“Il 146% dei russi è per elezioni libere!”
Una mossa propagandistica fatta probabilmente al fine di ottemperare alle necessità politiche del blocco di potere di Putin. Necessità di scaricare, in vista delle prossime elezioni presidenziali di marzo, tutta la responsabilità a livello di immagine sulla figura di Medvedev che non sarà ricandidato alla presidenza. Sarà interessante vedere se l’attuale presidente accetterà questa exit strategy o meno, nell’attesa intanto il protavoce di Putin ha detto, in un chiaro tentativo di recuperare parte del consenso, che le voci di chi protesta saranno ascoltate..
Eppure la mobilitazione sta montando in quella che fu l’Unione Sovietica, con manifestazioni di decine di migliaia di persone che hanno attraversato il paese negli ultimi giorni, specialmente sabato 10 dicembre. Tra le 25000 e le 50000 persone a seconda dei numeri di polizia ed organizzatori si sono radunate sabato a Mosca nella centrale piazza Bolotnaya chiedendo elezioni più libere, la liberazione dei mille e più arrestati di questi giorni, il riconteggio dei voti, la legalizzazione di tutti i partiti d’opposizione e il licenziamento del capo della commissione elettorale.
V’erano cartelli ironici come “Il 146% dei russi è per elezioni libere!” e cori che affermavano l’esistenza di una nuova voglia di cambiamento nel paese, che si incarni come primo atto nella cacciata di Putin. Polizia in assetto antisommossa circondava ad ogni modo tutto il percorso del corteo.
Manifestazioni di tale ampiezza non si vedevano nel paese dagli anni ’90 di Yeltsin e delle privatizzazioni selvagge, le quali determinarono la nascita degli oligarchi che si sono spolpati l’economia del paese ed il blocco di potere che fa capo a Russia Unita, il partito definito ieri dai manifestanti come quello “dei ladri e dei banditi”. Nella costruzione delle mobilitazioni appare sempre più centrale il ruolo dei social networks come ad esemoio V Kontakte, il più diffuso nel paese.
Nessun arresto è stato effettuato a Mosca dalle forze dell’ordine, nemmeno quando un gruppo di manifestanti, guidati da Edgar Limonov, leader dell’illegale Nuovo Partito Bolscevico ha cercato di raggiungere la non-autorizzata Piazza della Rivoluzione. Arresti sono stati compiuti invece in altre città dove erano presenti mobilitazioni, come San Pietroburgo, Novosibirsk, Ekaterinburg, Omsk, Kazan and Voronezh, Javarovsk. Nel complesso circa 90 città hanno visto svolgersi manifestazioni di protesta
Molti scrittori e blogger in questi giorni stanno partecipando alla mobilitazione, come Boris Akunin e Oleg Kashin (che ha letto un testo del blogger con inclinazioni nazionaliste, detenuto da lunedì, Alexey Navalny). La composizione alla manifestazione moscovita era molto variegata, con all’interno dai comunisti agli ultranazionalisti, ai liberali guidati dal blogger Boris Nemtsov, cosa che ancora rende difficile capire che direzione potranno prendere le proteste e se queste potranno veramente rivelarsi un problema per il regime, ma è chiaro che la discesa in piazza della classe media moscovita dopo i primi giorni di cortei più piccoli duramente repressi immediatamente seguiti alle elezioni, pone seri interrogativi a Russia Unita.
Intanto oggi sono tornati in piazza i nazionalisti nello stesso luogo, piazza Bolotnaya, da cui ieri era partito il grande corteo moscovita. L’importanza di questi giorni si nota anche dalla copertura data delle manifestazioni da parte dei media di regime, cosa assolutamente nuova nell’iperblindata macchina della propaganda putiniana, anche se alla notizia dell’esistenza dei cortei non è stata mai affiancata quella della volontà degli stessi di farla finita con Putin. Nuove manifestazioni di protesta intanto sono già state annunciate per il 17 ed il 24 dicembre.
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