Inflazione e proteste, Erdogan in bilico?
Martedì scorso, in quello che la stampa ha definito il “martedì nero” per la lira turca, la moneta ha raggiunto il suo minimo storico, a causa delle politiche ultraliberiste di Erdoğan, che hanno portato ad un aumento vertiginoso dei prezzi di beni di consumo, affitti, bollette e benzina.
Nonostante la valuta abbia perso più del 43% del suo valore contro il dollaro dall’inizio dell’anno, Erdoğan ha dichiarato di non voler assolutamente rivedere il suo operato e ha dato la colpa della crisi valutaria ed economica in cui versa la Turchia a complotti internazionali.
Il giorno seguente, 24 novembre, ci sono state proteste contro il presidente turco in diverse città, che hanno portato ad arresti di decine di persone. Un filo rosso unisce le proteste di mercoledì a quelle di metà settembre degli studenti contro il caro affitti e a quelle del giorno seguente, 25 novembre, in occasione della giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
L’impronta tradizionalista, omotransfobica e lesiva delle libertà delle donne delle politiche di Erdogan, che hanno portato all’uscita della Turchia dalla Convenzione di Istanbul, di cui era stata prima firmataria, è stata contestata in quasi tutte le città turche nonostante l’ingente dispositivo repressivo messo in campo dal governo.
Insomma, la popolarità di Erdogan sembra essere traballante. Ne abbiamo parlato con Alberto Tetta, giornalista e producer freelance che vive e lavora ad Istanbul, in un’interessante chiacchierata che potete riascoltare qui:
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