InfoAut
Immagine di copertina per il post

Brexit: cosa succede in Irlanda del Nord?

||||

La Redazione di Infoaut ha intervistato Paolo Perri, Ricercatore di Storia Contemporanea dell’Università della Calabria, a proposito dei recenti scontri in Irlanda del Nord dove una giornalista di 29 anni ha perso la vita nella cittadina di Derry.

 

 

1) Per capire cosa sta succedendo in Irlanda in questi giorni facciamo un passo indietro per chi ci legge. Cosa c’entrano gli accordi di pace del 1998 con l’Unione Europea?

L’accordo di pace del 1998, il cosiddetto Good Friday Agreement, ha di fatto sancito la fine dei Troubles, quello stato di guerra civile latente che dal 1969 al 1998 ha causato circa 3.500 vittime e più di 50.000 feriti nelle sei contee nordirlandesi rimaste sotto il controllo britannico. L’accordo, che prevede la condivisione del potere tra gli unionisti e i nazionalisti, ha visto proprio nella dimensione europea uno dei suoi più importanti pilastri. Il fatto che sia la Gran Bretagna che la Repubblica d’Irlanda fossero paesi membri dell’Unione – nel testo si fa esplicitamente riferimento al ruolo dei due stati in quanto «partners in the European Union» – ha di fatto consentito lo smantellamento di uno dei confini più militarizzati d’Europa dopo la caduta del Muro di Berlino, con tutte le positive ricadute anche economiche che ciò ha comportato. Un altro aspetto fondamentale della questione è poi quello dei diritti umani. L’accordo, infatti, ha costretto il governo britannico a riconoscere e applicare la Convenzione Europea sui Diritti Umani (ECHR), garantendo ai cittadini nordirlandesi la possibilità di ricorrere alla Corte Europea per i Diritti Umani. Proprio la protezione dei diritti umani, che a prima vista questo potrebbe apparire come un aspetto di secondo piano, rappresenta invece uno dei punti di capitale importanza nel complicato dedalo politico nordirlandese perché è stato, ed è ancora oggi, la pietra angolare dello stesso processo di pace. Il riconoscimento e la successiva adozione della ECHR da parte britannica, infatti, hanno permesso di smantellare un sistema politico basato sulla discriminazione sistematica della minoranza cattolico-nazionalista, sostituendolo invece con uno fondato sulla condivisione, seppur forzata, dei poteri.

2) Perché l’indipendenza dell’Irlanda non fu completa?

Tra il 1919 e il 1921 si combatté quella che è passata alla storia come la Guerra d’indipendenza irlandese. Un conflitto che ha visto il variegato universo nazionalista – che comprendeva una maggioranza più conservatrice ma anche agguerrite avanguardie socialiste e rivoluzionarie eredi del celtomarxismo di James Connolly e che ha visto confluire all’interno dell’Irish Republican Army (IRA) una delle prime milizie operaie d’ispirazione marxista nate in Europa (l’Irish Citizen Army) – scontrarsi con l’esercito britannico fino alla tregua del luglio 1921. Dopo lunghe ed estenuanti trattative, che causarono numerose divisioni nel fronte irlandese, il celebre Anglo-Irish Treaty sancì la nascita dell’Irish Free State (lo Stato Libero Irlandese) che comprendeva le 26 contee a maggioranza cattolica e nazionalista, escludendo però sei delle nove contee che costituivano la storica provincia dell’Ulster, a maggioranza protestante e unionista. Proprio la divisione dell’isola rappresentò una delle cause della guerra civile che vedrà i sostenitori del trattato e la fazione contraria alla sua ratifica confrontarsi militarmente per più di un anno. Quando nell’aprile del 1949 si costituì ufficialmente la Repubblica d’Irlanda il destino dell’isola sembrò definitivamente segnato, e la rinuncia alle sei contee un dato di fatto. Il solco economico e sociale tra le “due Irlande”, andò accentuandosi nel corso degli anni Cinquanta, con l’Ulster che poté beneficiare dei vantaggi del welfare e degli incentivi industriali britannici, mentre la Repubblica conservava la propria struttura prevalentemente rurale e confessionale. I governi di Londra, nel corso degli anni, hanno sempre appoggiato i politici unionisti, garantendogli la massima libertà d’azione, e finendo così per creare nel nord un anomalo e singolare sistema politico a partito unico che ha causato la sistematica discriminazione della popolazione cattolica, la sua esclusione dalla vita politica e ha finito per innescare i Troubles alla fine degli anni ’60.

