InfoAut
Immagine di copertina per il post

Gli effetti del referendum in Crimea

Come era prevedibile, la stragrande maggioranza della popolazione della Repubblica Autonoma nel sud della Crimea ha espresso un esplicita volontà di tornare a far parte della Russia. Il risultato è, come si diceva un tempo, “bulgaro”: a chiedere che la penisola venga integrata all’interno della Federazione Russa nel voto di ieri si sono espressi il 96,6% degli abitanti della regione del Mar Nero. Un vero e proprio plebiscito, con la sola astensione-boicottaggio della popolazione ucraina e degli appartenenti alla minoranza tatara (turcofona e islamista). Un boicottaggio non riuscito visto che l’affluenza ai seggi è stata molto alta, pari all’81,7% degli aventi diritto. Sulla base del voto di ieri le autorità di Simferopoli hanno proclamato alle prime ore del mattino l’indipendenza e chiesto ufficialmente di avviare le procedure per il ricongiungimento con la Russia come Repubblica Autonoma, che secondo le previsioni dovrebbero durare circa tre mesi anche se di fatto la forte presenza militare di Mosca. Altre misure (russo come lingua ufficiale, introduzione del rublo ecc) hanno già reso operativa la decisioni di ieri.

Altrettanto scontate le dure quanto ipocrite prese di posizione delle potenze occidentali che giudicano ‘illegale’ e ‘ininfluente’ la decisione espressa dalla stragrande maggioranza del popolo della penisola dove immediate erano state le reazioni delle autorità ma anche degli abitanti al golpe nazionalista andato in scena a Kiev proprio sotto l’egida di Usa, Ue e Nato. Il referendum in Crimea è stato “una grande farsa” ha naturalmente commentato il presidente ucraino ad interim, Oleksandr Turchinov . Il parlamento di Kiev ha intanto approvato la parziale mobilitazione dell’esercito ordinata da Turchinov. Da parte sua Barack Obama ha minacciato “costi crescenti” per la Russia. il presidente USA ha stabilito per decreto sanzioni economiche e congelamento dei beni ai danni di diversi alti funzionari russi, tra cui stretti collaboratori di Vladimir Putin e lo stesso ex presidente ucraino Ianukovich. In un secondo tempo la Casa Bianca ha poi specificato che le sanzioni si applicano, oltre che alle 11 personalità russe e ucraine espressamente citate, anche a “qualsiasi entità (società o azienda) o singoli (persone) attive nell’industria delle armi russe”. Così come “i patrimoni personali o dei prestanome” degli esponenti della leadership russa. Anche l’Ue si appresta a varare, già oggi, un primo pacchetto di misure in parte già concordate dal Consiglio europeo del 6 marzo, ricalcanti fedelmente le misure statunitensi.

Ma sembra di assistere comunque a mosse estremamente calcolate. Già nel pomeriggio le minacce si fanno più circostanziate: fonti dell’amministrazione Obama hanno spiegato che le sanzioni che hanno colpito 11 funzionari non hanno riguardato direttamente Vladimir Putin perche, “sarebbe stato estremamente insolito e piuttosto straordinario”, chiamare in causa direttamente un capo di Stato. Così, facendo eco alle dichiarazioni della diplomazia europea, la neo-ministra degli Esteri, Federica Mogherini ha precisato che tra le 21 persone colpite dalle sanzioni di divieto di visti e congelamento dei beni “non ci sono membri del governo, nè giornalisti, nè rappresentanti di società e aziende”.

Dal canto sua la Russia continua con la tattica ben consolidata del bastone e della carota, dichiarando l’annessione e dandosi al contempo disponibile a compromessi “federativi” concertati con Kiev e Bruxelles (che per ora rispondono picche). Ha quindi inviato aiuti alla Crimea per 15 miliardi di rubli (400 milioni di dollari), precisando che la cifra “raddoppia il bilancio della Crimea”.Ma Putin erediterà probabilmente una regione in crisi economica per la quale dovrebbe sborsare vari miliardi di dollari in più di quelli attualmente stanziati.Le scelte russe in materia di nuova legislazione della neonata “repubblica autonoma” ribadiscono in qualche modo la normalità procedurali tipiche della fondazione di un nuovo stato o di una terra (ri-)annessa. 

