In Iran aumenta il malessere e montano la rabbia e le proteste
“Il Khuzestan ha sete”. Da dieci giorni la popolazione della più ricca delle province iraniane — sebbene per paradosso quella in cui le persone vivono in condizioni peggiori — protesta a causa della crisi idrica. Dimostrazione di come la mancanza d’acqua sia già un argomento alla base di equilibri (geo)politici, e tanto più lo sarà nei prossimi anni con il peggiorare degli effetti del cambiamento climatico.
Ma seppur innescate da eventi diversi, le proteste in Iran si presentano con cadenza ciclica e affondano le loro radici nelle medesime cause: forti diseguaglianze sociali, mancanza di servizi e libertà di espressione, stagnazione economica e assenza di prospettive. Oggi a fare da detonatore sono la crisi sanitaria, unita a quella idrica ed energetica. A moltiplicare il malcontento, però, c’è la percezione di un sistema politico-economico caratterizzato da una corruzione dilagante, preoccupato solo a garantire la propria sopravvivenza. Alcuni giorni fa l’ultra conservatore Raisi si è insediato alla presidenza della repubblica islamica portando con sè i propri trascorsi sanguinari: la condanna a morte di centinaia di oppositori marxisti e di sinistra, di donne attiviste per i diritti umani. Che scenari si aprono? Di tutto questo parliamo con Patrizia Fiocchetti che ci presenta anche il suo ultimo libro Cosa c’è dopo il mare.
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