3) Cosa è successo qualche giorno fa in Irlanda che tu sappia?

Quello che chiunque segua l’evolversi della situazione politica in Irlanda del Nord si aspettava ormai da tempo. La maggioranza della comunità nazionalista ha, infatti, appoggiato il processo di pace e approvato l’accordo del 1998, ma una componente minoritaria, e sicuramente marginale, ne ha sempre rifiutato la valenza. Diversi gruppi nel corso degli anni hanno attaccato la politica di power sharing dello Sinn Féin, denunciando sia la rinuncia al completamento dell’unificazione nazionale, sia l’abbandono di una prospettiva socialista e rivoluzionaria, che avevano entrambe caratterizzato il corso politico e ideologico del nazionalismo radicale nei decenni precedenti. Questo variegato fronte dissidente è cresciuto in sordina negli ultimi anni, in una serie di sigle, movimenti e gruppi paramilitari che sono riusciti proprio a cavallo del recente dibattito sulla brexit a darsi una struttura unificata sia dal punto di vista militare – la New IRA – che da quello politico, con la nascita di un nuovo partito repubblicano dai caratteri apertamente rivoluzionari, Saoradh. Le conseguenze della crisi economica e lo stallo politico che ha di fatto paralizzato la vita politica nordirlandese – dopo le elezioni del 2017 il Democratic Unionist Party (DUP) e lo Sinn Féin non sono riusciti a trovare un accordo lasciando le sei contee senza un governo – hanno contribuito ad acuire le tensioni sociali latenti e negli ultimi mesi gli scontri tra i gruppi dissidenti, composti soprattutto da giovani e giovanissimi, e le forze di sicurezza sono andati moltiplicandosi e intensificandosi. La stessa New IRA ha messo a segno una serie di rapine di autofinanziamento e degli attentati – come l’autobomba al tribunale di Derry dello scorso gennaio – che hanno riportato il livello di violenza politica nella regione indietro di quasi vent’anni. La città di Derry si è trasformata nel centro operativo della dissidenza repubblicana ed è proprio in uno dei più popolosi quartieri popolari della città, Creggan, che ha tragicamente perso la vita la cronista Lyra McKee, colpita da un membro della New IRA durante uno scontro a fuoco con la polizia nordirlandese (PSNI), al culmine di una nottata di violentissimi scontri che hanno sconvolto l’intera area con lanci di molotov e ripetuti scambi di colpi di arma da fuoco.

4) La stampa parla di un ritorno alle tensioni del passato a causa della Brexit. Che relazione c’è?