Ostinarsi però a voler vedere in questa vittoria referendaria russ(ofon)a e nelle mosse putiniane una rivincita dell’antifascismo in stile “grande guerra patriottica” condotta dall’Armata Rossa nella seconda guerra mondiale è fuorviante e rischia di far prendere fischi per fiaschi. Non tanto per quella popolazione che certamente porta ancora sulla propria pelle la memoria dei disastri dell’occupazione tedesca e del collaborazionismo ucraino anti-bolscevico e anti-ebraico (le due cose si sovrapponevano) quanto perché questi sentimenti vengono abilmente sfruttati dal governo russo in chiave di esclusiva politica di potenza (che ha necessariamente, tra i suoi compiti -oltre al mantenimento di confini geostrategici”sicuri”- quello di proteggere i propri cittadini oltre-confine per motivi di consenso e legittimità interna).

Putin non ha esitato a usare in questi anni d’incontrastato dominio (con effettivo consenso) gruppi fascisti e nazional-sciovinisti per cementare la propria popolarità e arginare ogni ipotesi di alternativa al suo governo autocratico. Così, Mosca si è detta disposta a fare entrare tra gli osservatori nella penisola non gli inviati dell’Osce (giustamente, visto la loro sudditanza occidento-centrica) ma vari rappresentanti dei partiti neofascisti e neonazisti europei (legittimando i discorsi ambigui e densi di conseguenze negative del rosso-brunismo eurasiatico).

L’unica cosa che continua ad essere certa in questa crisi è l’attivismo primariamente statale e militar-diplomatico dei grossi poli geopolitici, con tutto ciò che questo comporta in termini di strumentalizzazione e detournamento dell’attivismo dal basso e delle legittime aspirazioni che hanno certamente informato le spinte iniziali di quelle migliaia di persone che hanno popolato piazza Indipendenza per mesi, in larga parte ignare delle mosse euro-atlantiche e di essere cinicamente utilizzate (fino al punto di diventare prede per cecchini che non lesinavano un “fuoco amico” premeditato) dai settori para-militari dell’ultra-destra locale. Qualcosa di quello spirito genuino inizia a fare capolinea nella russia putiniana, dove ieri le manifestazioni contro scenari di guerra hanno ampiamente sorpassato quelle lealiste pro-Putin, intrise di ideologia nazionalista grande-russa. Sperando però in una differente capacità autonoma di dar voce a legittime aspirazioni di pace, senza farsi strumentalizzare dalle potenze imperialiste euro-atlantiche. Per quanto deboli e in ritardo, queste mobilitazioni dal basso sono l’unico antidoto alle scellerate manovre geopolitiche di un’Europa che continua a giocare col fuoco.

 

Altri contributi di Infoaut sulla crisi ucraina:

 Ucraina: da “periferia” a frontiera di guerra di Nicola Casale, Raffaele Sciortino

La grande truffa (?)

La dura lezione della crisi ucraina

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

crimeaeuroparussiaucraina

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’asse della normalizzazione: la Turchia e alcuni Paesi arabi sostengono l’economia di guerra di Israele

Mentre l’Asse della Resistenza dell’Asia occidentale cerca di indebolire l’esercito, l’economia e la sicurezza di Israele, una manciata di Stati arabi e la Turchia si sforzano segretamente di rafforzare Israele e rifornire la sua guerra a Gaza. Questo è il nuovo “Asse della Normalizzazione” della regione.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Verde marcio

Ursula von der Layen ha dedicato un’ampia parte dei 48 minuti e 20 secondi del discorso in cui ha presentato la sua “strategic vision” per i prossimi cinque anni

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Dall’Italia a Israele passando per gli USA, le armi di Leonardo consegnate a Tel Aviv

Quanto ha fatturato Leonardo S.p.A. con i cannoni utilizzati dalle unità della Marina militare israeliana per bombardare ininterrottamente dal 7 ottobre 2023 Gaza e il suo porto?

