettorali. Questa scelta non interessa solo i gruppi trotskisti, notoriamente piuttosto forti da quelle parti, ma anche organizzazioni provenienti da altri filoni e tradizioni.
Sulle radici e sulle ragioni di questa attitudine “pragmatica” rispetto alle elezioni, sarà utile ritornare in futuro con ulteriori approfondimenti.
Angelo Zaccaria
Milano- 12 Settembre 2021
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