Una relazione sicuramente molto forte. La brexit rappresenta una seria minaccia per il processo di pace in Irlanda del Nord, forse la più seria dal 1998, proprio perché mette a serio rischio il processo di cooperazione e integrazione tra le due parti dell’isola d’Irlanda, che è alla base dell’Accordo del Venerdì Santo. Il ripristino del confine, infatti, potrebbe avere delle catastrofiche conseguenze sia sul piano economico – l’economia dell’Irlanda del Nord è più integrata nel mercato comune di qualsiasi altra regione del Regno Unito e dipende in particolare dall’accesso al mercato della Repubblica d’Irlanda – sia su quello militare, visto che gli oltre 200 ceckpoint che costellavano le strade transfrontaliere prima del 1998 hanno sempre rappresentato uno degli obiettivi principali delle organizzazioni paramilitari. Facciamo un passo indietro, in Irlanda del Nord in occasione del referendum sulla brexit la maggioranza dei votanti (56%) si è espressa a favore del “remain” nell’UE, abbattendo per una volta le rigide barriere comunitarie che caratterizzano e polarizzano il voto nordirlandese. I due maggiori partiti nazionalisti, lo Sinn Féin e il Social Democratic and Labour Party, hanno sostenuto la campagna anti-brexit, insieme a due partiti unionisti minori – l’Ulster Unionist Party (UUP) e l’Alliance Party – mentre il principale partito unionista, il DUP, il più piccolo Traditional Unionist Voice e il movimento anticapitalista People Before Profit hanno sostenuto l’uscita dall’Unione, seppur da posizioni differenti. L’intera campagna referendaria ha assunto, come di consueto, un carattere estremamente peculiare in Irlanda del Nord. Le questioni al centro del dibattito, infatti, sono state radicalmente diverse da quelle che hanno caratterizzato la discussione pubblica nel resto del Regno Unito. La questione dell’immigrazione, uno dei temi principali del dibattito britannico, non è stata quasi mai citata dalle diverse parti in causa, mentre l’intera campagna si è concentrata sulle conseguenze della brexit sul processo di pace, sull’impatto economico dell’uscita dal mercato unico, sulle implicazioni per le politiche sociali e, soprattutto, sul tema dei diritti umani. L’uscita senza condizioni dall’UE (la cosiddetta Hard Brexit), quindi, seppur respinta dalla maggioranza dei cittadini nordirlandesi si è subito trasformata nella principale rivendicazione del DUP, sui cui preziosissimi voti si regge la maggioranza conservatrice di Theresa May. Lo stesso Sinn Féin, membro della sinistra europea (GUE/NGL), ha accantonato in occasione del referendum il suo storico anti-europeismo proprio per le ricadute locali che un’eventuale uscita del Regno Unito avrebbe causato sull’isola ancora divisa. La brexit ha rappresentato quindi un inequivocabile vettore di radicalizzazione e inasprimento dei rapporti intercomunitari, contribuendo a dare nuovo vigore alle formazioni dissidenti che, sia negli ambienti repubblicani che in quelli unionisti, vedono nel ritorno a una netta divisione territoriale un’ottima occasione per mettere in discussione l’intero processo di pace.

5) Secondo te l’Unione Europea ha garantito all’Irlanda la possibilità di essere indipendente in termini economici e politici?

Dipende cosa intendiamo qui per Irlanda. Se ci riferiamo alla Repubblica d’Irlanda, ovviamente la sua indipendenza non è mai stata in discussione dagli anni ’30 del secolo scorso. Per ciò che concerne l’Irlanda del Nord, invece, il contesto comunitario e i vincoli economici e politici che l’UE come organizzazione sovra-statuale ha imposto, hanno certamente favorito e agevolato il processo di pace e lo sviluppo di un economia transfrontaliera, riavvicinando di fatto le sei contee del nord al resto della repubblica e garantendo al contempo la fine delle violenze.

7) Che analogie ci vedi con la Catalogna rispetto al rapporto che queste “regioni” hanno con l’Unione Europea?