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

USA: nuovi incendi contro Cop City

L’incendio è avvenuto in Memorial Drive e le due macchine da costruzione incendiate intorno alle 2 del mattino appartenevano alla Brent Scarborough and Company.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Francia: Barnier come primo ministro, il figlio del RN e del macronismo

Macron voleva concludere il suo mandato governando con l’estrema destra. È con questo obiettivo che ha inaspettatamente lanciato uno scioglimento d’emergenza prima dell’estate.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Palestina: “Aysenur, attivista ISM, è stata uccisa a sangue freddo”

Le Nazioni Unite hanno chiesto “un’inchiesta approfondita” sull’uccisione per mano israeliana di Aysenur Ezgi Eygi, 26enne attivista statunitense dell’International Solidarity Movement

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Hezbollah lancia la “prima fase” di attacchi di rappresaglia contro Israele dopo l’assassinio del comandante Shukr

Il gruppo libanese Hezbollah ha annunciato domenica di aver lanciato centinaia di razzi e droni in profondità in Israele come parte della “prima fase” della sua risposta all’assassinio del suo comandante senior Fouad Shukr da parte di Tel Aviv.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Spettri di Working Class, il classico strumento repubblicano per vincere le presidenziali

Paul Samuelson, per quanto sia stato un genio della astrazione economica e della regolazione dei mercati, ci ha lasciato modelli matematici di efficienza delle transazioni di borsa che, nella realtà, si sono paradossalmente rivelati soprattutto strumenti ideologici. 

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Irlanda: intervista a Danny Morrison, segretario del Bobby Sands Trust

Radio Onda d’Urto intervista Danny Morrison, 71 anni, nato e cresciuto a Belfast, figura storica del movimento repubblicano irlandese e protagonista di diverse fasi cruciali della storia dei Troubles.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Le armi uccidono anche se non sparano

Le guerre ci hanno catapultato nel vortice di una furiosa corsa al riarmo globale, come non accadeva da prima dell’89 del ‘900.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Fasciarsi la testa. Appunti sulle elezioni europee

Tutte e tutti a fasciarsi la testa, adesso. Però siamo ancora vivi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

G7: al via il summit nel brindisino. Diversi gli appuntamenti per opporsi al vertice

Giovedì 13 giugno via al vertice G7, lo (stanco) rito dei cosiddetti Grandi del mondo, riuniti nel 2024 a Borgo Egnazia, in Puglia.

Immagine di copertina per il post
Antifascismo & Nuove Destre

Un fronte più salutare che popolare.

Traduciamo un commento da parte del collettivo francese Cerveaux Non Disponible rispetto alle elezioni per dare un quadro il più possibile composito di quali siano gli animi nei movimenti francesi a seguito della decisione di Macron.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’Europa morirà americana?*

Qual è oggi lo stato dei rapporti transatlantici nel quadro del conflitto ucraino e sullo sfondo del montante scontro Usa/Cina?

Immagine di copertina per il post
Culture

Quando il polemos si fa prassi

Majakovsky aveva paura che «una corona» avrebbe potuto «nascondere la sua fronte così umana e geniale e così vera» e «che processioni e mausolei» avrebbero offuscato la «semplicità di Lenin».

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La Russia, l’ISIS e lo scacchiere della Jihad internazionale

La Russia è da tempo nel mirino dell’Isis e il gravissimo attentato di Mosca ne è la conferma. L’Isis, nonostante la sconfitta del Califfato nato tra Siria e Iraq, continua ad essere forte nel Caucaso, nel cosiddetto Khorasan e in Africa.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Macron, à la guerre!

Il presidente francese si lancia in dichiarazioni apparentemente scomposte sulla guerra russo-ucraina, palesando lo “spirito dei tempi” di una parte delle elites europee. Il tronfio militarismo da prima guerra mondiale ci avvicina al disastro.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Guerre, decoupling ed elezioni negli USA. Intervista a Raffaele Sciortino

Le prospettive del conflitto sociale saranno sempre più direttamente intrecciate con le vicende geopolitiche mondiali, con l’evoluzione delle istanze che provengono da “fuori” e dunque anche con la tendenza alla guerra scaturente dall’interno delle nostre società