InfoAut
Immagine di copertina per il post

Dalle carceri turche … resistenza a oltranza

||||

Di Daniele Pepino da Volere la luna – «Questo sarà l’anno della resistenza». Così ha salutato il nuovo anno – con una forza che ha dell’incredibile – Leyla Güven, dalla cella in cui è rinchiusa in Turchia. Dopo oltre 60 giorni di sciopero della fame

Leyla Güven è una parlamentare curda dell’HDP (Partito Democratico dei Popoli), arrestata un anno fa – come centinaia di suoi compagni di partito – per aver postato in rete la sua contrarietà all’aggressione dell’esercito turco contro il cantone di Afrin (nel Nord-ovest della Siria) a gennaio del 2018. Nel carcere di tipo E di Diyarbakır, la deputata dell’HDP di Hakkari, e co-presidente del Congresso della Società Democratica (DTK), ha iniziato il 7 novembre uno sciopero della fame a oltranza per protesta contro l’isolamento del leader del popolo curdo Abdullah Öcalan.

Abdullah Öcalan, prigioniero nel carcere di massima sicurezza sull’isola di Imrali dal 1999, non può incontrare i suoi avvocati dal 2011 e dal 2016 vive in totale isolamento, ogni comunicazione è stata interrotta, al punto che non se ne hanno più notizie. Leader del PKK e principale punto di riferimento per il movimento di liberazione curdo, Öcalan rappresenta la figura chiave di ogni possibile processo di pace, per il quale si è più volte speso anche dichiarando cessate il fuoco unilaterali dal carcere, regolarmente ignorato dal governo turco. Perciò, come ha affermato Leyla Güven: «Le politiche di isolamento imposte a Öcalan non sono imposte solo su di lui, ma attraverso la sua persona anche su tutto il popolo curdo … Continuerò la mia protesta fino a quando la giustizia non modificherà le sue decisioni illegittime e non metterà fine all’isolamento. Se necessario, porterò avanti questa protesta fino alla morte».

Non sarebbe la prima volta che prigionieri delle carceri turche muoiono nel corso di questa forma di lotta. Non solo. Il martirio dei prigionieri del PKK all’inizio degli anni Ottanta, che si uccisero dandosi fuoco abbracciati nel giorno del Newroz (capodanno curdo) o come esito di scioperi della fame, rappresenta per il movimento di liberazione il punto più alto della resistenza. Lo ribadisce la stessa Leyla Güven, in una lettera del 1 gennaio: «Stiamo entrando nel 2019 con lo spirito della grande resistenza del death fast nelle carceri di Diyarbakir. Sebbene siano passati 36 anni, sappiamo e sentiamo che lo spirito della resistenza è ancora vivo».

Martedì 8 gennaio Leyla ha raggiunto il 63° giorno di sciopero della fame.
I medici dicono che ha ormai oltrepassato la “soglia critica”. Le sue condizioni di salute sono ormai drammatiche, oltre a dolori, sbalzi di pressione, forte sensibilità a luce e suoni, le riesce ormai difficile parlare e non riesce più ad alzarsi dal letto o a camminare. In queste condizioni, negli ultimi giorni le è stato impossibile ricevere le visite in carcere dei suoi avvocati.
A fine dicembre, la IX Corte penale di Diyarbakır ha stabilito che Leyla deve restare in prigione. Su di lei pesa una condanna a oltre 30 anni di carcere, e la prossima udienza si terrà il 25 gennaio. Oltretutto nell’ultimo anno, durante la sua carcerazione, sono deceduti sia suo padre che sua madre, senza che le sia stato permesso di incontrarli, nemmeno per un ultimo saluto. Nonostante tutto ciò, la figlia – ultima a visitarla un paio di giorni fa – ha dichiarato che Leyla «è lucida, forte, ha il morale alto ed esprime la sua determinazione ad andare avanti con la protesta, fino alla fine».