Si tratta di situazioni radicalmente differenti. Nel caso catalano, infatti, ci troviamo di fronte a un movimento indipendentista che mira alla secessione della Catalogna dalla Spagna, mentre per l’Irlanda del Nord è più corretto parlare d’irredentismo. La minoranza nazionalista, infatti, vorrebbe la riunificazione dell’isola, mentre l’idea di un Ulster indipendente ha raccolto in passato pochissimi consensi e per lo più negli ambienti unionisti. Nel caso catalano il movimento indipendentista, nelle sue due componenti principali (Esquerra Republicana de Catalunya e Partit Demòcrata Europeu Català), ha sempre mantenuto un indirizzo fortemente europeista, al contrario invece dell’indipendentismo radicale di estrema sinistra (Candidatura d’Unitat Popular) che ha sempre considerato l’UE come una struttura asservita e funzionale agli interessi del capitalismo internazionale. L’idea di una repubblica catalana indipendente all’interno di un’Europa federale ha rappresentato, infatti, uno dei principi portanti del catalanismo politico di orientamento progressista e liberale. C’è da dire che l’europeismo catalanista ha subito un grave colpo in occasione del referendum del 1 ottobre 2017, quando l’Europa e i rappresentanti dell’Unione sono rimasti ovviamente in silenzio davanti alle violenze delle forze di sicurezza spagnole, salvo poi garantire il pieno supporto al governo di Mariano Rajoy durante tutto il corso della campagna repressiva che è ancora in corso. Per l’Irlanda del Nord il discorso è, ancora una volta, differente. Come abbiamo visto, il quadro giuridico comunitario ha rappresentato una vera e propria garanzia per la tenuta stessa degli accordi di pace, minati ora seriamente dall’imminente uscita della Gran Bretagna dall’UE e dall’oltranzismo del DUP e dell’unionismo radicale.

 

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

BREXITGran Bretagnairairlandairlanda del nordNEW IRAunione europea

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Giornata di mobilitazione per il clima e a sostegno della Palestina.

Da Nord a Sud Italia questa mattina lo sciopero climatico lanciato da Fridays For Future ha riempito le piazze di giovani e giovanissimi che hanno ribadito le connessioni stringenti tra la devastazione dei territori e le guerre, rappresentando un forte grido in sostegno alla Palestina.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Appello alla mobilitazione in sostegno alla popolazione di Gaza ed alla resistenza palestinese

Ci appelliamo a tutt3 coloro che vogliono sostenere la resistenza del popolo palestinese per difendere una prospettiva universale di autodeterminazione, uguaglianza, equità e diritti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Attacco iraniano a Israele: quali conseguenze per il Libano?

Lo Stato ebraico potrebbe intensificare la lotta contro Hezbollah, ma secondo gli esperti una guerra aperta sul territorio libanese è improbabile.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Paese Mapuche: il popolo mapuche convoca una marcia a Temuco contro un megaprogetto elettrico

Viene convocata anche per chiedere la fine della promulgazione e dell’applicazione di leggi che cercano di fronteggiare i genuini processi di rivendicazione territoriale che comunità e Pu lof portano avanti in attesa della ricostruzione e liberazione nazionale mapuche.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Federico II di Napoli: assemblea di massa in solidarietà con il popolo palestinese

Napoli venerdi 12 aprile, h 11.30. Dopo aver impedito al direttore di Repubblica Molinari di portare avanti la sua propaganda guerrafondaia, dopo aver occupato il rettorato, gli studenti della Federico II hanno costretto ad un tavolo il rettore Lorito.  L’aula Conforti della facoltà di Giurisprudenza è stracolma, parliamo almeno di 500 persone.  L’intervento d’apertura da […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Le elezioni USA: non solo uno scontro tra un “rimbambito” e un “delinquente”

Dopo il Super Tuesday del 5 marzo, la partita delle primarie presidenziali negli Stati Uniti si è chiusa con lo scontato risultato della vittoria di Biden da un lato e di Trump dall’altro, che quest’estate verranno incoronati quali candidati per la corsa del novembre 2024 nelle Conventions dei rispettivi partiti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Messico: non ci sarà paesaggio dopo la trasformazione

In un recente comunicato, l’Assemblea Comunitaria di Puente Maderas, Municipio de San Blas Atempa, Oaxaca, intitolato significativamente “Non ci sarà paesaggio dopo la trasformazione”, ribadisce il suo rifiuto fondato e il suo impegno di resistenza alla megaopera del Corridoio Interoceanico dell’Istmo di Tehuantepec.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’obiettivo finale di Netanyahu e le ambizioni regionali dell’estrema destra israeliana

Gli eventi degli ultimi giorni suggeriscono che potremmo vedere prendere forma l’obiettivo finale di Israele. Gli obiettivi del governo di estrema destra di Netanyahu non si limitano a Gaza: vuole conquistare tutta la Palestina e iniziare una guerra anche con Hezbollah e l’Iran.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Napoli: cariche alla manifestazione contro il concerto “in onore” dei 75 anni della NATO. 10 gli attivisti feriti

Scontri e feriti alla manifestazione contro la Nato e le politiche di guerra, 10 i manifestanti feriti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Sudamerica: crisi diplomatica dopo l’assalto della polizia ecuadoregna all’ambasciata del Messico a Quito.

