Guatemala: annullata condanna all’ex dittatore
Il processo a Rìos Montt ha subito il 20 maggio, poche ore fa, un ulteriore stravolgimento. La Corte de Costitucionalidad ha annullato il procedimento per quanto riguarda le ultime due settimane di dibattimento che hanno condotto alla condanna a 80 anni all’ex presidente golpista guatemalteco per genocidio verso il popolo Maya Ixil.
La corte ha rimandato dunque il processo indietro fino al 18 aprile, momento in cui era stato risolto l’ultimo ricorso da parte della difesa di Montt rimettendo il giudizio alla giudice del Tribunal Primero de Mayor Riesgo A, Yassmin Barrios, che aveva deciso di continuare il processo contnuando comunque a prendere in considerazione le deposizioni e le prove già esaminate fino a quel momento.
La Corte de Costitucionalidad ha dunque riproposto nuovamente il ricorso della difesa sostenendo che le ultime decisioni non avessero garantito la dovuta sospensione del dibattimento e ha richiamato ancora una volta la Sala Tercera Penal a pronunciarsi in merito alla legittimità della giudice Barrios a formulare la sentenza basandosi sulle testimonianze e sulle prove precedentemente assunte.
Quello che emerge, a prescindere dalle difficoltà di comprensione di queste dinamiche giuridico-burocratiche, è una frammentazione del sistema istituzionale guatemalteco e del suo sistema giudiziario. Diversi tribunali e giudici in conflitto tra loro denunciano erronee attribuzioni e mancanze di legittimità, e finanche quest’ultima sentenza della Corte de Costitucionalidad è stata emessa con diversi pareri discordanti interni.
È evidente dunque una resistenza forte sul piano istituzionale di quelle forze militari che hanno guidato il Paese durante gli anni del genocidio in questione, e che continuano a esprimere perfino l’attuale capo di Stato Otto Perèz Molina, ex generale proprio sotto la guida di Rios Montt negli anni ’80. Come si diceva nello scorso articolo sulla condanna, quello in atto è un conflitto tra diverse visioni di uno Stato in cui, comunque vada, il dato di fatto è la continuità tra pratiche e discorsi razzisti e repressivi nei confronti di popoli in cerca di autodeterminazione politica ed economica da un sistema capitalistico predatorio.
Sia chiaro che la condanna o meno dell’ex generale non è indifferente, e che le centinaia di persone del popolo Ixil che si sono mobilitate in prima persona per apportare le proprie testimonianze in nome della verità e della giustizia sono riuscite effettivamente a riportare al centro del dibattito pubblico gli orrori delle politiche repressive di quegli anni. Ciò che sembra di poter affermare è che però questo dibattito sia ora al centro di un conflitto tra poteri più o meno orientati a una modernizzazione del volto delle istituzioni, un confronto catalizzato tra chi lotta in nome di una legittimità internazionale improntata sui diritti umani e chi vuole invece continuare ad affermare la legittimità incondizionata dell’esercito alla repressione di movimenti e insurrezioni.
Se alla fine del procedimento processuale Rios Montt verrà condannato o meno non può ancora essere detto per certo, quel che è certo è che ad ogni modo gli stessi militari che hanno guidato lo sterminio dgli anni ottanta continuano ad esercitare una notevole influenza sul panorama politico attuale e le ultime vicissitudini lo confermano.
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