Gheddafi “I manifestanti sono ratti pagati dai servizi segreti”
Comunque un dato è certo il passo verso la guerra civile è vicinissimo. “Non me ne andrò, rimarrò fino alla morte” e ancora “io sono il leader di una rivoluzione, non sono un presidente. Non ho un mandato da cui dimettermi”. Il tentativo del rais libico nel suo discorso è duplice: da un lato invocare la guerra e la repressione e quindi mettere paura ai suoi nemici, dichiarando per esempio che i migliaia di morti non rientrano nei suoi canoni di uso della forza “noi non abbiamo ancora utilizzato la forza, se ci troveremo costretti lo faremo”; dall’altro dare morale ai suoi. Incitarli in una nuova missione che trova le fondamenta nella “rivoluzione” del 1969 e nella necessità di difenderla dalle “bande di giovani drogati e ubriachi” pagati dalle potenze straniere. E inoltre di difenderla dagli integralisti islamici che vorrebbero trasformare la Libia in “una base di Al-Qaeda […] Volete questo? Che gli Stati Uniti occupino la Libia come hanno fatto con Afghanistan, Iraq e Somalia per sradicare l’estremismo islamico?”
Fatto sta che intanto la rivolta dilaga. Tutta la parte est e gran parte di quella occidentale del paese è in mano ai rivoltosi. Sono circa una decina le città in mano agli insorti. Oltre a Bengasi, i ribelli controllano Sirte e Torbruk, Misurata, Khoms, Tarhounah, Zenten, Al-Zawiya e Zouara. Praticamente Gheddafi e i suoi controllano solo Tripoli dove le operazioni di morte non si sono fermate neanche mentre parlava Gheddafi. I morti nella sola Tripoli durante i bombardamenti sui manifestanti scesi in piazza sembrano essere circa mille.
Ma se Tripoli è rimasta la roccaforte di Gheddafi, difesa da pochi apparati dell’esercito e da mercenari, il comitato di liberazione che guida la rivoluzione è deciso a continuare e ha già lanciato l’appello di manifestare e conquistare l’ultima città che farebbe cadere di fatto definitivamente il rais.
Intanto il governo italiano è in forte crisi, e rischia di affondare insieme al rais libico. Piazza Affari, ieri, ha subito un misterioso stop dovuto a problemi tecnici non meglio definiti. Fatto sta, che le previsioni se fosse stata aperta la Borsa davano una partenza intorno ad un meno 10%. Il flusso di gas verso l’Italia e l’Europa attraverso Greenstream, ha annunciato l’Eni, sono del tutto sospese. La retorica dei respingimenti resa possibile grazie a tutte le contropartite economiche giocate dal governo sulla pelle dei migranti rischiano di saltare. Berlusconi, ieri ha chiamato al telefono l’amico Gheddafi, i media naturalmente parlano di una condanna alla forte repressione. Ma la domanda è cosa si sta muovendo dietro? Il governo italiano può abbandonare con tutti gli investimenti che ha in Libia e che la Libia ha in Italia, Gheddafi? Insomma, Berlusconi si renderà complice ulteriormente?
Da oggi parte probabilmente l’ultima fase, in cui Gheddafi si giocherà il tutto per tutto. Ieri ha preparato il terreno per la guerra civile e difficilmente oggi lo abbandonerà. La rivoluzione del 17 febbraio da una parte e il regime dall’altra, con i suoi mercenari e caccia bobardieri. Da notare comunque che in questo contesto anche le migliaia di profughi e migranti sub sahariani stanno diventando bersagli inconsapevoli della caccia al mercenario.
Comunque il termometro di questa soggettività che stà trasformando le sorti del mondo lo misuriamo da questi messaggi che dalla Libia tramite twitter sono stati mandati in tutto il mondo: “Tell the word we died for our country tell them we died with honor. Goodbye. #Libya #feb17”
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