«Dietro il paravento dello stato d’emergenza, le autorità turche si sono organizzate per smantellare metodicamente la società civile, imprigionare i difensori dei diritti umani, chiudere le associazioni e creare un soffocante clima di paura», così affermava Gauri van Gulik, direttrice per l’Europa di Amnesty International, non certo un’organizzazione sovversiva, ma la cui sezione turca è stata decimata dagli arresti per «appartenenza a organizzazione terrorista». Oggi, con la fine dello stato di emergenza – decretata a luglio del 2018 – non si è affatto posto fine alla repressione del dissenso, si è piuttosto sancita la fine del suo carattere di eccezionalità. Sono infatti decine di migliaia i prigionieri politici che affollano le carceri turche, tutti accusati a vario titolo di legami con il “terrorismo”, spesso solo per aver condiviso sui social articoli o petizioni contro la guerra o di critica al governo.
E proprio nelle carceri turche, sono centinaia i detenuti che si sono uniti a Leyla nello sciopero della fame a tempo indeterminato, facendo loro le sue richieste, nonostante la pesante repressione. Diversi infatti, dal carcere di Urfa, sono stati dispersi in altre carceri del Paese, diverse celle sono state assaltate e perquisite, mentre la polizia impedisce a parenti e compagni di raggiungere i penitenziari in cui sono rinchiusi gli scioperanti. Negli ultimi giorni, inoltre, la polizia ha assaltato sedi dell’HDP sequestrando tutto ciò che ha a che fare con lo sciopero della fame: adesivi, manifesti e striscioni con il nome della deputata o la sua immagine.
L’ultima notizia è che ieri, 7 gennaio, due prigionieri, dopo oltre 60 giorni di digiuno, sono entrati in coma.

Anche fuori dal carcere, attiviste e attivisti dell’HDP ed esponenti della società civile in Kurdistan, Turchia e in tutto il Medio Oriente, con presidi in tutte le sedi e nello stesso parlamento turco, si sono uniti alla protesta. In numerose città europee sono in corso presidi di gruppi in sciopero della fame, e anche la comunità curda in Italia sta partecipando all’iniziativa.
A Strasburgo, in particolare, 14 attivisti curdi sono al 22° giorno di sciopero della fame a tempo indeterminato, anch’essi decisi ad andare fino in fondo. Denunciano che: «Mentre l’intera opposizione democratica e rivoluzionaria è sottoposta a una spietata repressione, il sistema di isolamento di Imrali viene esteso a tutto il Paese e al Medio Oriente. Dobbiamo rompere l’isolamento su Imrali. Ciò è necessario per garantire lo sviluppo della libertà e della democrazia in Turchia, per fermare i massacri del regime di Erdoğan in Kurdistan, per promuovere la libertà e l’uguaglianza tra i popoli e risolvere tutti i problemi esistenti attraverso il dialogo…».
L’azione degli scioperanti di Strasburgo è un urlo nel silenzio, un tentativo di rompere la complice indifferenza della comunità internazionale, e si rivolge in particolare al Consiglio d’Europa e al CPT (Comitato per la Prevenzione della Tortura) affinché intervengano nei confronti del governo turco per sollecitare la fine dell’isolamento di Abdullah Öcalan. 

Per ulteriori informazioni si vedano i siti:
Ufficio Informazione Kurdistan Italia
Rete Kurdistan Italia

E in particolare: 
il Dossier KNK, 7 gennaio 2019

Da 

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

HDPturchia

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Jenin sotto attacco israeliano: 6 morti e 35 feriti

Il Ministero ha spiegato in una breve dichiarazione che sei persone sono state uccise e altre 33 sono state ferite e sono state trasportate negli ospedali Ibn Sina, Al-Amal e Al-Shifa. È probabile che il bilancio delle vittime aumenti con l’aggressione israeliana. Jenin. Sei palestinesi sono stati uccisi e altri 35 sono rimasti feriti durante […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Somalia, Sudan, Algeria… ed il ritorno di Trump

Da Radio Africa: prima puntata del 2025, lunedì 20 gennaio 2025, per l’approfondimento quindicinale dedicato all’Africa sulle frequenze di Radio Onda d’Urto, dentro la Cassetta degli Attrezzi. In questi 30 minuti ci occuperemo di diversi Paesi africani, da nord a sud. Partiremo dalla Somalia e da Mogadiscio (in foto) in particolare, al centro del reportage sul campo della rivista Africa, con la storia […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Usa: Leonard Peltier uscirà dal carcere

In uno dei suoi ultimi atti da Presidente Biden ha commutato la condanna all’ergastolo di Leonard Peltier, l’attivista dell’American Indian Movement in prigione da quasi 50 anni. Peltier sconterà il resto della pena agli arresti domiciliari. da Osservatorio Repressione «Ho commutato la pena dell’ergastolo alla quale era stato condannato Leonard Peltier, concedendogli gli arresti domiciliari»: nell’ultimo giorno, […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Voci da Gaza II – Asuat Min Gaza II

Seconda –di due– puntata speciale nello spazio informativo di Radio Blackout dedicata all’intervista di Fadil Alkhadly, membro dell’Uawc, Unione dei comitati dei lavoratori agricoli.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Raggiunto l’accordo di cessate il fuoco a Gaza

L’ accordo tra la Resistenza palestinese e il governo israeliano è stato raggiunto e firmato da entrambe le parti, a darne l’annuncio è stato Trump che da oggi inizierà il suo mandato esecutivo come presidente statunitense.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Perù. Tamburi di guerra

