Intervista ad un militante del movimento di Sidi Bouzid
Dopo la caduta del governo Ghannouchi e la nomina di Caid Essebsi come primo ministro le manifestazioni di massa per ora sono diminuite, ma gli scioperi e l’agitazione politica e sindacale continuano in tutta la Tunisia, e qui a Sidi Bouzid?
Si anche qui. La scorsa settimana, due o tre giorni fa il movimento è riuscito a scacciare il prefetto nominato dalle autorità centrali. Fin da quando si era insediato negli uffici della prefettura aveva detto di non essere disponibile ad incontrare nessuno. E cosi’ è stato. Non ha ricevuto nessuno, e la gente è andata su tutte le furie e allora dopo numerose manifestazioni siamo riusciti a mandarlo via. Poi c’è il presidio permanente dei disoccupati nel centro della città, alcuni di loro stanno facendo anche lo sciopero della fame in segno di protesta.
Ma si tratta degli stessi ragazzi che erano in prima fila durante le giornate di rivolta?
Si, si sono ragazzi tra i 16 e i 30 anni, i più grandi quasi tutti laureati disoccupati. Sono stati loro che in maniera spontanea dopo il 17 dicembre hanno iniziato ad attaccare i posti di polizia nei quartieri. O meglio all’inizio non andavano direttamente contro le caserme, ma accendevano copertoni per le strade dei quartieri, facevano qualche danneggiamento , tutto per far “innervosire” i poliziotti che a quel punto intervenivano ed iniziavano gli scontri veri e propri. Conta che non appena si levava del fumo da un quartiere, anche nell’altro iniziavano ad incendiare qualcosa. Nessun quartiere voleva essere da meno nella rivolta. E’ andata avanti cosi’ per un po’, poi dopo qualche giorno è arrivato anche l’UGTT, il sindacato, e gli avvocati che hanno dato forza e coraggio ai rivoltosi che a quel punto hanno iniziato a chiedere l’abbattimento del regime.
Quali erano gli slogan dei primi giorni di rivolta? E come venivano organizzate le iniziative?
Fin da subito negli slogan si urlava “dignità” e fine della disoccupazione, e poi tutti gli slogan erano rivolti contro il regime, Ben Ali e il governo, definiti come una “banda di ladri”, infatti si diceva “basta ai furti di quella banda di ladri!”. Erano questi i contenuti dei primi giorni di rivolta, nati e organizzati spontaneamente. Di fatto c’erano assemblee ovunque, da tutte le parti, nelle strde soprattutto. Più Ben Ali insisteva, aumentava la repressione e più la gente scendeva in piazza e faceva assemblee in cui a volte si discuteva su come difendersi, nascono cosi’ i comitati di difesa, per proteggere il proprio quartiere
Hai parlato di slogan legati al tema della disoccupazione durante le prime giornate di rivolta, ma dopo la fuga di Ben Ali il tema della disoccupazione è ancora sentito qui a Sidi Bouzid? Ci dicevi dello sciopero della fame dei disoccupati…
Si, ma è proprio sul tema della disoccupazione che si sta registrando un primo riflusso. Nelle assemblee, nei comitati, non si riesce ancora a trovare un modo per risolvere il problema più grande dei giovani di Sidi Bouzid: la disoccupazione. Laureati o no, qui il lavoro non c’é, questa zona sorpavvive con piccole e piccolissime fabbriche ed agricultura.
Scappato Ben Ali, i governi europei, Italia e Francia in primis, hanno avanzato l’offerta di migliaia e migliaia di euro di credito per la Tunisia. Come sono state accolte queste proposte dal movimento di Sidi Bouzid?
Sono state accolte per quello che sono: occupazione indiretta delle nostre terre da parte dei governi occidentali.
Molti in Europa dicono che la vostra rivolta reclama democrazia sul modello occidentale e che i rivoltosi aspirano a stili di vita europei…
Questi “molti” non hanno capito niente e stanno decisamente sottovalutando la nostra rivolta. Oggi i nostri nemici sono i Rais servi dell’occidente e dell’America, ma domani faremo i conti anche con loro. Qui siamo tutti consapevoli che la situazione in cui ci troviamo è la conseguenza dello sfruttamento capitalista.
Da Sidi Bouzid ha avuto inizio la primavera araba. Il movimento della città come guarda oggi alle altre mobilitazioni nei paesi arabi?
Siamo con loro nella comune lotta per la libertà e la dignità. Liberare molti paesi arabi dai propri Rais puo’ divenire un pun to di partenza per liberare la Palestina.
E le bombe della nato sulla Libia non promettono nulla di buono…
Già. Questo è l’esempio di una possibile occupazione diretta, ma non dobbiamo comunque esitare di lottare contro il tentativo di occupazione dell’occidente e contro il regime di Gheddafi, che è un tiranno. Se si aiutava subito Bengasi e il movimento del 17 febbario e poi i paesi una volta del terzo mondo intervenivano per fare una mediazione… le bombe potevano essere evitate, ma ormai il discorso è che dopo la no fly zone l’occidente da li se ne deve andare.
Sidi Bouzid 28/03/2011
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