Il presidente messicano Obrador ha annunciato la rottura delle relazioni diplomatiche con l’Ecuador, dopo che la polizia ha fatto irruzione nell’ambasciata messicana a Quito per arrestare l’ex vicepresidente Jorge Glas, legato all’ex presidente Correa, da tempo rifugiatosi in Europa.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Uscita la legge europea sull’Intelligenza Artificiale: cosa va alle imprese e cosa ai lavoratori

Il 13 marzo 2024 è stato approvato l’Artificial Intelligence Act, la prima norma al mondo che fornisce una base giuridica complessiva sulle attività di produzione, sfruttamento e utilizzo dell’Intelligenza Artificiale.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Il socialismo climatico e il collasso del clima

Da un po’ di tempo i media riportano notizie allarmanti sulla possibile interruzione della circolazione meridionale atlantica (AMOC), un vasto sistema di correnti oceaniche, componente chiave della regolazione del clima globale di cui fa parte la Corrente del Golfo.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La crisi nel centro: la Germania nell’epoca dei torbidi. Intervista a Lorenzo Monfregola

La Germania, perno geopolitico d’Europa, epicentro industriale e capitalistico del continente, sta attraversando senza dubbio un passaggio di crisi.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Lacrimogeni e cannoni ad acqua: la rabbia degli agricoltori si riversa sulle strade di Bruxelles

A Bruxelles, un migliaio di trattori ha bloccato il quartiere europeo a margine di una riunione dei ministri dell’Agricoltura dell’UE-27. Gli agricoltori hanno difeso un reddito equo, la fine del libero scambio e, in alcuni casi, le norme ambientali.

Immagine di copertina per il post
Culture

Contadini

La premessa: alla base di tutta la nostra vita c’è la produzione agricola.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Sette ragioni per fermare l’accordo UE-MERCOSUR

Le proteste dei trattori che stanno attraversando l’Europa hanno il merito di aver acceso i riflettori sulle opache trattative, in atto da lungo tempo, per la ratifica dell’accordo di libero scambio fra Unione Europea e Mercosur, determinandone una battuta d’arresto.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

“Difendiamo la nostra terra!” Reportage dalle proteste degli agricoltori Piemontesi

Si tratta di un racconto situato e parziale, a metà strada tra la cronaca e l’analisi, che speriamo possa servire da spunto tanto per una riflessione più ampia quanto per la scrittura di altre analisi situate.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Inghilterra: attivisti di Palestine Action sotto processo

Gli attivisti di Palestine Action sono sotto processo per aver fatto irruzione in una fabbrica della Elbit che spedisce tecnologie belliche a Israele. Ma al centro di questo caso c’è la storia e la tragedia delle operazioni israeliane a Gaza, e il ruolo svolto dalla struttura di Bristol nella morte e nella distruzione.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

USA e Gran Bretagna attaccano lo Yemen. Navi, sottomarini e aerei colpiscono la capitale e le città portuali

Le forze Houthi hanno fatto sapere che i bombardamenti di Stati Uniti e Gran Bretagna hanno ucciso 5 persone e ferito altre 6. I raid sono stati 73 e hanno colpito 5 regioni dello Yemen controllate dagli Houthi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

I prigionieri repubblicani iniziano 24 ore di sciopero della fame a sostegno dei detenuti palestinesi.

I prigionieri repubblicani di tutta l’Irlanda si apprestano a fare uno sciopero della fame di un giorno, venerdì, a sostegno dei palestinesi attualmente detenuti nelle carceri israeliane.