Su Perù 21 (giornale peruviano, ndt), il 14 gennaio, un editorialista poco noto ha inserito un’“opinione” piuttosto bellicosa. In essa, Héctor Romaña – una penna di pedigree, forse – promuoveva l’intervento militare in Venezuela. di Gustavo Espinoza M., da Resumen Latinoamericano Potrebbe essere letto come il punto di vista di un analista disperato che non […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cessate il fuoco nella Striscia di Gaza: facciamo il punto con Eliana Riva

“Cessate il fuoco”: è la notizia che da ieri sera poco dopo le 18 occupa le prime pagine di tutti i giornali, dopo la dichiarazione su Truth da parte di Donald Trump che si è intestato l’accordo tra Israele e Hamas.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cessate il fuoco(?) su Gaza

Imminente l’accordo di cessate il fuoco su Gaza e di scambio di prigionieri – con la mediazione di Usa, Qatar, Egitto – che dovrebbe prevedere nei primi 42 giorni il rilascio di una parte degli ostaggi e la liberazione di prigionieri politici palestinesi, mentre Israele terrà il controllo del corridoio Filadelfia tra Gaza ed Egitto […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’escalation di Erdogan contro il Rojava

La Turchia e le milizie islamiste filo-turche, in particolare l’Esercito nazionale siriano (SNA), stanno sfruttando lo spostamento di potere a Damasco per colpire le aree di autogoverno controllate dai curdi nella Siria settentrionale e orientale. Ankara giustifica queste azioni sostenendo che i gruppi che operano nella regione, in particolare le Unità di difesa popolare curde […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Malpensa: bloccati i check-in di Turkish Airlines in solidarietà con il Rojava. Violenze contro i manifestanti

Ieri mattina, 9 gennaio 2025, in risposta ai continui attacchi della Turchia alla Amministrazione Autonoma Democratica del Nord Est della Siria (Rojava, DAANES), molti giovani hanno bloccano il check-in del volo a Milano Malpensa.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: le SDF resistono agli attacchi turco-jihadisti. Il punto con il giornalista Murat Cinar

Le Forze democratiche siriane continuano la propria resistenza agli attacchi di stato turco e milizie jihadiste del sedicente Esercito nazionale siriano, controllato da Ankara.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Israele e Turchia premono sulla Siria del Sud-Ovest e del Nord-Est

In queste giornate di repentini cambiamenti vogliamo fare il punto con Eliana Riva, caporedattrice del giornale di informazione Pagine Esteri, rispetto a due elementi di particolare pressione sul territorio siriano, ossia Israele da un lato e la Turchia dall’altro.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Kobane pronta a resistere all’imminente invasione guidata dalla Turchia

Le Forze Democratiche Siriane (SDF), martedì, hanno lanciato un duro monito contro l’imminente invasione di Kobane da parte della Turchia. Sottolineando la storica resistenza della città, le SDF hanno giurato di difenderla insieme al suo popolo, facendo appello alla solidarietà internazionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: la Turchia ammassa le truppe al confine e bombarda Kobane

Siria. La Turchia continua ad ammassare truppe al confine per invadere con le sue milizie jihadiste la città di Kobane, simbolo della lotta anti-Isis e della rivoluzione confederale del nord-est siriano. Da questo martedì 17 dicembre in corso anche bombardamenti di artiglieria sulla città.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La fine di Assad e l’inizio del califfato all’ombra di Ankara scompongono il mosaico siriano

La repentina caduta del regime alauita degli Assad riporta alla luce le fratture della Siria postcoloniale, frutto malsano dell’accordo Sykes Picot del 1916 fra Francia e Gran Bretagna, che ha diviso in modo arbitrario i territori che appartenevano all’impero ottomano.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Gli USA minacciano la Siria: via le sanzioni solo se Damasco abbandonerà Teheran

Caduta Aleppo, si combatte intorno a Hama. Ieri migliaia di miliziani di Ha’yat Tahrir al Sham (Hts) e di altre formazioni jihadiste appoggiate dalla Turchia hanno ripreso ad avanzare verso la città un tempo roccaforte dell’islamismo sunnita. Incontrano la resistenza delle forze governative che sembrano aver in parte ricompattato i ranghi dopo il crollo ad […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Turchia: arresti durante le manifestazioni contro la violenza sulle donne

Riportiamo la traduzione di questo aggiornamento pubblicato da Secoursrouge: Il 25 novembre, piazza Taksim a Istanbul è stata messa sotto stretta sorveglianza dalla polizia in seguito al divieto di manifestare e cantare lo slogan “Jin, jiyan, azadî” (Donne, vita, libertà) in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Nonostante il divieto, […]